processo politico 1. PLATONE AVEVA L’ACCADEMIA, ARISTOTELE IL LICEO: PISTOIA PUÒ CONTARE SU PROCURA E AULA SIGNORELLI

«Ma per cosa siamo qui? Provate a chiedervelo! Siamo qui – e alza la voce, l’avvocata Elena Giunti, difensore del ragionier non-dottor Romolo Perrozzi, concludendo la sua arringa ieri 7 marzo –… siamo qui per due parcheggi: due posti auto! Capite?»


Secondo i supremi censori del giornalismo nonché filosofi morali e della moralizzazione dei delinquenti abituali, io sarei una sorta di Ercole con la clava: e quando scrivo adopero il randello. O sarà che la procura fa assolvere e condannare a seconda dei casi e delle persone attuali…? Se sono un Ercole, sono un eroe un po’ spelacchiato

 

 

È indignata – almeno all’apparenza, nel contesto della sua “recita” –, forse solo perché deve aver letto, ovviamente in traduzione perché lei non ha fatto latino, le istruzioni di Cicerone per una pronuntiatio ad affetto dinanzi al giudice al fine di suggestionarlo. E ha ragione, la signora Giunti.

In tutto il suo papello, neppure una parola di verità; o solo verità “poetiche” e parziali per omissioni e sapienti silenzi o sospensioni della parola. Ma a questa sua perrozziana verità con cui, in pieno accordo con i Pm Curreli e Grieco, la signora Giunti vuole far passare per misera, squallida, minimale, camuffata in semplice litigio tra vicini, due cani che si ringhiano un miserrimo “ossino spolpato”, senza importanza – come sostengono i due Pm – pubblicistica, manca una verità che un serio giornalista, come io posso dire di essere sempre stato, non dimentica: la verità sostanziale.

Che in questo caso è l’incontestabile comportamento omissivo, se non peggio, di una procura pistoiese che non ha mai studiato, né vuole assolutamente studiare, le carte e i documenti davvero ufficiali e incontestabili: quelli veri, non quelli falsi mostrati e prodotti dalle «autorità costituite» della Gip Patrizia Martucci e che favorivano comunque il ragionier non-dottor Romolo Perrozzi, Ctu del Tribunale. Noto o no al dottor Claudio Curreli? Nessuno vuole rispondermi: cosa mai devo poter pensare, egregia procura di Pistoia?

L’avvocato Elena Giunti, figlia di Marco Giunti, ex sindaco comunista di Agliana, è una giovine scherzosa (e birbante)… Si adira perché dice che voglio impedirle di fare il suo mestiere, ma pretenderebbe di inibirmi l’attività scrittoria e chiede a Coletta di chiudermi Linea Libera. E Coletta (con Curreli) dice no

Alla fine anch’io, che pure non sono credente, dovrò convincermi, come Libero Quarini del Ciclone, che dio c’è e non come diceva Fassino, quando “aveva una banca”, perché ci aveva sempre creduto.
Io dovrò resettarmi perché c’ho avuto le prove ieri mattina – 7 marzo 2022 – in Aula Signorelli, dentro il palazzo delle massime «autorità costituite» care alla Gip Patrizia Martucci e garanti assolute della legalità e del rispetto delle leggi.

I massimi filosofi morali (dico: la procura di Pistoia e gli avvocati, misti e di vari [dis]ordini) ieri mattina hanno tenuto una serie di lectiones magistrales di altissimo livello e cultura sublime, come quando Massimo D’Alema (alias “Baffino”, il venditore di armi) venne a tenerne una, di politica estera, all’Università per Stranieri di Perugia, dove insegnavo lingua e letteratura latina. Era stato invitato dall’allora ministra dell’istruzione Stefania Giannini, rettora con la mania di prendere il sole sulla spiaggia, d’estate, a “puppe nude”.

Intanto, io, Edoardo Bianchini, fragilissima nullità della realtà vannifucciana, ieri mattina ho avuto l’attenzione di ben 2 accusatori in aula 2: Claudio Curreli (discese infìn dal cielo, mentre fino a ieri il sostituto che traghetta clandestini in Italia perché sta dalla parte di Terra Aperta, s’era reso [o lo avevano reso?] latitante; e Giuseppe Grieco).
Non so se Totò Riina abbia mai avuto il piacere e l’onore d’avere due accusatori in aula interamente dedicati a lui e ai suoi – come scrive sempre la procura –  «disegni criminosi» da mazziare.

