politicalli scorrett. QUANDO LINGUA E MEDIA MISTIFICANO LA REALTÀ

Con le parole si mistifica tutto...
Con le parole si mistifica tutto…

UN ESEMPIO di come la lingua sia sintomatica delle trasformazioni della nostra società lo fornisce, senza possibilità di essere smentito, l’uso improprio che ne fanno i media, tutti i media, senza distinzione, quando si verificano stragi proditorie come quelle di Parigi, di Istanbul ecc.

La lingua è un’arma letale, formidabile; e utilizzarla male può creare non poche storture ed equivoci, talora determinanti in termini di conseguenze.

Alcune parole non vengono più usate quando invece chiarirebbero perfettamente uomini e situazioni e questo non lo dico io ma il vocabolario della lingua italiana.

Ogni volta che si ascolta o si legge un commento ai fatti sanguinosi cui ci siamo ormai abituati ad assistere, i responsabili non vengono mai identificati con i termini giusti non solo per rispetto alla lingua ma anche per definire, come si deve, chi compie tali mattanze.

Uno che uccide decine e decine di persone inermi senza alcun obiettivo, se non quello di offendere e creare paura, vi sembra un terrorista? Si ricorre a definizioni edulcorate, meno incisive come assalitore, sparatore,  come se fossero professioni riconosciute, attentatore o kamikaze, offendendo coloro, eroi disperati, i quali si gettavano non su folle inermi, ma su militari in grado di difendersi dai rischi che la guerra, quella convenzionale, aveva messo loro di fronte.

Quando si dice rincoglionimento collettivo
Quando si dice “rincoglionimento collettivo”

Il terrorista, l’attentatore era l’anarchico vecchia maniera, colui che, pur ingiustificatamente, ricorreva alla violenza per offendere o uccidere chi in quel momento rappresentava un potere che contrastava la sua ideologia senza pensare, in alternativa, a far saltare un asilo piemontese per dispiacere al re.

Il più delle volte era il gesto di un uomo solo, senza appoggi particolari, destinato, per questo, a essere ucciso o imprigionato per sempre, basta leggere la storia.

Per definire correttamente i ‘terroristi’ attuali bisogna ricorrere, semplicemente, a quanto il vocabolario ci offre: assassino per esempio (criminale che si rende colpevole di assassinio: chi uccide a tradimento e per scopi diversi), criminale (colpevole di delitti gravi nei confronti di singoli o della collettività), delinquente (persona malvagia e perversa capace di compiere le azioni più basse e nefande). 

Non usare queste appropriate definizioni migliora la situazione? Rende gli autori di simili atrocità meno colpevoli? Forse così facendo si avalla, in qualche misura, le ‘ragioni’ che muovono ad azioni così sanguinose? Qualunque forma di rispetto verbale per gente capace di simili operazioni, non deve essere usata soprattutto da chi dispone dei mezzi informativi.

Già si parla, da tempo, di ‘Califfato’ come se si trattasse di uno stato sovrano insediato all’Onu, di portavoce del Califfo molto simile ad una specie di ambasciatore che nessuno, finora, ha riconosciuto.

Parole e bufale
Parole & bufale

Tutto questo è pericolosissimo poiché sottace, in maniera più o meno velata, i rischi che la situazione comporta.

Giochiamo da tempo con le parole anche a costo di essere ridicoli, utilizzando termini al posto di altri, contemplati dai vocabolari che non accennano ad una loro connotazione negativa, considerati a torto dispregiativi.

Guai definire ‘cieco’ uno che ha perduto la vista, si tratta di un non ‘vedente’, anche i sordi sono scomparsi sostituiti dagli ‘audiolesi’ come se una parola bastasse a ridurre o nascondere il suo problema.

Anche i vecchi bidelli sono scomparsi, al loro posto c’è il personale non docente e anche gli infermieri sono divenuti una specie in via di estinzione schiacciati dai ‘paramedici’. Un operatore ecologico sembra un filosofo della natura mentre in realtà rappresenta un utilissimo e onoratissimo spazzino.

Così facendo non siamo ancora riusciti a dare un connotato definitivo a un handicappato. Siamo ricorsi a complicati giri di parole, e non saranno gli ultimi, che non riducono l’affezione del soggetto, ma che riescono, il più delle volte a ridicolizzarne lo stato: e questo non va bene.

Se si intende tutelare chi ha bisogno, come quest’ultima categoria, non bastano le chiacchiere, ma i fatti: e qui il vocabolario non può venirci in aiuto. E non chiamatemi più vecchio, sono solo ‘diversamente giovane’ come se bastasse a ringiovanirmi. 

[Fiore Di Monozzo – Ospite]

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