A 37 ANNI da quel tragico giorno in cui fu rapito Aldo Moro e uccisi gli uomini della scorta, nessuno può dimenticare quella triste pagina di storia: una lunga stagione di terrorismo di matrice brigatista segnata da sangue versato da autentici eroi, leali servitori dello Stato.
La statura morale e politica dello statista democristiano, la sua lungimirante visione politico istituzionale, il suo metodo di confronto e della costante mediazione, la sua strategia politica tesa a recuperare alla democrazia fasce sociali fino ad allora escluse, restano un punto di riferimento importante per quanti hanno scelto la Politica, hanno deciso di servire il Paese avendo cura di avviare a concreta soluzione i problemi di tutti gli italiani.
Moro fondò tutta la sua riflessione sull’idea che la convivenza democratica poteva essere difesa solo con il concorso delle grandi forze popolari. Ma non pensava affatto che i governi di solidarietà nazionale significassero “passare la mano – sono parole sue – da uno schieramento all’altro, né rinunciare al ruolo centrale della Dc”.
Con il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro le Brigate Rosse volevano colpire l’artefice della solidarietà nazionale, del riavvicinamento di culture politiche che, insieme ad altre, avevano contribuito a realizzare alti obiettivi di Democrazia e Libertà nel contesto della ricostruzione del Paese stremato da una guerra e liberato dalle forze alleate.
Cominciò, così, una nuova fase della vita democratica dell’Italia, che ricostruì la propria identità di paese civile e democratico nella Carta Costituzionale del 1948. Il ricordo di quel 16 Marzo 1978, ancora oggi è vivo nelle coscienze di chi si riconosce nel più alto valore della vita, la libertà e la legalità.
L’impegno delle istituzioni e della politica, insieme alla società civile e delle organizzazioni dei lavoratori, ai giovani e alle donne è assicurare al Paese un futuro di riforme necessarie per lo sviluppo sociale e di benessere tanto atteso dai cittadini.
Giuseppe Corizzo