Poi, per non essere da meno dei due illuminati esegeti del codice penale – che hanno cambiato i capi di imputazione, cioè le regole del gioco, contro me e Alessandro Romiti, nel corso della partita: del resto la procura pistoiese è usa da sempre inventare reati che non esistono e trattare la legge come l’impasto zuccherino dei duri di menta tipici dei chiccai di Lamporecchio (per chi non capisce: come il pongo o la plastilina); poi, per non essere da meno, dicevo, è toccato alla classe avvocatile, i puri spiriti che alitano, aleggiano e svolazzano intorno a dio nella candida rosa.

Alberto Manfredi, Mimosa d’autore. Cancellate anche la storia dell’arte contemporanea

Ma non è vero che gli angeli non hanno sesso: in Aula Signorelli, a Pistoia, essi sono per ¾ F e per appena ¼ M. Ai ¾ F di ieri va dedicata almeno una “caccola di mimosa” – come mi ha scritto stamattina un’ex-allieva, avvocata, provocatrice e livornese, moglie di PM labronico, occhio! – che evidentemente, e giustamente, non crede agli omaggi ipocriti di questa civiltà di comunisti e catto politicamente corretti solo per un giorno all’anno.

Altro che il mega-presidente galattico dell’ordine dei giornalisti, Carlo Bartoli! Nel far lezione di deontologia a me che, di giornale, mi occupo dal novembre del 1967 e senza mai problemi finché non ho fortunatamente trovato tutti coloro, fra PM e Avv., il Bartoli, che teneva dignitosi corsi di deontologia, è sbiadito, mostrandosi né più né meno pallido come un neonato ebreo non ancora circonciso. In altri termini un vero e proprio putèo de Venexia, ciò!

I due sostituti della procura pistoiese, che non ha mai esperito nessuna indagine di nessun tipo sui fatti e gli atti da me segnalati in quasi due anni di articoli (perché? Chi deve essere protetto? Il ragionier non-dottor Romolo Perrozzi?); una procura, quindi, che pur essendo tenuta a verificare e indagare ha, volontariamente e in maniera irriducibile, rifiutato di sottostare al principio costituzionale dell’obbligatorietà dell’azione penale: Curreli-Terra-Aperta e Giuseppe Grieco mi hanno impartito severe lezioni di come si deve fare giornalismo senza utilizzare la clava e, in buona sostanza, mi hanno dipinto come un Ercole violento e avvinazzato, persecutore e malvagio, delinquente abituale, elemento socialmente pericoloso, ribelle (questa è vera nei confronti di chi non segue una strada segnata e legale), ostinato (anche questa è vera) e indegno di far parte del contesto sociale italiano.

Ci credo: non riconosco, infatti, questo contesto “civile” come mio, dal momento che le mie soglie morali credo che siano (e non per superbia) lievemente più alte di quelle dei giornalisti pistoiesi cui fu detto, senza mezzi termini: «Se parlate di quel processo lì, con noi avete chiuso!». Parole di Pm, spirito di Totò Riina.
L’essere al di fuori del contesto di questo tipo di società, non mi turba affatto: mi bastano l’affetto e la stima di centinaia di miei ex allievi, tranne ovviamente, qualche sporadico caso di testa-di-cazzo che, più o meno demente, presumeva di essere un premio Nobel pur affetto da vagabondaggine cronica irrecuperabile.

L’avvocata strilla perché io pubblico dati sensibili (quali scusate?) del suo cliente Perrozzi, ma lo stesso suo ordine pubblica i dati sensibili di lei. Perché non fa la voce grossa anche con i suoi colleghi?

Ieri mattina, 7 marzo 2022, mi sono dovuto puppare queste forzate lezioni di esperti di giornalismo e censori del politically correct sinistrorso, come se dovessi essere inquisito e punito per pedofilia ma da qualche ottimo don che, magari, fra un rosario e una novena, incula i bambini in sacrestia.

Mi è stata perfino propinata, a mo’ di clistere di yogurt, stile quelli da dottor Kelogg (vedi Morti di salute) una lectio magistralis su Indro Montanelli, sulla clava di Ercole e su cosa dèvesi intendere per sàtira: che, dall’alto dei loro pulpiti di «autorità costituite», è deciso che deve far ridere, mentre la mia fa raggricciare la pelle e disgusta.

Consiglio a tutti un corso accelerato di latino, sia pure elementare, onde arrivare a comprendere pienamente il significato di sàtira dall’espressione che può rappresentarla: castigat ridendo mores.

