
QUARRATA. La castagna ovvero l’unico frutto che si trasforma in farina e che farina! Specialmente se ottenuta da castagne essiccate nel “metato”, vale a dire con il metodo tradizionale, oggi caduto in disuso o quasi, a discapito di sapori ed intensità di odori.
Metato: uguale piccola costruzione in pietra, nel bosco vicino ai luoghi di raccolta ed alla casa del contadino, che doveva vigilare 24 ore su 24 sul fuoco acceso, che mai doveva spengersi ma neppure alimentarsi troppo con fiamma, altrimenti le castagne posizionate in un soppalco al di sopra del fuoco non si sarebbero essiccate nel modo giusto, avrebbero cioè potuto bruciarsi o ammuffire.
Dopo circa 40 giorni, periodo variabile in base al tempo più o meno ventoso e/o piovoso ecc. erano pronte per il molino, ed ecco il miracolo farina. In tempi moderni la farina si ottiene subito dopo la raccolta poiché avviene con metodi di essiccazione industriale. Frutto estremamente versatile in cucina, poiché si presta a preparazioni sia dolci che salate, trascina in sé implicazioni socio-culturali-economiche. Fino a non molti decenni fa ha sfamato intere generazioni, rappresentando soprattutto per la gente di montagna una insostituibile e provvidenziale risorsa. Delle castagne non si buttava via niente o quasi, le castagne più piccole e/o non adatte all’alimentazione umana venivano date ai maiali; il terriccio di castagno è ottimo per molte piante in vaso e non solo; le foglie di castagno vengono adoperate per la preparazione della Pattona…
Frutto dall’alto valore energetico, già menzionate da Galeno che ne riconosce le indiscutibili proprietà e raccomanda però di fare attenzione perché procurano aria e ventosità. La castagna, come quasi tutti i prodotti della tradizione di un territorio, è portatrice anche di saperi e allora forse è bene ricordare che: la prima sagra della polenta dolce (sagra involontaria e non dettata da sentimenti ludici e/o memorici quale oggi) può farsi risale alla discesa dei lanzichenecchi dal nord per andare a combattere contro la repubblica fiorentina.
Pare che questi passando da Vernio (appennino pratese) abbiano saccheggiato emesso alla fame la popolazione, al che il conte Bardi, il cui castello era ben fornito di scorte alimentari, nel vedere gli stenti dei suoi sudditi, distribuì polenta dolce con baccalà e aringhe nel giorno delle Ceneri. Ancora oggi nell’alta Val Bisenzio nella prima domenica di Quaresima si ricorda questo episodio storico.
L’accompagnamento della polenta dolce con sapori salati era una costante, oggi questo uso lo si ritrova soprattutto in Garfagnana dove è possibile ancora gustare la polenta dolce con le costolone di maiale e/o con le uova all’occhio di bue ecc.
Una pietanza gustosa e da provare, tipica del nostro appennino pistoiese è la minestra di castagne e ceci, piatto nato dalla necessità di recuperare avanzi di castagne bollite (ballotti) e/o frugiate e ceci lessi, sostituibili con i fagioli.
Franca Capecchi