poerannói & al montalbano. COMUNE DI QUARRATA-BURRACO: SIAMO OSTAGGI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE CHE NON SA TOGLIERSI IL CLASSICO DITO DI CULO?

Fioccano le querele come le mosche nelle ragnatele. Il Mazzanti con forse il Billi e il Bai continuano a produrre de’ trojai? Ben venga il tutto e infin se ne discuta, così la verità tutti si scruta. E chi ha sbagliato pagar deve in fine, ché ingiusto è dover vivere in latrine!

 

Onestamente non vedo l’ora di essere dinanzi al giudice, con le carte in mano, a far vedere cos’hanno combinato, questi egregi personaggi offesi, negli ultimi squallidi 25 anni del regno di Burràkia

 

PRIMA DI FAR GLI OFFESI, AMICI CARI,

VEDETE DI CASCAR CO’ PIEDI PARI!

 


Lecceto. Ecco a cosa serviva il pericolosissimo filo elettrico…

 

OGNI GIORNO che passa mi convinco sempre di più che il grande Comune di Quarrata, quello dal 1990 in mano alla sinistra di nome e di fatto, ha una gravissima malattia incurabile: serissimi problemi – credo: opinione – di in-trasparenza e corruzione. E sono convinto, anche, che chi abita fra le muffe, alla fine fa come il pane: ammuffisce. Insomma chi sta in cucina puzza di fritto, come accade spesso ai cinesi.

Ieri ho parlato con una delle mie fonti. La quale mi ha riferito – sempre ammesso che sia vero: ve la do, pertanto, con il santo beneficio d’inventario – che in tre comunali/comunisti, mi avrebbero gratificato di una bella querela. Si tratterebbe – mi ha detto la fonte – dei signori Mazzanti, Bai e, molto probabilmente, Billi.

Vorrei ricordare a chi legge – e soprattutto a questi tre signori – che sto dando la notizia non come certa, ma come riferitami: dunque, direbbe D’Alema, non mi rompessero il cazzo che già lo hanno fatto, fra tutti, dal 1995 ad oggi, rovinando la vita e l’esistenza a me, a mia figlia e a miei familiari (padre, madre etc.: tanto a loro mica gliene frega una minchia della sorte degli altri).

MARCO OKKIONE MAZZANTI

 

Voi non la conoscete,
ha gli occhi belli.
Chi?
Eulalia Torricelli di Forlì.

 

Marco Mazzanti sindaco di Quarrata-Burràkia

 

C’è da chiedere a questo “individuo” di cosa si lamenti se lo prendo – e continuerò a prenderlo – in giro, degnandolo di una satira di cui, forse, per la sua complessiva sciocchezza di amministratore/politico, non sarebbe neppur degno.

Il sor Mazzanti crede che fare il sindaco sia semplicemente raccontar cazzate sulle bandiere della città che il prefetto Iorio gli ha consegnato. Crede che sindacare voglia dire distribuire diplomini alla Màgia per le coppie in “cozze d’oro”; andare al San Pietro degli Olmi e circolare libero senza mascherina difendendo il suo sceriffo Bai, che è il miglior comandante di questo mondo della miglior polizia di questa terra. La Boschi, però, è meglio del Bai…

Questo pseudo-sindaco ha fatto di tutto per non venire a Lecceto a vedere gli scempi del Perrozzi avallati dai suoi dipendenti comunali. Ha resistito sino all’ottobre 2019, poi, costretto da me – che ho una dentiera da molosso –, ha dovuto cedere e farsi portare su dal capo elettricista trasformato in capo dei vigili che, giunto in loco, ha esclamato: «E ora, dove cazzo si fa manovra?».

La storia la conoscete: è una di quelle squallide, tipiche in tutti i Comuni d’Italia, che tutto fanno fuorché risolvere i problemi dei cittadini – ai quali, invero, li creano e spesso non piccoli e non pochi.