Sia Claudio Curreli che Giuseppe Grieco – e lo dico con somma sconsolazione – fanno parte di un team che, osservando nei fatti ciò che è accaduto a me anche in relazione agli arresti domiciliari, sembra incline a infrangere i propri doveri se, com’è stato nei fatti, nessuno si è degnato di controllare i falsi documentali e i falsi condoni di Quarrata, o le false e illecite concessioni di permessi, come quelli che alcuni cittadini (Perrozzi incluso) hanno ottenuto e ottengono da quel Mazzanti che, a mio parere, dovrebbe essere messo sotto inchiesta (insieme anche alla procura pistoiese, però) per ipotesi di omissioni di atti d’ufficio, abuso di potere, abuso d’ufficio, favoreggiamento e chissà cos’altro.

Tutto questo insieme aritmetico (avvocati compresi) non dovrebbe essere redarguito, ripreso e censurato a dovere per le macroscopiche falle operative, ben più gravi, credo, del riportare che il sindaco Benesperi è noto, ad Agliana, col soprannome di cacaiola?

Certo, ogni volta che le «autorità costituite» hanno mosso la polizia giudiziaria (specie CC) il risultato è stato quantomeno devastante, dato che non di rado gli investigatori altro non hanno fatto che andare dai sottoposti a indagini (e per lo più loro ben noti…) e rivolgere loro questa domanda: «È vero che sei responsabile di questo fatto?».

E il comandante dei vigili di Agliana, deposto dal Consiglio di Stato, Andrea Alessandro Nesti, cosa avrebbe dovuto rispondere? , tradendo se stesso? Nessuno, per legge, è tenuto a consegnarsi alla giustizia. Epperò i CC di polizia giudiziaria di documenti segnalati non ne hanno voluto sapere: troppo difficile e faticoso leggerseli?

Ci sono, in questo maxiprocesso politico, esempi macroscopici di illegalità che possono essere fatti tacere solo sopprimendomi fisicamente: fino ad allora – e finché la squadra di Coletta non smetterà di giocare ai sofismi con gli avvocati che ruotano intorno ad essa come satelliti gioviani – ha voglia l’avvocata Giunti ad alzare ciceronianamente la voce, scandalizzata perché continuo a battere sempre lo stesso chiodo! Sono ben disponibile a darle qualche ora di lezione per farle capire il famoso aforisma repetita iuvant.

Perrozzi non è un semplice cittadino. È un professionista che si pubblicava “dottore” senza esserlo. È ben noto, svolge anche funzioni pubbliche ed è perfino Ctu del tribunale di Pistoia. Dunque qualcuno ci risponda: è noto o ignoto al sostituto Claudio Curreli che ha imbastito un processo in sua difesa senza voler vedere altro?

Voglio però andare oltre i due filosofi morali (Curreli-Grieco) e parlare anche della mia (per parte di Perrozzi) grande accusatrice, un’emula vera di Meleto nel processo a Socrate: l’avvocata Elena Giunti, scaltra, preparata e in grado di svolgere bene la difesa, ma che – e qui la richiamo io, povera caccola di professore nullacontante, alla deontologia del suo augusto [dis]ordine professionale –, scorrettamente perché in maniera meramente suggestiva, non ha fatto altro che ripetere che ogni cosa da me scritta è falsa.

Ne ha omesso, però, accuratamente le prove. L’avvocato – e non solo il giornalista –, cari avvocati dell’accusa, ha il dovere:
1) di informarsi accuratamente sulla verità delle ragioni del suo cliente. Perciò, prima di accusarmi di falsità, stalking, e calunnia, la signora Elena Giunti si sarebbe dovuta esaminare e studiare accuratamente le carte pubblicate; ma ha preferito fare la gnorri come Coletta & C. Quindi merita una bella bacchettata sulle manine;
2) l’avvocato ha il dovere di non fare pressione psicologica sul giudice, perché anche lui è un uomo e non un dio. Sicché raccontando straballe al dottor Gaspari, dipingendo la situazione di casa Perrozzi come una sorta di attacco russo a Kiev, ha, di fatto, falsato il quadro dei fatti.

