pistoia. «TIMEO COLETTAM ET DONA FERENTEM»

Traduzione per tutti gli avvocati che non conoscono il latino: «Coletta mi fa paura proprio quando promette aiuti alla gente comune». Analisi del disorientamento nell’amministrazione giudiziaria a Sarcofago City


Chi sono quelli che fanno parte della cosiddetta «gente comune» del Pm?

IL TERZO PIANO? NEGA I DIRITTI

O PISTOIESI, AHIMÈ, SIETE FRITTI!


 

Tommaso Coletta, Pm capo di Pistoia

Tommaso Coletta, il Pm capo di Pistoia che va da don Luigi Egidio Bardelli e ci propina un sacco di sciocchezze retoriche sulle sue «prossimità sociali», non può prenderci in giro: e meno che mai lo può perché, e proprio perché, non è un’autorità assoluta quale crede di essere e si sente e si comporta. E poi perché deve lealtà e rispetto al popolo, che è suo datore di lavoro, fra l’altro più che ottimamente retribuito.

Coletta non ricorda – perché non vuole ricordarlo – che anche i magistrati, come lui e i suoi inferiori gerarchici, non sfuggono alla regola dell’art. 3 della Costituzione; ma anzi: per l’art. 54 della stessa Carta disattesa e stracciata sia da lui che dai suoi augusti colleghi, lui e i suoi augusti colleghi sono tenuti (sono = presente indicativo; modo dell’azione reale e non discrezionale) ad adempiere le funzioni pubbliche «con disciplina ed onore». Il che – spiace doverlo dire – nell’ufficio da lui diretto non accade quasi mai o – volendo essere comprensivi oltre il dovuto – solo raramente.

La presenza di Coletta in questa città di sepolcri imbiancati, coincide con una ritorno al passato e della specie peggiore. Dopo le promesse del P; fatte a Massimo Donati del Tirreno, abbiamo solo assistito a una progressiva conculcazione dei diritti del cittadino, che non si distacca molto da certe impostazioni come quelle che il giornale la Repubblica sottolinea, di giorno in giorno, a carico della Giorgia Meloni.

Coletta, a Pistoia, ha significato una specie di colpo di spugna, che voglio rappresentare impressionisticamente – con questo mio intervento di analisi, costruito sulle libertà di cui all’art. 21 della Costituzione – con poche pennellate di colore, anche a tinte forti; un po’ alla macchiaiola:

  1. Il PM capo permette ai suoi subalterni di “lavorare” ignorando il rispetto dell’art. 358 cpp. Vedere, infatti, a Pistoia, un’indagine svolta a favore anche dell’indagato indagato, è come riuscire a trovare di colpo il famoso ago nel pagliaio.
    Se ne prenda atto. Anche – e soprattutto – da parte degli avvocati e della Camera Penale, organo di ossequio al potere, non certo di tutela del cittadino nei guai.

  2. Il PM capo fattualmente non controlla la correttezza e l’irreprensibilità, personale e pubblica, dei suoi subalterni.Infatti Coletta:
    a) non vede le macroscopiche incompatibilità ambientali di Claudio Curreli e di sua moglie Nicoletta Maria Caterina Curci; e le attività non consentite a un magistrato (Curreli lavora per i clandestini con Terra Aperta; è legale rappresentante di un’associazione scoutistica targata-cattolici e, quindi, non garantisce la sua terzietà, la sua imparzialità, la sua indipendenza; usa gli strumenti d’ufficio – la mail istituzionale e server del Ministero della Giustizia – per i comunicati-stampa dell’Agesci-Scout etc.);
    b) non vede le inerzie del sostituto Giuseppe Grieco
    – che non porta avanti le decine di infortuni con certificati medici suscettibili di azione penale, con oltre 40 giorni di prognosi se relativi all’Usl;
    – che non agisce sul problema di una anziana-signora della Valdinievole sequestrata al figlio;
    – che manda all’archivio il taglio di un acquedotto pubblico, permettendo a un paio di favoriti dal Comune di Quarrata di lasciare due vicini di casa senza acqua per 8 giorni;
    – che dal 5 maggio del 2022 trattiene, senza decidere e senza motivo, un rapporto dei vigili urbani di Quarrata da cui dovrebbe emergetre che in tale data io, e un’altra persona, siamo stati sequestrati in via di Lecceto a Montorio: rapporto secretato perché a Pistoia la giustizia è peggiore degli uffici del KGB dello spregiato Putin;
    c) gli strafalcioni (che tali sono e restano) delle “indagini” (così si offende la parola) portate avanti da sostituti quali
    – Luisa Serranti (a protezione del Comune di Quarrata?);
    – Linda Gambassi (a protezione del Comune di Agliana e dei suoi amministratori e dipendenti con predisposizione all’anonimo?);
    – Chiara Contesini, con spiccata mania del copia-incolla, ma senza leggere i documenti relativi alle indagini, un “lavoro” che definire scadente è come gratificare con un Nobel alla scienza etc.

