piscina fedi. LA PRIVATIZZAZIONE COME UNICA VIA?

Comunismo rivisto & corr[e]otto
PISTOIA. Cosa significhi “Piscina Fedi pubblica e popolare” lo sa soltanto chi ha scritto quello striscione. Strano ma vero, trattasi di un certo “Collettivo Comunista Rinascita”. Lasciamo immaginare a voi tutti di chi si auspicano la rinascita, tra uno striscione e l’altro.

Dobbiamo, intanto, riflettere sulla questione posta dal Collettivo riguardante il futuro della Piscina Fedi, visto lo stato di increscioso abbandono cui versa. E, soprattutto, porci la domanda su una eventuale privatizzazione della struttura.

La proprietà privata non è un furto, è bene ribadirlo a chi tende  ad esser duro d’orecchie. L’idea fondativa del comunismo, secondo cui una ristretta élite chiamata borghesia, detenendo i mezzi di produzione, sfruttava la forza lavoro della restante parte della popolazione chiamata proletariato, poteva esser forse oggetto di discussione cent’anni fa se non di più. Oggi, l’imprenditore che detiene i mezzi di produzione è l’esatto contrario dell’egoismo, essendo la massima espressione di altruismo. Non potremmo spiegare altrimenti la scelta, presa da un comune soggetto ma che possiamo definire eccezionale, di mettere a repentaglio la propria persona e il proprio capitale.

Nell’imprenditore privato si annida il genio e la voglia di scoprire cosa sia meglio per la popolazione di consumatori, così da offrire beni e servizi appetibili e che rendono, genericamente, migliore la vita a tutti noi. La presenza di una moltitudine di imprenditori crea la condizione perfetta affinché la qualità di suddetti beni e servizi migliori continuamente, essendo costantemente presente una competizione spietata.

Al contrario, pensare che tutto ciò che ci circonda possa esserci offerto dal pubblico, ovvero dallo Stato, crea un insopportabile monopolio che, per definizione, abbatte la sua stessa qualità. E laddove lo Stato si intromette negli affari privati, senza lasciare che questi ultimi si regolamentino da soli, vengono distrutte le condizioni di libertà minime affinché prosperi l’iniziativa imprenditoriale privata, con un conseguente ed inevitabile incremento della disoccupazione, susseguita da una contrazione dei consumi, creando così una spirale infernale che non lascerà scampo.

Due notizie dei giorni d’oggi dovrebbero metterci “sul chi vive”: l’idea ribadita da Magistratura Democratica

L’assessore Piefrancesco Majorino

che l’occupazione di un’immobile privato non vada per forza sanzionata, essendo prevalente l’interesse sociale rispetto a quello privato; la proposta dell’assessore al Sociale del Comune di Milano Pierfrancesco Mjorino, secondo la quale sarebbe opportuno che un ente creato ad hoc possa prendere in gestione le case dei privati cittadini non affittate per poterle prestare ai bisognosi (guarda caso, questa proposta è nata in concomitanza con lo sgombero a Roma degli immigrati occupanti un immobile).

È evidente che serpeggi nel Paese, o almeno in alcune sue arterie “rosse”, un sentimento avverso la proprietà privata e alla sua tutela, volendo far passare il concetto espresso dal Collettivo Comunista Rinascita. Il quale dovrebbe spiegarci, anche scrivendolo su un cartellone, per quale motivo una gestione privata della Piscina Fedi dovrebbe creare danni ai suoi clienti.

Un esempio fra tutti, sebbene non riguardi un impianto sportivo, chiarisce le idee: a Roma numerosi immobili di proprietà pubblica vengono affittati per cifre ridicole, senza generare il giusto reddito, finendo per essere una palla al piedi dello Stato. Credete che questa sciatteria sarebbe presente se il proprietario di quegli immobili fosse un privato cittadino?

Ve lo diciamo noi: no. Perché i privati, a differenza dello Stato, non considerano i propri soldi come i quattrini delle puttane.

[Lorenzo Zuppini]

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