Non solo quello che io ho narrato e presentato nei miei articoli (o, come dicono offensivamente i Pm, specie Curreli, pseudo-sostituto a causa della sua attività di Terra Aperta e la potenziale sua incompatibilità con la presenza della giudice Nicoletta Curci, sua moglie, nello stesso tribunale – “pseudo-articoli”); non solo è tutto vero, limpido, lineare, scritto nero su bianco, documentale e perciò verificabile (ma mai verificato da nessuno); ma, ad esempio, il certificato medico di Giada Perrozzi, che la rappresenta gravemente compromessa dopo che il nome del padre è comparso 1 e 1 sola volta, in 1 e 1 solo articolo (lo hanno verificato, questo, la signora Giunti o l’intera procura? Se non lo hanno fatto, tacciano) è confezionato, oltretutto, da Sabrina Sergio Gori: la sindaca più inutile di Quarrata che mi detesta e mi querela perché la conosco da sempre, da quando – ad esempio – veniva redarguita alla scuola media per episodi di incontinenza comportamentale.

È fededegno, per l’avvocata Giunti e per la rigorosa procura di Coletta, un certificato di tal fatta? Il dottor Gaspari dovrà pur prendere coscienza di questa taciuta perrozzica verità, se non vuole fare come ha sin qui fatto l’alta scuola di filosofia morale della procura di Pistoia che, di documenti, mostra non averne letti (o non averne voluti leggere) neppure uno.

Viene in aula, l’avvocata Giunti, e le spara: Feuerwerksmusik, musica per fuochi d’artificio. Anche il ragionier non-dottor Romolo Perrozzi, ci narra, è danneggiato dalla stalkingheria del Bianchini.

Lui non sviene come la figlia. Lui – se ho ben capito – ha un occhio mafone che gli trema. Gli trema tutto il giorno. Ho capito bene? Somiglia, per intenderci, al Benigni con mano terremotata e che è oggetto di indagine da parte del dottor Randazzo in Johnny Stecchino, pensate! Io, per chiarezza, mi sono tenuto più di un anno, nel 2020, il cosiddetto dito a scatto: eppure non ho presentato nessun certificato medico per accusare qualcuno di danni alla Benigni!

Il pover’uomo, inoltre; il calunniato dal Bianchini (la procura è formidabile nelle interpretazioni), per sopravvivere ai suoi terrori indotti dal maligno giornalista, che peraltro lo ha visto, a 4 occhi, solo il 31 dicembre 2008 e mai più, durante una poco nobile vuotatura di fossa biologica con aggiunta di insulti, ha dovuto realizzare un impianto di videosorveglianza da 7 mila (ho capito bene, avvocata Giunti?) euro.

Ma pensate che sculo! Nel giro di due o tre mesi, al ragionier non-dottor Romolo Perrozzi, Ctu del tribunale di Pistoia, entrano in casa e… che gli rubano, fra l’altro? Nientepopodimenoché… l’hard disk della della sua videosorveglianza.

Ha anche fatto una denuncia per furto contro anonimi. Ma ha sbagliato. Perché l’avvocata Giunti non gli ha dato la dritta buona? Se lo avesse opportunamente indirizzato dal luogotenente Salvatore Maricchiolo, il sottufficiale che indaga per un anno intero (diretto da due sostituti, Leonardo De Gaudio e Luisa Serranti) sul furto presunto di una chiave, si sarebbe certo venuti a capo di tutto, scoprendo Bianchini e Romiti come responsabili da arrestare non diversamente da Lara Turelli, claudia Vilucchi, Silvia Sarno e chissà quanti altri…

Avvocata Giunti, il codice fiscale non è un dato sensibile. Si arrenda all’evidenza dei fatti e della legge. Sono io che ho il diritto di indignarmi perché per “due miseri parcheggi” Curreli & C. hanno scatenato la guerra atomica di Putin

Infine, s’adira, l’avvocata Giunti, per il fatto che ho pubblicato stralci del contratto di acquisto di terre e castella di Perrozzi & gentile consorte, senza oscurare i dati sensibili? Ma quali? Lo stesso ho fatto quando ho risposto all’avvocata Diletta Lastraioli, in forma di vis comica o di italum acetum (l’invito a venire a lezione gratuita di latino è valido anche in questo caso). Per smontare questa tesi fuorviante, ora pubblicherò foto e dati sensibili – come dice la signora Giunti, senza sapersi quel che pronuncia. Tutta roba pubblica su internet e su Facebook?
Se crede, ora, mi quereli anche lei, ma qui sì, che siamo dinanzi al ridicolo!

E ancor più bella di tutto è la violazione della riservatezza del mio telefono cellulare che è stato opportunamente ficcanasato, come dal sostituto Giuseppe Grieco, anche dalla pugnace difenditrice del ragionier non-dottor Romolo Perrozzi (la sua laurea è come quella del Trota, ricordate?).

Senza assicurarsi di essere certa di impicciarsi degli affari miei, è andata a leggersi una chat che sì, interessava il ragionier non-dottor Romolo Perrozzi, ma ha ficcanasato in una chat di mia nipote.

