PISTOIA. L’insolita tempistica con cui il Parlamento Europeo ha privato dell’immunità parlamentare Marine Le Pen, processata dal tribunale di Nanterre per una questione che vedremo successivamente, rende abbastanza chiaro come l’autoritario potere europeo metta a tacere i dissidenti, coloro che del politicamente corretto se ne infischiano e cantano liberamente contro il mainstream.
Il tribunale di Nanterre procedette per alcuni contenuti pubblicati sui social network dalla Le Pen nel dicembre 2015, dopo che Gilles Kepel, durante una trasmissione radiofonica, aveva fatto un parallelismo tra il Front National e l’Isis.
L’audace Marine, in tutta risposta, pubblicò tre foto ritraenti tre esecuzioni effettuate dai miliziani dello Stato Islamico, in particolare quelle ai danni dello statunitense James Fowley, di Moaz Al-Kazabeh, il pilota giordano bruciato vivo in una gabbia, e di Fadi Ammar Zidan, un soldato siriano schiacciato da un carro armato.
“Questo è Daesh”, scrisse la Le Pen accompagnando le tre foto. Ed è fuori ogni dubbio che quelle tre immagini rappresentino lo Stato Islamico, essendo proprio quest’ultimo a rivendicare di tali crimini.
Manuel Valls, ex premier francese, definì la pubblicazione di quelle tre foto “un errore politico e morale”, nonostante ciò fosse avvenuto in risposta all’azzardato parallelismo fatto tra il Front National e l’Isis.
La Le Pen si è sempre difesa invocando la sua libertà d’espressione e di mostrare ciò che i miliziani islamisti compiono alla luce del giorno da ormai troppo tempo. Eppure, nonostante ciò sia sotto gli occhi di tutti, il Parlamento Europeo le ha tolto l’immunità.
La questione reale non riguarda l’opportunità o meno di mostrare certi contenuti (d’altronde in tivù ne vediamo di ogni tipo, dalla mattina alla sera), bensì il diritto di ritrarre in modo veritiero il volto dell’Isis pubblicando le prove dei suoi efferati crimini.
Il processo al leader del Front National ha tutta l’aria di un bavaglio messo a chi, remando contro corrente, esprime opinioni su questioni che paiono inaffrontabili.
L’ex presidente Barack Hussein Obama, ad esempio, non è ancora riuscito ad associare la parole terrorismo islamico, limitandosi a chiacchierare di un indeterminato terrorismo in Medio Oriente.
Nel caso di specie, addirittura, nonostante tutti sappiano ciò che combinano in Siria e Irak i miliziani dell’Isis, è vietato porre all’attenzione generale le immagini delle loro “prodezze”.
Marine Le Pen non ha mai nascosto le proprie idee: non molto tempo fa saltò il suo incontro in Libano con il Gran Muftì poiché lei si rifiutò di indossare il velo che le avrebbe coperto la testa.
Il progressista la tacciò di ignoranza, non avendo rispettato la cultura del luogo; ma la realtà è che Marine rifiutò di tenere un comportamento che, da quelle parti, simboleggia la sottomissione della donna e la criminalizzazione del suo corpo.
E così sono state criminalizzate le idee di un politico francese di spicco, oltretutto in corsa per l’Eliseo, senza porsi alcuna domanda sulla veridicità di tali pensieri, bensì censurandoli aprioristicamente perché facenti parte di quegli argomenti che possono essere “lisciati” solo nel verso del pelo.
Saranno felici a Bruxelles: un bavaglio in più, a certi censori del libero pensiero, fa sempre piacere. E, guarda caso, la Nike ha deciso di iniziare la produzione dello hijab, il velo che comunemente le donne islamiche indossano. Sarà hi-tech, dicono.
Magari si prenderanno la briga di produrre anche il bavaglio per il leader del Front National: speriamo almeno sia traspirante, altrimenti perirà di asfissia.
[Lorenzo Zuppini]