QUARRATA. [a.b.] Stanno arrivando in questi giorni i solleciti di pagamento della prima (acconto) e della seconda rata (conguaglio) della Tares 2013, la nuova tariffa sui rifiuti e i servizi indivisibili, in scadenza il 15 aprile. Per questo motivo lo sportello Cis presso il Servizio Entrate del Comune di Quarrata (Palazzo comunale, piazza della Vittoria 1) resterà aperto al pubblico, nel mese di aprile, nei giorni martedì 1-8 e venerdì 4 e 11 dalle ore 9,30 alle ore 12,30. Chi pagherà entro tale termine non subirà alcun tipo di sanzione. In caso di mancato pagamento della prescritta scadenza sarà invece notificato un avviso di accertamento con applicazione della sanzione del 30% e relativi interessi. È ovvio che se alcuni contribuenti riceveranno l’avviso di pagamento su quote già saldate nel periodo tra la data del versamento, la rendicontazione e l’invio del sollecito dovranno essere ritenuti nulli.
Intanto “in rete” si moltiplicano gli interventi pubblici e le “grida di dolore” di cittadini che nello spiegare l’impossibilità di “rispettare finora le naturali scadenze” del pagamento della tariffa si appellano nuovamente al sindaco Mazzanti ma anche ai dirigenti e al presidente “uno e trino” di Cis S.r.l. – Cis Spa e Cis Servizi.
“In questi giorni – scrive Rita Fantechi – il postino mi ha riferito che ha tanto da lavorare mentre mi consegnava una raccomandata… Già mentre firmavo ho immaginato di cosa si trattasse! La Tares! Sì, perché io non ho potuto rispettare le scadenze naturali ed ora che sono stata intimata dal sindaco a pagare entro 30 giorni previo incorrere nella sanzione pari al 30% più spese di notifica deciderò cosa fare della mia attività. Ma una cosa voglio ribattere: caro Sindaco, cari dirigenti del Cis, caro presidente del Cis, se non ho pagato a tutto oggi la Tares non è certo perché la volessi evadere!”.
“Io – continua – le ho sempre pagate le tasse e non ho mai chiesto aiuti al mio Comune anche se in certi momenti ne avrei avuto diritto. Ma in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo ho dovuto fare delle scelte, dare delle priorità per non chiudere la mia attività (una edicola-cartolibreria a Catena – n.d.r.) e di sacrifici ne ho fatti e ne sto tuttora facendo! Tanti siamo quelli che come me non hanno potuto pagare la Tares e in tanti abbiamo gridato aiuto al nostro caro sindaco ma lui non ci hai voluto ascoltare riparandosi dietro a quella striscia tricolore!”.
“In tanti abbiamo gridato che non sono sostenibili queste tariffe che il Cis ci impone. Troppo alti, esosi sono i costi che questa azienda ci presenta! Abbiamo chiesto al sindaco come è mai possibile ad esempio che un dirigente guadagni più di un parlamentare (non considerando il numero dei dirigenti interni al C.I.S.) e che la mia mondezza mi costi 240 euro al kg (Rita Fantechi è colei che nei mesi scorsi ha portato in consiglio comunale il proprio sacco di rifiuti – n.d.r.) ma il sindaco ha continuato a nascondersi dietro la fascia tricolore..”.
C’è poi anche chi come A.V. “giovane padre di famiglia con uno stipendio minimo ed un affitto da 650 euro al mese, più bollette e spesa” spiega di non essere riuscito a pagare la Tares dovendo scegliere “se pagarla oppure dare da mangiare” a sua figlia.
QUANDO NON C’È CERVELLO
NON È COLPA nostra, ma la sinistra è sempre stata molto brava a risolvere i problemi dell’indebitamento pubblico con due soluzioni da acefali: il taglio lineare e l’aumento delle tasse.
È una tradizione storica che viene da lontano: che è connaturata al Dna della sinistra stessa. Perché credono, i compagni, che basta infilare le mani in tasca al popolo per tirarne fuori i quattrini. Cercate di ricordarvi (ma è solo un esempio banalissimo) la scure che adottò, a suo tempo, Padoa-Schioppa.
