PISTOIA. Esiste una deontologia professionale anche per gli avvocati, quelli che il Manzoni chiama azzeccagarbugli. Come tutte le categorie professionali hanno una loro tariffa anche secondo la loro supposta valentìa: in alcuni casi la valentìa è direttamente proporzionale all’età e a tutti i logoramenti che il tempo impone. L’ardore si affievolisce al pari delle altre velleità, e la ragion pratica prende il sopravvento sulla ragion pura (interpretazione casereccia!).
Poiché i casi giudiziari sono divenuti accadimenti da televisione, con contorno di criminologi e psicologi, ovvero una gabbia di matti, siamo portati a credere che anche il caso “G.S.” e della Comunità Montana e degli ammanchi lo sia.
Quando abbiamo saputo – e qui entriamo seriamente nel cuore del problema – che il 18 febbraio il difensore del “G.S.” aveva depositato la richiesta di rito alternativo abbreviato, con proposta di condanna del medesimo a quasi quattro anni e risarcimento, secondo i calcoli della giustizia e del suo codice, e che il giudice preposto aveva risposto negativamente alla domanda, ci siamo domandati quale altra mossa il difensore avrebbe potuto proporre. Stiamo parlando di un “reo confesso” non accusato di autocalunnia e quindi “affidabile”.
È una domanda alla quale non troveremo risposta, visto che il difensore ha “rimesso il mandato” ed il “G.S.” è rimasto, come si suole dire, in braghe di tela e , ovviamente, non parla. L’evento, forse, meritava un comunicato ufficiale. Che non c’è stato.
Cosa è successo? Solo l’avvocato difensore o il “G.S.” potrebbero spiegarcelo, dato per sicuro – vogliamo sperare – che l’avvocato difensore non avrà certamente rimesso il proprio mandato per “vile pecunia”.
Conoscendolo nei suoi trascorsi di boy scout, di paladino del popolo ma pluritrombato (alle elezioni comunali e provinciali) , converrete, qualcosa non torna.
Diversità di vedute sulla strategia processuale? Idiosincrasia personale? Cessazione di quel rapporto di fiducia fra cliente e professionista, che nasconde il tutto ed il niente?
L’unica cosa che dovrebbe apparire certa è che questo “divorzio” non avrebbe motivi di carattere pecuniario relativi al rapporto avvocato/cliente: lo dice la vox populi e poiché l’avvocato difensore è, anzi era, di “razza compagna”, nessuno si permetta di insinuare il contrario. Garantiamo per questo avvocato difensore: pecunia non olet. La curiosità però, resta.
E resta anche la certezza che un giusto processo si svolgerà a giugno del 2014; con altri attori. Speriamo non con avvocati fluttuanti.