Oggi si parla d’acqua, dicevo. Dell’acquedotto del Nelli. Vi metto qualche foto perché possiate vedere e rendervi conto del fatto che, in una secolare comunità rurale, le servitù non sono tutte in atti di trasferimento di proprietà: si creano e restano in quella legge di fatto che si chiama “usi e consuetudini”, che piaccia o non piaccia…
SERVITÙ? QUA TUTTO È MIO:
ME L’HA DATO IL SIGNOR DIO!
QUANTE servitù ha, sulla sua personalissima terra, Romolo Perrozzi? Certamente anche più di una, pur se stizzosamente il ragioniere afferma che tutto quello che si vede è suo e lui ne fa quel che gli pare.
E anche su questo non c’è dubbio: può farlo dal momento che l’intellighenzia dell’ufficio tecnico del Comune di Quarrata, quello che perde le strade sulle mappe, gli ha consentito di tutto e di più. A chi non ci crede, lo farò vedere strada facendo.
Oggi si parla d’acqua, dicevo. Dell’acquedotto del Nelli. Vi metto qualche foto perché possiate vedere e rendervi conto del fatto che, in una secolare comunità rurale, le servitù non sono tutte in atti di trasferimento di proprietà: si creano e restano in quella legge di fatto che si chiama “usi e consuetudini”, che piaccia o non piaccia.
La differenza è che, mentre nella comunità rurale tutti sanno tutto di tutti e di tutto, i signori che approdano alla bella vita di campagna e di collina, non giungono, come sarebbe bene che facessero, con il cappello in mano e con l’umiltà di chiedere come stanno le cose.
No. Loro comprano; hanno in tasca un sacco di merda del diavolo (come la santa chiesa, anch’essa assai attaccata alla merda di Satana, definisce il denaro) e credono di comprare un posto in paradiso per l’eternità. Nessuno è eterno: anche i ricchi piangono.
E siccome il denaro non puzza, come diceva Vespasiano quando fece pagare le pisciate agli antichi romani, loro credono, le new entries, d’arrivare lì e – come disse quel treciòlo del Berlusca – di sovvèrtere (fu bellissimo, quasi sublime…) l’ordine costituito da secoli di incrostazione di usi e abitudini, come se fino al loro arrivo su quelle terre ci fosse stato solo il deserto dei Tartari.
L’acquedotto del Nelli (che parte da più in alto, dai Poggioni, con l’acqua più fina della costa) arrivava alla Porta del Nelli: lì c’erano il lavatoio comunale e la fontana comunale. E lì sono rimasti perché il Nelli appartiene ancora a quarratini – o altrimenti ci sarebbe un bel resort di lusso con piscine e solari per signore da abbronzo.
A casa del ragionier Perrozzi, invece, è sparito tutto: ma come c’erano le servitù al Nelli, c’erano servitù anche in quella strada interpoderale (una delle tre), che non risulta all’ingegner Iuri Gelli, ma che è come dio: c’è, c’è sempre stata e ci sarà per sempre.
L’attuale Rocca di San Leo-Perrozzi, già podere di Cecco Bellini e famiglia, apparteneva alla Fattoria Baldi-Papini-Lazzeri di Montorio. Il bene fu venduto, quando i Carbone se ne scesero a Quarrata, a Paolo Cavalieri di Prato.
Con Cavalieri fu sùbito tutto chiaro. Lui, nuovo proprietario, venne, chiese e lasciò intattissimi usi, costumi e servitù di pubblico uso e dominio come erano sempre stati. Anzi, fece addirittura di più, nei decenni in cui fu proprietario del luogo: siccome amava arrivare a cavallo da Prato e siccome i cavalli, quando giungevano a Lecceto, erano schiumanti dalla fatica e non dovevano prendere delle ventate micidiali, Paolo Cavalieri cendeva lungo la diramazione di Via di Lecceto (dove la coalizione rompiballe sosteneva che i Lapini-Bianchini-Pegoraro si divertivano a correre con le loro Formula 1), veniva ai civici 10-12 e gentilmente domandava: «Gente, ma vi dà noia se lascio i cavalli lungo lo stradello? Avete paura? Vi danno fastidio…?». Viene da dire con l’Ariosto Oh gran bontà de’ cavallieri antiqui!