È una tradizione che viene dalla mentalità bolscevica del veterocomunismo filosovietico: solo che i comunisti italiani si sono dimenticati che nella Grande Madre Russia di don Camillo e Peppone, lo Stato stabiliva di tutto e di più: e non c’erano dirigenti e manager che puppavano a oltranza. Tra la spazzina del ghiaccio sulle rotaie delle tramvie di Mosca e lo stipendio del medico o dell’ingegnere che insegnava all’Università, la differenza non era di 10mila volte come accade in questo bel Paese di ben zonà (in ebraico ‘figli di buona donna’).
Gli studenti universitari di Pisa – una filodrammatica che si chiamava la “Compagnia dei Dottori” – quand’ero ragazzo facevano spettacoli nella Viareggio degli anni 50. E c’era una bellissima scena in cui uno di loro cercava di sfilar quattrini dalle tasche di un tizio che esclamava: «O nini… se un tu ce li metti, un tu ce li trovi!».
Solo quando non c’è cervello – e da Monti in qua se n’è visti di acerebrali istituzionali! – si può pensare che i soldi crescano sugli alberi come faceva il povero Pinocchio.
Comunque i compagni continuino pure a mettere le tasse. Finiti gli ultimi spiccioli, la storia insegna che i popoli si dimenticano l’educazione e scendono in strada.
E finisce che qualcuno si fa male.
Edoardo Bianchini
Sono trenta anni che mi impegno inutilmente per introdurre negli statuti dei Comuni i referendum di iniziativa popolare aventi carattere DELIBERATIVO e senza quorum del 50% + 1 per la validità del risultato.
In diversi comuni della Toscana sono state presentate Petizioni in tal senso a norma di legge, ma le risposte dei sindaci e dei consigli vanno dal silenzio assoluto (Pistoia, dove la stessa petizione è stata presentata per ben tre volte: 1999, 2011 e 2013, non ha mai dato la risposta come reso obbligatorio dalla legge 267 del 2000, art. 8 comma 3) ), a risposte fatte da somari patentati (come nel caso del Comune di Quarrata).
Il referendum deliberativo è lo strumento giuridico della Democrazia diretta che è in grado di equilibrare il potere dei rappresentanti alla volontà (giuridicamente SOVRANITA’) popolare prevalente, come recita la Costituzione, visto che i LIMITI indicati all’art. 1 della stessa sono chiaramente riferiti riferiti alla Forma repubblicana e democratica dello stato, e non all’esercizio della sovranità popolare, che per la stessa costituzione “appartiene al popolo”.
Se siamo in questa condizione di impossibilità di cambiare sistema, si deve sopratutto a questa semplice idea facilmente realizzabile.
Ovviamente la partitocrazia, nessuno escluso, non vuole una riforma che ridurrebbe drasticamente il potere (ed i privilegi, stipendi, poltrone e favoritismi compresi, per ragioni di voti) dei rappresentanti dei partiti e non degli interessi e del benessere dei cittadini.
Questo tipo di referendum sono usati moltissimo in Svizzera e ogni due anni in California dando straordinaria prove di democrazia, visto che in entrambe le federazioni i cittadini possono anche aumentarsi e diminuirsi le tasse e le imposte.
Solo un popolo di bigotti senza coraggio, può continuare a tollerare il dispotismo ammantato di democrazia, quotidianamente esercitato da incapaci eletti da compagni di fede troppo spesso per interessi personali e dai capi dei partiti di cui sono complici volontari nel mantenere l’attuale forma di governo accentrato, che non è altro che semi- fascismo e semi-comunismo che sta portando il Paese allo sfascio.
A settembre/ottobre insieme a Paola Fortunati e a chi vorrà essere presente, andremo in tribunale a chiedere che sia osservato, da parte del Comune di Pistoia, l’articolo 8 della legge 267- In mancanza di risposta alla Petizione chiederemo l’applicazione dell’art. 70 della stessa legge che prevede la sospensione del sindaco e dei consiglieri, che in questo caso si sono mostrati per niente diversi dai mafiosi.