«QUANDO A PISTOIA LE CASE ERANO CHIUSE»

la locandina per la presentazione del libro
la locandina per la presentazione del libro

PISTOIA. Il libro di Grazia Villani, Quando a Pistoia le case erano chiuse, ricostruisce il periodo storico che dal Decreto Cavour del 1860, istitutivo delle case di tolleranza, arriva fino al 1958. In quell’anno entra in vigore la legge promossa dalla senatrice socialista Lina Merlin, che abolisce definitivamente la regolazione della prostituzione da parte dello Stato e, più in generale, si propone di reprimere lo sfruttamento della prostituzione altrui.

Un secolo analizzato dalla doppia prospettiva, nazionale e locale, e, almeno per quanto riguarda Pistoia, sulla base di inediti documenti d’archivio, costituiti in gran parte dai registri del tribunale civile e penale e dalle cartelle ospedaliere e della prefettura.

I diciassette capitoli del volume rivisitano in maniera inedita, riportando anche l’eco del dibattito pubblico e le cronache dell’epoca, la storia sociale e del costume di un’Italia appena costituita fino agli albori del boom economico. Una dimensione temporale limitata ma assai densa di cambiamenti, sofferenze, ideali e forti contraddizioni, in cui accettare la rappresentazione del mestiere più antico del mondo rimane per molti aspetti un tabù, al punto che il decreto ministeriale che dava la stura ai casini non apparve mai, per pudore, in Gazzetta Ufficiale.

La prevenzione sanitaria costituisce la ragione primaria dell’intervento pubblico nel campo dell’amore a pagamento: la sifilide aveva causato più vittime delle guerre risorgimentali e la salute dell’esercito, da cui dipendevano la difesa e le sorti dello stato, diventa così priorità nazionale.

Dalla Tripolina
Dalla Tripolina

Compaiono per la prima volta gli umilianti libretti identificativi delle professioniste del sesso e la schedatura ad opera della Pubblica Sicurezza; la vessazione più grande al contempo più invasiva è comunque l’obbligo della visita sanitaria bisettimanale.

Nel tempo e nello spazio la terminologia usata per identificare le cocottes si arricchisce e varia adattandosi all’antropologia dei luoghi. Al netto di alcune ricostruzioni letterarie e forzatamente edulcorate o mitizzate, la donna che svolge il meretricio rientra nel paradigma culturale di una società che relega il genere femminile in una condizione subalterna rispetto all’uomo e totalmente ininfluente nella vita pubblica: dietro al fascino di sguardi, parole audaci e provocanti vesti succinte, si cela quasi sempre un retroscena di miserie e degrado. La sera le ragazze non devono uscire, per non incontrare e imbarazzare i clienti; ogni due settimane, per evitare la nascita di relazioni sentimentali, vengono trasferite in altre città.

A Pistoia si sceglie di collocare le case d’appuntamento in via Tomba, sia per rispettare l’esigenza di tenerle al riparo da scuole e chiese, sia per renderle accessibili ai forestieri, che entrano comodamente da piazza San Lorenzo, passando sotto al celebre archetto ancora oggi visibile. Norme ferree dettano la suddivisione degli spazi interni ai locali.

Nell’arco esaminato la città cambia lentamente, conoscendo il progresso portato dall’elettrificazione, dal gas e dai motori. Con la belle époque compaiono luoghi organizzati per la socializzazione e lo svago, di pari passo con le tendenze in voga; nel ventennio l’autarchia forzata impone che anche le signorine siano italiane e che inventino qualche espediente per appagare il gusto esotico dei clienti. La seconda Guerra Mondiale porta, con i bombardamenti, tante macerie e miseria: forse per questo la voglia di ricostruire è forte e quella di riprendere a vivere non si fa attendere.

Proprio nel periodo postbellico ci sono dettagli e informazioni sui quattro casini di via Tomba e sull’umanità ad essi collegata. Si riesce a così, tra ricordi e suggestioni di vecchi clienti, a storicizzare una realtà ritenuta indegna di essere tramandata e ad arricchire una memoria collettiva che si integra su quella già abbondantemente disponibile. Si ha per esempio possibilità di tracciare un vago profilo della Natalina, maîtresse all’epoca della chiusura dei bordelli che aveva iniziato la carriera come prostituta.

Targa delle tariffe
Targa delle tariffe della «Stimata Casa»

In definitiva la pubblicazione, scritta in maniera accattivante e narrativa, ma arricchita da quel meticoloso rigore scientifico fatto di note e fonti documentarie, prerogativa degli storici di professione qual è l’autrice, getta un formidabile ponte vero il passato recentissimo dei pistoiesi; un passato ancora vivo nella mente di nonni e zii, che avrebbe rischiato un inglorioso oblio ma che, fortunatamente, viene restituito alla comunità pistoiese anche come base per ulteriori indagini di carattere storico.

Grazia Villani, archeologa e antropologa, attualmente curatrice scientifica del Museo Civico e del Minatore di Buggerru (Carbonia-Iglesias) e collaboratrice di riviste locali, nazionali e internazionali, ha contribuito alla produzione di alcuni articoli della prestigiosa rivista Storia Locale. Quaderni pistoiesi di cultura moderna e contemporanea.

Alla domanda su quale sia stata la genesi del volume, precisa che il presupposto di partenza è la passione per la storia e la predilezione per argomenti inediti, che permettono la scoperta di nuove conoscenze ed emozioni. Tutto è nato dalla curiosità, suggerita dagli attuali e ricorrenti dibattiti sulla possibilità di riaprire le case chiuse, di approfondire un passato recente e poco conosciuto. Hanno poi contribuito l’interesse per le persone comuni, generalmente ignorate dalla storia ufficiale, e l’urgenza di indagare un tema i cui protagonisti diretti sarebbero inesorabilmente scomparsi lasciando nella dimenticanza un mondo ormai concluso.

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