PISTOIA. Quando suo padre, ingegnere, lo portava, malvolentieri, a strimpellare con i suoi amici, Robert Anthony Plant era letteralmente suggestionato da Muddy Waters, tanto che con il suo primo gruppo, i Delta blues band, eseguiva, principalmente, brani del cantautore statunitense, riconosciuto, a pieni titoli, tra i padri fondatori e spirituali del blues.
Domani sera, in piazza del Duomo, nella seconda serata di questa 35esima edizione del Festival pistoiese, sul palco di piazza del Duomo (ri)salirà (ci è già stato) Robert Plant, sì, quel giovanotto che ora ha 66 anni e che da oltre quaranta è uno dei padri fondatori dell’hard rock e dell’heavy metal, ma che da bambino, prima di incontrare Jimi Page e John Bonham e formare con loro i leggendari Led Zeppelin, pensava e sognava di diventare un bluesman.
Verrà con una sua band, Robert Plant, i Sensational Space Shifters, una formazione di sei strumentisti con la quale, la voce che la rivista Rolling Stone ha piazzato al quindicesimo posto nella classifica delle cento voci rock più belle del mondo, sta inaugurando un percorso acustico e strumentale che dovrebbe sfociare, nel prossimo settembre, in un album, figlio di ricercatezze, contaminazioni e tanti, tanti ricordi.
Soprattutto quelli compresi nella forbice che si apre nel 1968 (anno di nascita dei L.Z.) e si chiude nel 1980 (anno di morte del batterista, John Bonham, con tanto di scioglimento del gruppo), dodici anni nei quali il giovane di buona famiglia tradì del tutto le morigerate aspettative dei genitori, diventando, nel giro di brevissimo, un’icona del sesso e di ogni tipo di sregolatezza, tossica e alcolica. Dodici anni però nei quali i L.Z. dettero oggettivamente vita ad un sound straordinario, aggressivo, metallico, estremo, che si immortalava nelle corde vocali del suo cantante, quel Robert Plant che domani sera, in piazza del Duomo, anche senza i suoi compagni d’allora e seppur orientato in un altro emisfero musicale, a qualcuno farà sicuramente venire i brividi.