Eppure il sor Marco Mazzanti, l’uomo che scopre un genio d’ingegner Gelli (cognato di Dario da Vinci) e gli affida (che orgasmo!) lo sviluppo del territorio di Quarrata-Burraco, è lo stesso uomo che è stato per 10 anni – mi pare – assessore delle giunte Sergio-Gori, altra emerita campionessa dell’inettitudine politica; rastrellatrice di quattrini per San Marcello, Comune al quale lei, al contrario di ciò che doveva fare, ha rastrellato i suoi emolumenti; e che si è lamentata, per avvocato, di come l’ho giudicata sotto il profilo politico. Loro – intendo dire i democristan-comunisti ex margheritosi, credenti e impegnati nel sociale – vogliono essere solo elogiati: e ancor più se combinano emeriti troiai, perché in tal caso toccano risultati orgasmatici.

Appartengono tutti – per ciò che non fanno e ciò che non sono in grado di fare – a quella vasta categoria di inetti (citazione da Gozzano, o quadrupedi!) che raschiano il barile e intascano indennità sudate dal popolo: al quale riservano il generoso trattamento di Grillo: vaffanculo!

Era una notizia interessante

Mentre Marco Okkione Mazzanti imperversava con la Sabrina – quella che raccattava 5 pullman di vecchietti e li portava a mangiare al San Pietro come ringraziamento per il voto alle comunali; quella che silurava gli avversari politici con la notizia dell’indagine a carico di Alessandro Cialdi, un’indagine condotta da un tal dottor Padula con una interessante storia alle spalle, se è lo stesso di cui parlò la Repubblica; quella che ha affidato, con Mazzanti, la piscina di Vignole a una banda di incompatibili di cui faceva (o fava?) parte anche una delle sue tecniche, l’architetta Nadia Bellomo, compagna (a quanto si diceva) di quel Mauro Dugheri che era a sua volta impelagato, come Uisp, nell’azienda che avrebbe dovuto costruire la piscina che non c’è (così vi può bastare, signori che votate a sinistra?); mentre Marco, dicevo, imperversava, con la Sabrina, da assessore – mi pare – ai lavori pubblici; quel Marco Okkione, che voleva da sindaco affidare lavori di una piscina più che minore minorata, cercando di spendere solo 1 milione di euro (il nome della ditta non ve lo fo, ma ce l’ho), Quarrata si grattava la scabbia sotto un assessore all’edilizia, Luca Gaggioli, eccelso docente di religione e oggi affortunato preside della scuola media di Quarrata. Per la cronaca il Gaggioli era colui che, in consiglio comunale, si rivolse alle minoranze pregandole di non rompere i coglioni (testuali parole); e lasciò poi la stecca – come si dice – a un suo cugino, l’attuale assessore, Simone Niccolai, concubino politico di Okkione.

Tutto questo, scusate, non mi sembra possa illustrare né un’amministrazione trasparente, né configurare un esempio di brillantezza diamantina, anche solo sotto il profilo politico amministrativo. Figuriamoci se poi consideriamo un fatto specifico: la piena consapevolezza – di tutti questi “individui” – del fatto che i tecnici geometri del Comune più importanti e in cima alla “catena alimentare”, erano notoriamente impiegati comunali al mattino e impiegati privati al pomeriggio, allorquando, dalla parte dei loro datori di lavoro liberi professionisti, mietevano i migliori consensi e successi quanto a pratiche edilizie e lavori da licenziare.

Marco Mazzanti. Mi sbaglio o qui è senza mascherina e a incontri ravvicinati di terzo tipo…?

Ci pensino bene, a questa sacrosanta situazione stranota a tutto il popolo e al contado, sia il dottor Gerlando Iorio sia il dottor Tommaso Coletta: ma anche i carabinieri della compagnia di Pistoia con il loro attivo e sveglio comandante, il tenente colonnello Stefano Nencioni che, nei giorni scorsi, mi ha ascoltato come persona informata sui fatti di Lecceto.

Dunque mi chiedo e vi chiedo: in cosa si sente offeso il sor Mazzanti Okkione? Nell’essere stato chiamato alle proprie responsabilità? Nell’aver omesso, quando è stato alle leve di manovra dei soldi pubblici, di aprire una bella e doverosa inchiesta interna su tutti quei dipendenti infedeli che lavoravano per due padroni, il Comune (pòero in canna) e Mammona (che colava grasso di dindi)?

