MONSUMMANO. “La disonestà intellettuale, in questo Paese, supera quella fiscale. E ce ne vuole. Nonostante tutto, non mi arrendo. Non ha senso”.
È arrivata da poco, Sabina Guzzanti, al teatro Montand di Monsummano. La sala, che l’aspetta per tributarle un lungo caloroso applauso per l’assegnazione della 14.esima edizione del premio Giusti, è già gremita, compreso il primo cittadino, Rinaldo Vanni, felice di potersi sedere accanto ad una delle voci più stonate di un coro composto, principalmente, da montoni ammaestrati da Panurgo. Soprattutto di fotografi e colleghi: vederla, una delle pochissime donne che si ostinano a fare satira e controinformazione, non capita spesso.
Beh, è normale che di Sabina Guzzanti, come di suo fratello Corrado, del resto, passando in rassegna Daniele Luttazzi e qualche altro imperterrito satiro, se ne siano perse le tracce, soprattutto sui canali nazionali e ufficiali dell’informazione catodica. Un motivo ci sarà, del resto, perché l’Italia è ormai al 178esimo posto a proposito di libertà di stampa, alle spalle dei Paesi che contano, naturalmente, ma anche di quelli difficilmente rintracciabili sulle carte geografiche, che noi, popolo di tossici assuefatti al nulla, ci permettiamo spesso di annoverare tra quelli del terzo mondo.
Con lei, sul palco del teatro, in sequenza, salgono prima la giovanissima Viviana Faschi, di Varese, che la giuria del premio ha voluto insignire tra le centinaia di opere prime; dopo è la volta del poeta Giacomo Trinci, pistoiese doc, anche lui omaggiato da questa nuova edizione del premio, nato, utile ricordare, per volere dell’Avis, presente, in teatro, in grande spolvero, a cominciare dalla sua Presidente della sezione monsummanese, Patrizia Calamante, a ricordare l’indispensabilità delle donazioni, gratuite e fondamentali.
“So che questo premio che oggi mi consegneranno – ha aggiunto Sabina Guzzanti – ha degli illustri predecessori. Un motivo in più perché me ne rallegri: un altro bel passaggio della mia esistenza spesa a non volermi dare per vinta. In un momento come questo, poi, in un paese dove si ignorano le elementari regole di convivenza democratica, salvo poi scoprirci, improvvisamente, tutti dei charlie”.