Costituzione, Art. 3. «1. Tutti i cittadini (perciò anche i magistrati) hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. 2. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale (perciò anche l’eccesso di potere delle «autorità costituite»), che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese»
Anche il popolo, per quanto cieco possa essere, alla fine riesce a vederle le cose…
Quello che più mi disgusta, in questa società ipocrita e corrotta dell’oggi e di Pistoia, sono le cosiddette “vergini dai candidi manti”: intatte d’imene, ma con una coscienza nera non meno del fossile del Sulcis che un tempo si estraeva a Carbonia.
E la procura di Pistoia – a mio giudizio – non fa eccezione: ne è un significativo esempio. Nasconde, infatti, ogni cosa dietro la dichiarata parvenza della legalità.
Basta vedere cosa scrivono tre strenui “difensori della legge”: il Pm capo Coletta (l’amico, fino a che non si dimostra il contrario, di Lucia Turco, sorella del Pm aggiunto fiorentino, Luca Turco); la giovine di buone speranze, Chiara Contesini, che lascia dietro di sé ogni traccia di apparente incapacità di focalizzare e capire certi contenuti, o altrimenti non cadrebbe in troppi incasinatissimi copia-incolla; un sostituto che, fra le prime prodezze della sua rimoralizzazione dell’Italia, non ebbe vergogna, a Cosenza, di fare sparire un intero fascicolo, pur di far condannare il padre cappuccino Fedele Bisceglia.
Questi tre «strenui patricii cives iurisque praesides» (per la traduzione rivolgersi agli avvocati che vengono dal Forteguerri di Pistoia), da noi «gente comune» pagati a peso d’oro (4 o 500 € al giorno?), dal 2020 ad oggi si sono messi in testa che Linea Libera e il suo direttore altro non siano che due diversi fenomeni di reincarnazione del Berlusca: «origo et fons malorum omnium», ovvero la sentina di ogni schifezza morale. Ma forse solo perché il giornale scopre troppi altarini nascosti in questa Sarcofago City imbiancato.
Dal 2020 ad oggi ci stanno perseguitando, massacrando, sfinendo con continui rinvii a giudizio anche e non solo per qualche «bis in idem», ma addirittura per «ter, quater, quinquies etc. in idem». Tutti prodotti dalle stesse persone che, evidentemente, rivestono, agli occhi degli intoccabili vigili della legge, più importanza della «gente comune» di cui Coletta scrive gli elogi forse perché sicuro che essa non si ribellerà mai al malaffare, al sopruso e all’indecenza. Per la paura – tipica dei bambini – del buio in cui le istituzioni si muovono e agiscono.
È, a questo proposito, un esempio da manuale leggere e rendere pubbliche le considerazioni conclusive grazie alle quali i tre magistrati tre, summentovati, Coletta-Curreli-Contesini, si sono letteralmente persi dietro una fila di montaliane «nere formiche ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano a sommo di minuscole biche».
I personaggi importanti intorno a cui il passatutto della procura pistoiese ruota per ridurre i pomodori grezzi in raffinata pummarò, sono ben individuabili e chiari: 1. un ex-Vpo che ha lavorato 4-5 anni fianco a fianco con i togati onnipotenti – peraltro favorito da politica e magistratura, Andrea Alessandro Nesti, mit seiner kultivierten Frau; 2. un ragionier non-dottor Romolo Perrozzi, stra-favorito dal Comune di Quarrata, dai suoi sindaci Sabrina Sergio Gori, Marco Mazzanti e Gabriele Romiti, e dai suoi dipendenti falsari e corrotti; 3. un sindaco calunniatore e falso epigastràlgico di Agliana che, pur essendo di destra, Benesperi, non interessa a nessuno, ma è assolutamente funzionale a mostrare, e dimostrare, che la «prossimità sociale», come la chiama con acculturata definizione Tommaso Coletta, non impedisce la perfetta terzietà e imparzialità dei giudici e dei magistrati locali. Da noi non c’è solo Renzi a sganciare bombe: riascoltate questo intervento di Coletta al Canto al Balì su Tvl.
Terzietà e imparzialità, correttezza e trasparenza, a Pistoia sono, in non pochi casi (almeno un 23% di errori), una menzogna. Una spudorata menzogna, che viene costantemente ribadita da un insieme di “vincitori di concorso in magistratura” (alcuni, però, pare, solo per aver vinto un ricorso contro l’esclusione), che giocano a fare i magistrati. Ed ecco perché.
Nel caso di Linea Libera, mostrando un evidente e incontrollato livore nei confronti dell’unico vero giornale dell’area metropolitana (odiatissimo anche dai giornalisti che contano: gli ordinati dell’ordine, tipo Carlo Bartoli o Giampaolo Marchini), cercano in ogni modo di azzopparlo e di mozzare la testa a una stampa, pericolosa in quanto megafono, per la quale dimenticano, sempre più spesso e volentieri, che essa «non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure» (art. 21 Cost.).