Ci faccia il piacere, Sindaco! La pianti, se ne stia zitto, faccia il cane in chiesa e non rompa i coglioni a chi mantiene il primo cittadino (?) e i suoi prediletti di partito! Altro che querelare, ammesso che lo abbia fatto.

 

MARCO BAI

 

Gànkke makkìn ekkài…
Kara’ tù? T’arà’ bai?

 

Mazzanti e il comandante Bai

 

È un famosissimo modo di dire pratese che riguarda chi ha problemi di colite (per chi non capisse: grane di cacaiola, male assai diffuso negli enti pubblici nostrali).

La carriera del signor Bai, iniziata come elettricista, termina, dopo il successo più o meno disastroso della gestione dei vigili a firma Oliviero Billi GeometrO, con le eterne stelle e strisce del comandante.

Comandanti, dirigenti, capuffici, capodocazzo nei Comuni, negli enti pubblici, nelle università, negli ospedali, nelle ferrovie, nei cessi, nell’esercito etc. si diventa – come tutti ben sanno – per cooptazione.

Ho dimenticato la magistratura di marca Anm-Palamara. Perfino non-presidenti della repubblica si diventa per cooptazione, cari democratici delle nostre minchie, illusi che lo stato tuteli i cittadini. Il cittadino (in realtà suddito) è solo lo strumento che permette a politici, burocrati, pezzi di merda, massoni, finanzieri, Becciu e Marogne/Carogne (Giuseppi non escluso), di vivere alle spalle del popolo: a cui si infila una mascherina come un preservativo su un cazzo che, non avendo gli occhi, come ben sapete, non capisce un cazzo ed è, perciò, guidato da due coglioni. Traetene materia di riflessione e, francescanamente, Laudate et benedicete mi’ Signore et ringratiate et serviateli cum grande humilitate…

Il sor Bai – ammesso che mi abbia querelato – si sente offeso. Di cosa, di grazia? Di essere stato preso a frecciatine per la sua conclamata inconcludenza?

Marco Mazzanti smascherato. «Forza, Bai! Perché ’un lo multi? Dai! | Un sindaco ’gli è come Cristo al tempio: è il primo a dover dare il bòn esempio!

Al sor Bai è facile tirare due calci ben assestati negli stinchi e rimetterlo al suo posto. Bastano due o tre domande:

  1. ha multato il suo sindaco Okkione per essere andato in giro senza mascherina al San Pietro e alla Màgia?
  2. ha denunciato i due deficienti che hanno smosso 10 pubblici dipendenti per Lecceto, dando origine a una ipotesi di procurato allarme con la storia del bombolone del Gpl pronto a esplodere? O ha fatto finta di niente, pur avendo scoperto che la bombola era vuota come la zucca dei due creativi seriali?
  3. ha deciso, con tutta la luce di cui è portatore anche con l’ausilio dei fili elettrici, se via di Lecceto è una vicinale (sulla quale faceva le multe in nome del padre Billi) o una strada-del-cazzo qualsiasi perché lì (ha firmato con il suo collega Iuri Gelli) di vicinali e interpoderali e di sentieri non ne esistono? In altri termini: quand’è che Bai scrive e sottoscrive il falso in un atto amministrativo? Lo sa cosa vuol dire questa domanda, oppure pensa che si tratti di una semplice questione di fisica legata a una resistenza elettrica, a un interruttore tripolare o alla sezione di un cavo di rame?

E lui si sentirebbe offeso? E come dovremmo sentirci noi (e il Bai sa bene chi siamo) per tutto il puttanaio che il Comune ha permesso che ci fosse e che si è riversato negativissimamente sul groppone, di chi scrive e dei suoi familiari, dal 1995 ad oggi?

Sarebbe meglio, credo, che chinasse la testa in segno di consapevole vergogna.

 

OLIVIERO BILLI

 

Qual è il colmo per un falegname?
È sposare una… persiana.

 

A qualcun piacéa spagnola | mentre ad altri pura ariana; | forse a lui faceva gola | solo s’era una… persiana!