  3. Inquietante. Tommaso Coletta è lì per affermare il diritto e la legge o per negare i diritti ai cittadini che gli si rivolgono?

    il PM capo secreta i fascicoli superando la legge con una semplice “circolare interpretativa” da cui emerge una ben modesta capacità logico-deduttiva; li sottrae ai cittadini che ne hanno necessità; e con ciò viola il diritto di difesa dei singoli.
    Si pensi solo all’aver permesso al duo De Gaudio-Serranti l’abuso realizzato con la costrizione dell’ex-comandante dei vigili di Agliana, Lara Turelli, a doversi presentare al primo interrogatorio di garanzia: abuso rilevato dal giudice in aula, dopo l’istanza dell’avvocata Bonaiuti, ma che non sembra aver prodotto nessuna adozione di doverosa censura per i due giovani magistrati responsabili di quella specie di obbrobrio.

L’IMPUNITÀ DEI MAGISTRATI
È SOLO PROVA DI DEGRADO MORALE

Ma il top – lasciatemelo dire in toni di legittima critica, pur se asperrima, nei confronti di questo PM capo – è e resta la persecuzione/esecuzione della libertà di critica, cronaca, creatività, informazione, espressione di opinioni, perpetrata ai danni di chi scrive, di Alessandro Romiti, della testata Linea Libera: che è e resta un quotidiano, vero, verace, legittimo, legale e non clandestino (come vorrebbero i falsi-legalisti della procura pistoiese), contro cui il trio Coletta-Contesini-Curreli si è esibito in aula con la presenza di una specie di nuova “triplice alleanza” attivata a presumibile intimidazione del Collegio del Riesame di Pistoia.

Sono lì per sé o per noi che siamo, prima di tutto, loro datori di lavoro e loro sovrani?

Cari pistoiesi culinigui; cari avvocati dell’ordine ordinati allineati e coperti (e in certi casi persino connessi alla procura con legami di «prossimità sociale» più o meno esplicita); cari penalisti della Camera Penale: la situazione della giustizia (?) è in queste poche pennellate.

Il sigillo in ceralacca rossa, con tanto di nastro e cordicella su questo status, lo canta ogni giorno una situazione invereconda: il silenzio complice, e colpevole, di una schiera di tutori della legge che, sui veri temi delle violazioni (salute, sicurezza, ordine pubblico, inquinamento etc.) dormono come vere e proprie Belle Addormentate.

Circondate dal marasma Vicofaro; dal cloruro di vinile nei pozzi di Casale; dall’inquinamento da glifosate ovunque; dai problemi del Cassero; da quelli dell’inceneritore di Montale; dallo spaccio in centro che nessuno vuole vedere; dalle esecuzioni immobiliari che non sanano debiti, ma tendono, piuttosto, a rovinare chi è già in difficoltà, favorendo la svendita di beni per una girata di cappello; alle grottesche falsità che si recitano, a mo’ di litanie, circa la bellezza e la bontà di questo mondo pistoiese di San Jacopo più falso del bacio di Giuda; più pericoloso della magnifica sanità che uccide…

Edoardo Bianchini
[direttore@liealibera.info]


C’è forse sotto una sorda lotta di potere per il potere sulla città…?

 

Si può formulare un’ipotesi? Dal di fuori (ma trascinati dentro come noi per le nostre questioni, tutte disattese sotto il profilo della legalità) si ha l’impressione che la procura tenda a voler affermarsi come padrona di tutto e di tutti, tribunale civile compreso.

Senza rispettare né verità né limiti dell’umana decenza.


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