Per loro l’esercizio della legalità (contro terzi ma non contro se stessi), come arma di dittatura, non è mai terminato: ché, anzi, a leggi fasciste si rifanno. E sussiegosamente si richiamano ad esse, per legittimare il “taglio della testa” di questo giornale.
Citano, infatti, l’art. 73 R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, a mente del quale «il pubblico ministero veglia alla osservanza delle leggi»: una veglia che cade velocemente in sonno, se non in coma profondo, ove il Pubblico Ministero debba pensare a se stesso e a certi suoi deviati e compiacenti favoritismi nei confronti della casta cui appartiene con i suoi colleghi.
Con questa spudorata menzogna, Coletta, Curreli e Contesini, hanno spinto (ma anch’egli ha facilmente ceduto, senza verifiche appropriate, more pistoriensi) il presidente evanescente (a nostro avviso) del Tribunale. Lo hanno spronato a decidere per la decapitazione di Linea Libera.
Nel ribadire che la decisione del Presidente Maurizio Barbarisi è nulla in radice per plurime violazioni di norme ex L. 241/90, col diritto di cittadini perseguitati, inascoltati, ingiustamente condannati, sbeffeggiati, rincorsi, molestatati, oggetto di violenza mascherata da legge, dobbiamo – come imperativo categorico – rammentare a questi violatori dell’art. 54 della Costituzione, che, prima ancora di agire contro Linea Libera, tutti, indistintamente, quali custodi della legalità, sarebbero dovuti intervenire (e non da mo’) sulle seguenti palesi e note violazioni rampollanti nella loro intangibile Domus Aurea:
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incompatibilità della compresenza del sostituto Curreli nel tribunale di Pistoia gomito-a-gomito con la moglie Nicoletta Maria Curci;
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incompatibilità della compresenza della giudice Nicoletta Maria Curci nel tribunale di Pistoia gomito-a-gomito con il marito Claudio Curreli;
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incompatibilità di Curreli-magistrato con la sua carica di coordinatore di una associazione, Terra Aperta, con scopi dichiarati di accoglienza ai clandestini;
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violazione del dovere di Curreli di fedeltà allo stato e alle sue leggi, ex art. 54 Cost.;
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ipotesi di peculato di Curreli laddove usa la propria mail istituzionale (curreli@giustizia.it) e il server d’ufficio (giustizia.it) per attività personali legate ai suoi interessi privati con l’Agesci-Scout di Pistoia (è legale rappresentante e addetto stampa dell’associazione);
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la mai voluta rilevare inosservanza dei doveri del sostituto Curreli in relazione alla violazione dell’art. 358 cpp (come per lui, lo stesso vale anche per Giuseppe Grieco, Luigi Boccia, Leonardo De Gaudio, Luisa Serranti, Linda Granbassi, Chiara Contesini, salvo se altri);
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violazione, dei sostituti De Gaudio-Serranti, del diritto di difesa di Lara Turelli;
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rifiuto (o omissione di atto dovuto?) del Presidente del Tribunale, Maurizio Barbarisi, di seguire le regole vigenti per gli atti amministrativi in violazione delle norme di cui alla L. 241/90 inaudita altera parte; non definendo le proprie decisioni attraverso esame attento e cognizione di causa circa le situazioni oggettive che riguardano Linea Libera, in ipotesi di frode processuale (art. 374 cp) ove non anche di associazione per delinquere (art. 416 cp);
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sottovalutazione di fenomeni noti come i problemi socio-sanitari e di pericolosità pubblica legati a:inceneritore di Montale e inquinamento;2.discarica del Cassero e inquinamento pozzi per cloruro di vinile;3.decine e decine di infortuni sul lavoro (in ambiente Usl) con referti superiori ai 40 giorni di prognosi;4.problemi affollamento clandestini a Vicofaroe altro ancora.
Ove dinanzi a queste constatazioni non si provveda senza indugio frapporre, si potrà parlare o no, ex art. 21 Cost. del diritto di opinione, cronaca e critica, sostenendo la tesi che la Procura di Pistoia e, in parte, lo stesso Tribunale, perseguita la «gente comune» e favorisce gli appartenenti alla casta giudiziaria o cari ad essa?
E in questo, la Procura, non viola vergognosamente l’art. 3 Cost. discriminando la «gente comune» da altri di razza eletta?
Decine di persone, a Pistoia, soffrono perché la Procura si comporta da tiranna e non da garante della legge, come intende accreditare agli occhi del popolo. Cerchiamo di vederlo, una buona volta!
Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]
Se tutti i cittadini sono uguali dinanzi alla legge, esternando queste nostre osservazioni, abbiamo offeso qualcuno o qualcosa o, al contrario, con perfetto senso civico, abbiamo ricordato a tutti che la Costituzione è un’altra cosa rispetto a quello che ci vogliono rappresentare certi cittadini di razza superiore peraltro dipendenti del popolo sovrano e da esso stipendiati per proteggere la legalità e non per violarla?