PISTOIA. Presente italiano, il primo (e ultimo, dice Franco Maresco) Festival del cinema italiano, è quasi tutta farina del suo sacco. Se lo può permettere, Michele Galardini. Anche se ad occuparsi dei films e del loro fascino, ha iniziato non proprio da bambino.
“Non è stata una passione adolescenziale – ammette Michele Galardini, 30 anni, laureato con una tesi sui Simpson, un attimo prima di prendere il microfono e, sotto il palco del Piccolo Teatro Bolognini, presentare la quinta serata del suo manufatto artistico –. Mi sono avvicinato al cinema subito dopo essermi diplomato. Ma non è stato un accostamento puramente emotivo: mi sono sempre preoccupato, da subito, di dare un ordine e una logica alle proiezioni e allora ho ritenuto opportuno dare un criterio a questa nuova passione. Alle Università di Pisa e Bologna ho approfondito ulteriormente gli studi e ora eccomi qua. Il viaggio inizia ora”.
Non è vero. Michele Galardini ha iniziato a sondare i meandri cinematografici già da qualche tempo e alcuni contesti ne hanno anche certificato la sua competenza: riviste specializzate e, due anni fa, anche il quotidiano online ReportPistoia, diretto da Alberto Vivarelli, che lo ha addirittura nominato, sul campo e con i galloni, caporedattore.
“A Report non ci sono più – aggiunge Michele –, ma ho continuato a tenere vivi parecchi contatti con i mezzi di informazione e mi auguro che quanto prima riesca anche a trovare un lavoro, perché di Festival, come mi ha sentenziato Maresco, non si vive: mi auguro che la necessità coincida e si soddisfi con i desideri”.
A proposito di Franco Maresco, nella giornata inaugurale della manifestazione, inviato come padrino dell’evento, il vate siciliano ha più volte ripetuto, ridendo, che questo Presente italiano è il primo ma anche l’ultimo Festival.
“E ha ragione – afferma prontamente Galardini –. Sto imparando molte cose, giorno dopo giorno, con questa manifestazione e sono perfettamente consapevole che con questo taglio, Presente italiano non ci sarà più. Ma questo non vuole assolutamente dire che la manifestazione ammaini bandiera bianca. Anzi, sono convinto che le prossime edizioni saranno ancora più interessanti”.
Critico, probabilmente, non desidera essere chiamato, Michele, anche se il naturale epilogo, che è in realtà la sua naturale consacrazione mediatica, di una così massiccia conoscenza, sta proprio in questa definizione, che è un vero e proprio timbro ad origine controllata.
“Chiunque si avvicini al cinema con la mia stessa totale compartecipazione – dice ancora il giovane ma esperto Galardini – sogna, in qualche modo, di dare al cinema il suo personalissimo contributo: mi piacerebbe scrivere una pagina, del cinema italiano”.
Il tempo incalza. Manca davvero poco alla prima proiezione della quinta giornata della manifestazione. Anche se non nutritissimo, il pubblico del piccolo teatro Bolognini aspetta la sua breve, precisa e per nulla spocchiosa presentazione, quella che introdurrà il pubblico tra i vicoli della doppia proiezione.
“Non esiste un film, né un genere che mi abbia spinto ad avventurarmi in questa meravigliosa esperienza che è lo studio forsennato del cinema – conclude Michele Galardini –. Sono completamente convinto, però, che più si conoscono elementi, nel cinema, meglio si riesce a lasciarsi emozionare dalle pellicole. Non c’è insomma il rischio di essere condizionati dal nostro bagaglio: più si ha materiale di comprensione, più si capisce”.
“Pistoia misoneista? Ma no, tutte le città soffrono di fronte ad una novità: ci vuole tempo, pazienza e argomenti per essere e diventare convincenti”.
“Un film che mi ha segnato, c’è, anche se non ha forse lo stesso effetto che una canzone può forse avere su un aspirante musicista: La finestra sul cortile, di Hitchcock. Quei venti secondi di piano-sequenza con i quali la telecamera, in completo silenzio, si sofferma su James Stewart, lasciando capire praticamente tutta la sua vita, è una lezione che non scorderò mai. E che ogni tanto ripasso”.