«POSSINAMAZZÀ»

Enrico Montesano
Enrico Montesano

FORSE è solo un po’ a corto di idee, o semplicemente, ripensando a quelle geniali che ebbe quarant’anni fa circa, ha solo deciso di rispolverarle. Anche il titolo della serata, Possinamazzà, un detto tipicamente romanesco, caduto in disuso, ma che fece sfracelli e che si pronuncia oscillando in modo cadenzato la mano destra per sottolineare la furbizia del destinatario della mansueta maledizione, la dice probabilmente lunga su cosa concentrerà la propria vis comica Enrico Montesano, sabato 29 novembre, al Verdi di Montecatini, con il suo nuovo spettacolo.

Alla soglia dei 70 anni, del resto, anche uno dei più indovinati Rugantino della storia del teatro italiano, avrà creduto bene di dare un’occhiata a tutto quello che è successo dall’avvento del piccolo schermo in poi e concludere, senza alcuna dietrologica presunzione, che alcuni dei suoi sketch hanno rappresentato e rappresenteranno per sempre il meglio della comicità ascoltabile, godibile e comprensibile per tutti, grandi e piccini.

Quando Enrico Montesano arrivava al centro del palcoscenico e tutte le luci dello spettacolo si concentravano sulla sua esile figura, emaciata, che lo trasformavano in un commovente borgataro al quale sembrava mancare praticamente tutto, l’allegria si impadroniva di famiglie intere, che erano quelle che si riunivano, in salotto, il sabato sera, davanti alla tivvù, per godersi Canzonissima, tanto per fare un esempio. Erano i tempi nei quali le vallette arrivavano sulla scena vestite, ma soprattutto si chiamavano, ad esempio, Loretta Goggi (uno showgirl straordinaria, capace di cantare, ballare e imitare come poche altre); le ospiti fissi erano cantanti del calibro di Mina e Ornella Vanoni (e sulle doti canore delle due damigelle preferiamo non dire nulla che non sia banale) e lo spazio della comicità era affidato a Nino Manfredi, Walter Chiari, Paolo Villaggio, Aldo Fabrizi e subito dopo Enrico Montesano, una lista orfana di molti altri mostri sacri della risata restati nella storia ed entrati, di diritto, immediatamente nella leggenda.

Enrico Montesano non si è fermato lì, però. Chiusa l’epoca di quella televisione, in bianco e nero, senza pubblicità, se non quelle raccolte in Carosello, si è (ri)catapultato nel teatro, con Garinei e Giovannini, anche in nome e nel segno di una discendenza artistica degna di rilievo per poi approdare al cinema, con Steno, Monicelli e al fianco di comici di alto lignaggio, come Gigi Proietti (indimenticabile Febbre da cavallo) e Carlo Verdone.

C’è poi la stagione dei musical, con un corpo di danzattori e danzattrici degni della migliore scuola e alcune apparizioni televisive troppo abbottonate per esser vere e non certo memorabili, che stanno solo e soltanto a significare l’inesorabile decadenza della programmazione del tubo catodico, ormai preda, assuefatta, di volgare nichilismo.

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