SIRACUSA — FIRENZE. La vicenda è drammatica e non ha niente in comune alle minori criticità ambientali che sono denunciate nella nostra piana metropolitana, ma è emblematica per come evidenzia in modo plastico l’inerzia (la prudenza nel caso, non è una dote di virtù, ma di demerito perché tradisce il servizio alla cittadinanza) e la reticenza che inzuppa le relazioni di molti organi di controllo.
A Siracusa, nei comuni costieri di Augusta e Priolo, vi sono degli insediamenti petrochimici che hanno pesantemente inquinato l’aria, rilasciando composti solforati di indubbia pericolosità per la salute umana.
La cittadinanza, chiama l’inquinamento con un pronome dimostrativo intriso di timore: quello.
“Quello” sarebbe l’inquinamento dell’ambiente e le rilevazioni epidemiologiche raccolte dalla Usl sono state convergenti e dirette e che, dice il parroco, sono note a tutti i cittadini per i numerosi lutti.
Nelle zone circostanti gli impianti, non ci sono soltanto dei cattivi odori di uovo marcio (tipico dei composti solforati), ma l’età media è ridotta notevolmente, causa la diffusione di malattie neoplastiche che colpiscono indiscriminatamente la cittadinanza.
Anche i neonati — e questa è la notizia più terribile — presentano maggiori frequenze di malformazioni fisiche alla nascita, indotte già nel grembo materno, come spiega l’epigenetica.
La Procura della Repubblica ha emanato una serie di provvedimenti coercitivi, atti a impedire la prosecuzione del processo di inquinamento causato, in buona sostanza, dalla apertura a cielo aperto di cisterne per la raffinazione dei petroli.
Fin qui la notizia – seppur terribilmente drammatica – sarebbe ordinata a normali relazioni di causa/effetto, con argomenti concatenati da un senso logico intuitivamente corretto alla conclusione del sequestro giudiziale.
Il responsabile di Arpa Siracusa Gaetano Valastro ha rilasciato una intervista agli organi di informazione che è un monumento plastico al peggiore conformismo ottenuto con l’approccio del politically correct.
A fronte di una tragedia umanitaria generalizzata (l’evento investe al rischio oltre 100.000 cittadini esposti da anni) confermata a tutto tondo dalla scienza, dalle indagini epidemiologiche e dalle misure di sequestro penale, non riesce a concludere l’intervista in modo logicamente corretto e univoco.
Valastro, infatti, assume un atteggiamento defilato e apre al dubbio con un diretto rinvio all’altro organo di controllo (cioè l’Usl), per ottenere la conferma di quanto è ampiamente dimostrato. Dopo aver confermato le evidenze dell’inquinamento con il più generale disagio olfattivo e stato di malessere, l’intervistatrice gli chiede se tali sostanze inquinanti, hanno effetto anche sulla salute umana; il dirigente Arpa, preferisce avvalersi della facoltà di non rispondere e invita a chiedere ad altri formalmente competenti: lui, dirigente di Arpa, non è tenuto a rispondere perché non ha competenza sugli esiti sanitari sulla cittadinanza.
Forse la Magistratura inquirente ha sopravvalutato i fenomeni di inquinamento?
Prendiamo atto della accuratezza formale della risposta del dirigente Arpa e riflettiamo sulla circostanza che tale comportamento è noto e diffuso anche in Toscana: si vedano le diffuse incongruenze sulle vicende dell’aeroporto (conflitti di interessi di Enac e omissioni diffusi sui tavoli tecnici) o sulle vicende dell’inceneritore di Montale, condannato anche dalla Corte di Cassazione.
La formale soddisfazione di risposte esatte e coordinate che sono limitate alle funzioni di servizio degli organi di controllo, sono una garanzia per i dirigenti reticenti e niente hanno a che fare con la competenza e la rispondenza al mandato istituzionale.
Alessandro Romiti