 

Il Billi è esperto di persiane e serramenti. Ma questa storia mi torna poco. Non capisco bene. Il Billi mi aveva detto, pubblicamente su Facebook, che mi perdonava tutto perché gli facevo pena e mi augurava addirittura “buona vita”.

Ma il fu-comandante della Sabrina Sergio Gori è anche assai creativo: curva a secco come i pesci e non sai mai dove va a parare, alla fine. Quindi può essere anche verosimile che dica tutto e il contrario di tutto. Non ha fatto così in molte altre okkasioni?

Non ha sostenuto (nonostante i suoi scritti autografi e la sua auto-agiografia – consultare il Vocabolario dell’Accademia della Semola di Firenze) di avere sempre agito secondo legge e coscienza (tirati su le puppe!), ma poi ha coperto e protetto i suoi uomini tromberecci a danno del popolo? Quindi, per lui, c’è da fidarsi quanto del culo di un neonato. Se però mi avesse querelato, nessuno stupore: dimostra di essere quello che è. Uno che si nasconde dietro una persiana?

Anche Oliviero dall’aspetto fiero, infatti, pur non essendo un falegname, era poligamo: amava le persiane e i serramenti. E tutti sanno che aveva questa insana passione erotica anche quando faceva il vigile addetto all’edilizia e alle costruzioni della Lego sul suolo di Quarrata-Burraco.

Viene una domanda, per concludere. Perché in Comune tutti i politici della trasparenza, della legalità e della perfetta non-corruzione, non hanno mai aperto neppure una inchiesta interna per frenare la fame di dindi dei dipendenti di Burràkia?

Detto fra noi, cari lettori, osservate da chi siamo e come siamo amministrati. Forse da un sacco di rospi d’Arezzo che, in gabbia (la loro divisa o la loro scrivania), quando li tocchiamo si gonfiano?

Onestamente non vedo l’ora di essere dinanzi al giudice, con le carte in mano, a far vedere cos’hanno combinato questi egregi personaggi offesi negli ultimi squallidi 25 anni del regno di Burràkia.

Ad ogni buon conto, sono convinto che il giusto comportamento di un sindaco sarebbe stato quello di chiamare gli interessati a un tavolo; stendere le carte sul tavolo stesso alla presenza dei tecnici, e iniziare a discutere. Non certo far rispondere “a cazzo di cane” a due funzionari che neppure sanno leggere una mappa o perché ignoranti o perché in malafede.

E farebbero bene, anche i signori giudici, se – usciti dai loro begli uffici di via degli Orafi, da cui è difficile capire cosa significhi vivere 25 anni alla mercé di bande squinternate di distruttori del Montalbano – si facessero portare a Lecceto e guardassero le cose e i luoghi direttamente con i loro occhi.

Mi avete querelato? Mi fa piacere. Ci vediamo in tribunale. Alla prova! disse il cavadenti.

Ma se il Billi mi ha querelato… io lo perdono davvero. Parola!

Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]
Art. 21. Diritto di tutto, satira compresa

Ecco un rospo de Rezzo…

 

Ad Arezzo misero un rospo in gabbia e quando lo toccavano con uno stecco, il rospo si gonfiava.
«O che bestia è», si chiedevano gli arezzini.
Allo stesso modo, un aretino che aveva un cocomero enorme in braccio ed era in cima a un colle, inciampò; e il cocomero gli scappò di mano e iniziò a rotolare giù per il viottolo.
Lui credeva che quel cocomero – glielo aveva detto un fiorentino di merda – fosse l’uovo della sua ciuca.
In fondo alla scesa, il cocomero andò a sbattere su un filare di viti, sotto le quali dormiva una lepre. La lepre si svegliò e se la dette a gambe.
E l’aretino, disperato, esclamò:
«Che disgrazia, madonna mia! Mi s’è rotto l’òvo della ciuca e m’è scappato il ciuchino! Che disgrazia!». E piangeva a dirotto.
State attenti, signori della puzza sotto il naso, che non scappi il ciuchino anche a voi. Può sempre capitare, cari capoccioni miei!


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