QUANDO PER CAPIRE LA LINGUA NON SERVE

La famiglia Macaluso quasi al completo a Lo Spazio
La famiglia Macaluso quasi al completo a Lo Spazio

PISTOIA. Mancava solo una delle sette sorelle, oggi pomeriggio, sabato 11 aprile, alla libreria Lo Spazio, in via dell’Ospizio, a Pistoia, nel rituale incontro che lo staff dei fine settimana del teatro Manzoni organizza con il pubblico.

Non ci avventuriamo nel dire chi fosse perché i dati anagrafici dei dieci mattatori del capolavoro di Emma Dante, Le sorelle Macaluso, in scena ieri, stasera e domani pomeriggio, alle 16, non li sa nemmeno Saverio Barsanti, Direttore artistico dell’Atp, nonché odierno moderatore nella sala da the pistoiese. E visto che lo abbiamo citato, Saverio, ci sdebitiamo immediatamente, ringraziandolo, anome della città tutta, per essere riuscito a portare al Manzoni uno spettacolo così toccante, importante, diverso, sublime.

E la bellezza di ieri, argomentata nella recensione dello spettacolo, si è fortificata oggi, nell’incontrare i dieci artisti in borghese, allo Spazio, dove, anche restando parecchio abbottonati per non svelare troppo ai molti presenti che non hanno ancora assistito allo spettacolo, si sono lasciati andare a confidenze sceniche e teatrali ulteriormente utili a definire questo testo di Emma Dante, già nota alle forze del disordine, un vero e proprio capolavoro. Così è stato percepito dalla stragrande maggioranza del pubblico, che ha ribadito il concetto di come quella lingua così incomprensibile, aspra e dura, il siciliano, diventi, con il veloce trascorrere della rappresentazione, uno strumento aggiuntivo che regala alla sinfonia dell’opera la sua ulteriore magnificenza.

“Siamo stati due anni a lavorare sul testo – racconta Sandro Maria Campagna, che veste gli abiti del padre delle sette sorelle Macaluso –. Ci siamo incontrati, per una decina di giorni, una volta ogni tre mesi. Con Emma Dante è l’idea centrale che deve servire a sviluppare il testo e non il contrario. Ci si muove al contrario: si parte dal cuore del problema per poi dargli la parola, i gesti, la musica, l’armonia, il dolore, le risposte”.

Operazione riuscita perfettamente, grazie soprattutto al camaleontismo dei protagonisti, carichi di energia che rinnovano di recita in recita, di teatro in teatro, dove incontrano, sistematicamente, alcune resistenze iniziali, che sono quelle, plausibili e condivisibili, di non riuscire a decifrare le parole, le conversazioni, il senso dei dialoghi. Ma basta non farsi prendere dal panico, accettare quel suono gutturale e stridulo come un richiamo della foresta, o più semplicemente di una borgata dello Zen di Palermo e seguire il plot teatrale lasciandosi guidare dalle percezioni olfattive, cromatiche, sensoriali.

All’estero, dove la compagnia va con frequenza, Emma Dante ha concesso la sottotitolazione delle conversazioni. In Italia si è fortemente battuta perché questo non accada, nell’ottica della ricerca della verità utilizzando tutte le armi che si ha a disposizione, come il corpo e i gesti.

Fidatevi: con Emma Dante, il siciliano, è meno ostrogoto di quanto si creda. Dipende da come riuscite a farvi sedurre e da quanta voglia avete di ascoltare e capire altre ragioni.

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