PRATO. Partiamo dalla fine del concerto. Ma non perché la performance non sia stata all’altezza. Anzi, Ma quando il successo ti accalappia così, all’improvviso e ti scaraventa via lontano anni luce da dove ti trovavi fino ad un attimo prima, il rischio più grande, e pericolosissimo, è perdersi.
Ad Amara questo, Erika Mineo all’anagrafe pratese, dove è nata 31 anni fa, non dovrebbe succedere. Perché proprio ieri sera, ad Officina Giovani, a Prato, dove si è esibita accompagnata dai suoi quattro turnisti, che sono Nick Valente alla chitarra, Frank Armocida alla batteria, Francesco Cecchet al basso e Marco Russo al pianoforte, si è intrattenuta con il suo pubblico fino a mezzanotte e mezzo.
Eravamo lì, con la paziente curiosità di chi, in accordo con il produttore, ha fissato, dopo gli autografi, i baci e gli autoscatto, una piccola intervista. Superata la mezzanotte, ci siamo permessi il lusso, dopo esserci presentati, di sillabarle che l’avremmo aspettata dopo il bagno di folla solo a patto che ci garantisse la chiacchierata,
“Assolutamente sì”, ci ha detto senza voltarsi, senza guardarci negli occhi, ma con la consapevolezza di non lasciare nulla per strada in questo momento così importante della sua vita, prima che della sua carriera, che non dubitiamo le possa e debba riservare ancora un mare di successi.
Sul palco, il giunco che non ha mai smesso di credere un solo istante alle sue potenzialità, ha dato una gran bella dimostrazione di naturalezza, simpatia e fascino semplicissimo, senza mai scendere sotto il livello di guardia vocale di alta autorevolezza. E’ bello sentirla cantare, Amara, perché è bello assistere allo sfogliare del suo album e capire che non sta bluffando, perché quando si volta indietro, nel suo passato, chiude gli occhi, con la preghiera che nessuno osi svegliarla, qualora fosse solo tutto un sogno,
E invece è tutto vero, come la sua voce, nitida, impertinente, che arriva diritta al cuore di chi l’ascolta partendo dal suo, con un passaggio obbligato dal diaframma prima e dalla testa poi, che è quella che la tiene in equilibrio, anche su tacchi vertiginosi, che sono quelli che la costringono a flettersi sulle ginocchia per stare vicino al viso di chi desidera farsi immortalare al suo fianco per quella foto ricordo che custodiranno nei propri diari.
Amara è questa, per fortuna, prendere o lasciare. Ma non la lascerà nessuno, Anzi, sono in molti che si sono già prenotati per averla nei propri circoli culturali. Certo, senza la vetrina di Sanremo sarebbe ancora in cerca della propria identità artistica, ma sui suoi requisiti hanno già puntato le fiches in molti, come quelli del Premio Lumezia, conferimento al valore musicale e letterario della canzoni italiane organizzato da venti anni a Carrara e che proprio ieri sera, a metà concerto, le hanno consegnato quello relativo all’edizione 2015, un riconoscimento oltremodo prestigioso se si sfoglia l’album dei precedenti vincitori, come Mario Biondi, Elisa, i Negrita, Piero Pelù, i Tiromancino, Massimo Ranieri e altri.
Si è portata la mano sugli occhi, Amara, quando le hanno consegnato la pergamena ufficiale dell’edizione 2015 e quando il Sindaco di Prato è salito sul palco per ringraziarla personalmente: avrà pensato, in quell’istante di un’emozione da tenere rigorosamente sotto controllo, che non l’aveva messo in conto, dieci anni fa, quando ascoltava Etta James, Rachelle Ferrell, Erika Badu e chissà quali altri damigelle di colore, che poco più in là si sarebbe dovuto fare i conti anche con la sua canzone, con le sue poesie, con la rabbia metabolizzata di chi ha saputo esaudire i propri desideri senza vederli trasformare in incubi. Perché i sogni non hanno la data di scadenza, ha detto tra una canzone e la successiva e i suoi si sono avverati. Ma lei stenta ancora a crederci, nonostante sia piacevolmente costretta a stare più di un’ora, dopo il concerto, a raccontare a tutti la sua felicità.
Lo fa con cognizione di causa, Amara, con la tenerezza e la soddisfazione di chi ce l’ha messa tutta, vero, ma anche con la consapevolezza che la fortuna, quando si è rivolta a lei a chiederle una mano, si sia tolta la benda e le abbia indicato la strada.
Lo abbiamo capito quando ha abbracciato tutti, dopo il concerto, riservando, uno ad uno dei suoi estimatori, alcuni dei quali compagni di giochi e di sogni di un’infanzia spazzata via con la velocità del successo, parole, dediche sul Cd acquistato ad Officina Giovani e carezze lungo la schiena, raccomandandosi, soprattutto con le sue fans più giovani, che non bisogna piegarla mai, perché amore e libertà, nel vocabolario di Amara, fanno rima con calore e dignità.