Questo era Paolo Cavalieri: che lasciò – com’era sempre stato – la servitù di uso pubblico sulle strisciòle di terra in cima a via di Lecceto, dove parcheggiavano tutte le auto che, per un motivo o per un altro, avevano necessità di scendere al “castello” delle case di Lecceto.
Non per nulla nel contratto del ragionier Perrozzi sta espressamente scritto:
«Le vendite avvengono a corpo (relativamente agli appezzamenti di terreno come sopra venduti sub PRIMO al numero 1) sotto le lettere b) e c), al numero 2) ed al numero 3)), con tutti diritti, ragioni, azioni, accessioni, accessori, dipendenze, pertinenze, servitù eventuali attive e passive, comodi, diritti proporzionali condominiali, nulla escluso; nello stato di fatto e di diritto in cui quanto venduto si trova così come goduto e posseduto fino ad oggi dalle rispettive parti venditrici». Più chiaro di così…
Tornate, col pensiero, all’immagine di mia nonna che lava al lavatoio pubblico situato accanto alla fontana pubblica sulla strada che i tecnici del Comune hanno fatto chiudere, ma ripensate anche a questa specificissima sequenza di parole: servitù eventuali attive e passive, comodi, diritti proporzionali condominiali, nulla escluso.
Il ragionier Perrozzi non lo sa proprio, ma la sua terra recintata e preziosa è fondo servente della linea dell’acquedotto che porta (oltre che a casa sua e alla casa di proprietà Giacomo Marini-Paola Gori) anche alle case più in basso, in fondo al velodromo di Via Lecceto. Perché il fatto di essere proprietario, in una comunità rurale ultrasecolare, non garantisce affatto l’assolutezza del diritto prestato dal titolo.
E torno al punto di partenza: se il Comune di Quarrata non avesse perso il lume della ragione, oltre che le strade sulle mappe, l’architetta Nadia Bellomo non avrebbe mai dato il permesso al ragioniere (con il parere anche del geometro Giorgio Innocenti e del comandante dei vigili Oliviero Billi) di chiudere non per bisogno personale di parcheggi (ne aveva e ne ha a sfare) ma, molto più verosimilmente, per rompere i coglioni (e non si sa bene perché) a gente che lì è nata, lì ha vissuto, lì ha salvato famiglie di ebrei in fuga dai nazisti e – fino all’arrivo di lor signori – non ha mai avuto screzi e liti con nessuno, a memoria d’uomo. E soprattutto l’architetta si sarebbe rammentata che il Montalbano era ed è in area vincolistica e che tale deve restare in ogni sua componente – strade, aie e piazzole comprese.
Buon 9 agosto ai lettori. Domani, 10 agosto, in memoria del pianto di stelle che per l’aria tranquilla arde e cade, vi racconto (e vi pubblico – altrimenti non vi divertite) la storia di un’altra bellissima lettera da stalker…
Oggi a Lecceto è mancata l’acqua da stamattina. Chissà se perché il periodo è siccitoso o perché – come è successo e come è stato provato – lì vive gente, integratissima e socialmente assai impegnata, che si è divertita molto a segare un tubo dell’acquedotto di Publiacqua, e a togliere l’acqua potabile a due residenti del luogo per ben 7 giorni 7.
Meglio di dio, direi, no?
Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]
Siamo certi che esista un articolo 21 della Costituzione?
Quali sono i veri diritti in Italia? Solo quelli di essere presi a calci in culo da una spocchiosa pubblica amministrazione?