Sarebbe contenta la Giunti se io ficcassi il naso in una chat di lei con suo padre, Marco Giunti? Si sente soddisfatta dello sputtanamento nei miei confronti in aula? Se ne sentono soddisfatti PM e giudice, visto che nessuno di loro ha battuto ciglio o fiatato?

Mi si risponda a queste domande, tutte, prima di decidere cosa fare di me, per favore:

  1. è cosa lecita che il sostituto Claudio Curreli lavori in materie affini a quelle della moglie, Nicoletta Maia Curci, che opera, come giudice delle esecuzioni, nello stesso tribunale di Pistoia? Anche voi, avvocati, dove state di casa…?

  2. è cosa lecita che il sostituto Claudio Curreli possa operare in Pistoia sia come inquisitore della procura che come coordinatore delle Coop dei clandestini, senza che nessuno obietti niente? Tanto le grane sono di quelli di Vicofaro, vero…?

  3. è comportamento lecito e morale che tutti (a partire dagli avvocati stessi che mi impartiscono lezioni di deontologia professionale giornalistica) siano al corrente della situazione-Curreli, ma facciano tranquillamente finta di nulla? E se la materia di cui ai punti 1 e 2 non è lecita, tacerne non è prova di comportamento mafioso?

  4. il sostituto Curreli e tutti i suoi sostenitori in procura (in testa, ovviamente, il dottor Tommaso Coletta) hanno mai svolto indagini per accertare la verità o la falsità dei documenti forniti alla diatriba dal sindaco Marco Mazzanti per interposti dipendenti e tecnici? Io non credo: o la storia si sarebbe chiusa il giorno seguente al primo mio articolo e non avremmo scandalizzato l’avvocata Giunti con una irrilevante litigata da gora di due vicini.

  5. se nessuno vuole rispondere a questi interrogativi, posso pensare, anche a voce alta, che a Quarrata e a Pistoia ci sono comunque dei privilegiati che godono di favoritismi indecenti?

  6. una giustizia amministrata in questi termini, è compatibile con un paese che osa definirsi democratico?

L’avvocato può stracciare il giornalista dicendo che non si informa come dovrebbe e che scrive solo menzogne, ma si esime disinvoltamente dal leggere le carte (tutte) del suo cliente, come ha fatto la procura di Pistoia? Cosa sa, precisamente, l’avvocato Giunti del Perrozzi? Solo quello che dice il suo cliente? Non basta, amici! Non sono un’aquila, ma anche se non sono un avvocato o un pubblico ministero, non credo proprio che si possa ragionare così

 

Con questo, sul tema Perrozzi passo la boccia a: procura di Pistoia (dottor Coletta, dottor Curreli, dottor Grieco); avvocati perrozzici; luogotenente Salvatore Maricchiolo; sindaco Marco Mazzanti di Quarrata e tutta la sua struttura tecnico-amministrativa falsaria, giunta e consiglio compresi; polizia giudiziaria dei CC, che hanno toccato diverse questioni connesse a questi aspetti, uscendosene con conclusioni a dir poco grottesche se non falsate da elementi di manifesta illogicità che ne annientano il valore probatorio.

Ecco cos’è successo, ieri 7 marzo 2022, in Aula Signorelli. E che nessuno faccia il furbino o, come dice la sinistra politicamente corretta, il furbetto.

Anni fa il direttore dell’Accademia di Firenze, Alberto Manfredi (†), immaginò come vedete più su, la festa ipocrta della mimosa… Orsù, cancellatelo dalla storia culturale d’Italia!

Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]

 


 

NOTA PER ELENA GIUNTI

 

Senza parole

Lo decide l’autore in quanti capitoli suddividere la narrazione. In questo caso «processo politico. 1» e poi 2, 3, 4 etc… La narrazione può avere anche riprese e digressioni; ritorni e altro. Commenti ad abundantiam, allusioni e quant’altro.

Se lei crede che io divida il mio pensiero in troppi capitoli, fa la stessa considerazione, assai poco intelligente, che il re rivolge a Mozart, quando lo rimprovera dicendogli che l’opera che ha appena diretto è bella, ma… la musica contiene troppe note.

La risposta del genio è semplice, famosa, immediata e sagace, almeno in Amadeus, film esemplare assolutamente da vedere: «Maestà, se le note sono troppe, levi lei quelle che sono in sovrappiù».


Di cosa dovrei pentirmi? Di avere scritto solo la verità?


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