CUTIGLIANO. A Gabriele Cecchini, un falegname cutiglianese ora poco più che cinquantenne, dopo le nozze e la successiva nascita della figlia, venne scoperta una penosa disabilità che in pochi anni lo ha fiaccato nel corpo e nell’animo.
La notizia del Parkinson lo colpì come una mazzata che – oltre ad impedirgli di svolgere il suo normale lavoro di valentissimo artigiano – lo fece precipitare nella più profonda depressione. Fortunatamente il trascorrere del tempo, le amorevoli cure della moglie e della figlia, la vicinanza di amici e parenti sono poi riuscite a tirarlo fuori da questo abisso e a far nascere poco a poco una vena poetica del tutto insolita in una persona con la licenza della scuola dell’obbligo.
La sofferenza infatti è riuscita a diradare le nubi più fosche e a fare uscire da questa sorta di crogiolo, versi struggenti come in questa poesia.
“L’altro io”
< Mentre tutti gli altri sognano / lavorano, soffrono, si divertono / insomma vivono / ma comunque soli con se stessi / io son costretto a vivere / con un altro dentro. / Un altro uguale a me, identico / solo che è duro sopportare . / Lo devo accudire, sorvegliare / devo stare attento a come cammina / a come mangia, a come si veste /stare attento a tutto quello / che sbadatamente fa. / Come una mosca mi infastidisce / mi irrita, mi sfida. / Vorrei mandarlo via, schiacciarlo magari / ma lui è più forte di me / è lui che mi domina. / Arriva di nuovo la sera / spero che riesca ad addormentarsi / prima di me. / So che non potrò più liberarmi di lui. / So che non potrò più dormire da solo. / Ma ormai mi sono rassegnato, / buona notte mio signor Parkinson>/.
Gabriele – che prima teneva le sue poesie soltanto per se– ha poi deciso di farle conoscere agli amici e, successivamente, a partecipare nel 2013 ad alcuni concorsi nazionali di poesia dove ha raccolto significative affermazioni fino a piazzarsi nei primi e secondi posti .
Vinta la naturale ritrosia ha recentemente chiamato gli amici a valutare altre sue poesie in un volumetto da lui stesso approntato e stampato (con il pc) cui ha dato il titolo “Le mie impronte”. Eccone alcune:
“Caleidoscopio”
“Sono restio a parlarti di me/ ho una scorza ruvida e impenetrabile, però se mi conquisti/piano piano mi apro/ e tu scoprirai tante sfaccettature/ che mandano colori riflessi/ un caleidoscopio insospettabile. / Ti stupirai delle mille cose/ che amo, che faccio/ che curo. /Ti stupirai delle cose belle/ e dei miei tanti difetti, / caleidoscopio in bianco e nero./ Così è per molte persone/ che, conoscendole meglio,/ ti lasciano meravigliati,/ caleidoscopi multicolori/ nascosti ed introvabili./Basterà andarli a cercare”.
“Clessidra”
“Scorre la sabbia nella clessidra/ della mia vita/ granelli che spariscono /fra le mani del tempo./ Granelli dolorosi e neri/ o bianchi luminosi di felicità. /Ce n’è uno grandissimo e rosa,/ bello da far paura./ Moltissimi sono grigi, un pò opachi, / ma grigio chiaro quasi bianchi./ Alcuni rossi, combattimenti all’ultimo sangue/ o verdi pieni di speranza./ Quelli che stanno scorrendo ora,/ sono grigio azzurro, tempo di relativa serenità./ In questa mia clessidra ho granelli di tutti i colori, segno di vita/ interessante e vissuta./ Non importa se alla fine , come tutti,/ non potrò capovolgerla di nuovo./ Va bene così’, non ho rimpianti.
Silvio Lenzini