referendum 2. GIOVANNI SARTESCHI: «IO VOTERÒ SÌ»

Costituzione, la gande tradìta...
Costituzione, la gande tradìta…

PISTOIA. Ed è la volta dell’avvocato Giovanni Sarteschi, capogruppo Pd del Comune di Pistoia.

– Lei sa già come voterà?

Sì.

– Ha letto il testo della riforma?

L’ho studiato. Le dirò di più, mi sono laureato in diritto costituzionale con una tesi che aveva ad oggetto la giurisprudenza della Corte costituzionale sul principio di leale collaborazione fra Stato e Regioni dopo la riforma del Titolo V del 2001.

Nel penultimo periodo scrissi: «La Corte costituzionale continua a svolgere un’ assai preziosa funzione supplente dinanzi alle omissioni del legislatore, sia ordinario che costituzionale, il quale tarda a introdurre le necessarie riforme: l’auspicata Camera delle Regioni o delle Autonomie, insieme all’introduzione di speciali procedure di produzione legislativa».

Sarei intellettualmente disonesto se non riconoscessi che finalmente, pur con evidenti limiti, qualcosa si è mosso, e proprio in quella direzione.

– Il Senato avrà competenza sulle leggi di riforma e sulle leggi costituzionali. Che ne pensa?

Giovanni Sarteschi, Capogruppo del Pd
Giovanni Sarteschi, Capogruppo del Pd

Sarebbe stato meglio prendere una scelta netta tra due modelli: un Senato delle garanzie, ossia una camera alta che interviene sulle leggi più importanti a tutela degli equilibri democratici nel rapporto tra pubblici poteri e libertà civili, oppure un Senato delle autonomie, rappresentativo delle Regioni e dei Comuni, con il fine di garantire un efficacie raccordo tra centro e periferia procedimentalizzando il principio di leale collaborazione fra Stato e Regioni.

Il primo modello esige un’elezione diretta da parte del corpo elettorale, il secondo si accompagna fisiologicamente ad un’elezione indiretta da parte degli enti territoriali. Alla fine abbiamo dato il via libera a un modello ibrido. Fosse dipeso da me, avrei puntato sulla Camera delle Autonomie, sostituendo il Senato con la Conferenza Stato-Regioni-Autonomie.

Ciò detto, quando si è optato, in parte, per un Senato delle garanzie e si è deciso di attribuire al Senato il potere di intervenire nientemeno che sulla Costituzione – la nostra legge fondamentale, la più importante di tutte, quella che si colloca al vertice della gerarchia delle fonti – occorreva prevederne una investitura diretta da parte del corpo elettorale per assicurare ai cittadini il diritto di scegliere a chi affidare questo delicatissimo compito.

Sul punto è stato raggiunto un compromesso. I senatori saranno sì eletti dai Consigli regionali ma in conformità alle scelte espresse dagli elettori al momento delle elezioni regionali, secondo modalità da stabilirsi con una legge ordinaria bicamerale.

In ogni caso avremo un Senato composto da 74 consiglieri regionali, 21 sindaci e fino a 5 persone nominate dal Capo dello Stato a suo piacimento, oltre agli ex Presidenti della Repubblica, senatori a vita di diritto. Gli eletti, quando cesseranno dalla carica di consigliere regionale o di sindaco, cesseranno ope legis anche dalla carica di senatore.

Mi sembra un aspetto assai trascurato nel dibattito pubblico. La compagine dell’assemblea sarà estremamente mutevole e altrettanto mutevoli risulteranno l’indirizzo politico e le diverse maggioranze che di volta in volta si formeranno.

La composizione del Senato sarà il risultato di fattori imponderabili e imprevedibili, legati alle diverse tornate elettorali regionali e comunali. Il che potrebbe paradossalmente nuocere, almeno nelle materie in cui il Senato conserva una competenza paritaria, proprio a quella governabilità indicata come il fine preminente della riforma.

I nuovi senatori godranno delle stesse immunità (quindi non potranno essere arrestati o sottoposti a intercettazioni senza l’autorizzazione del Senato) previste per i deputati; ritiene che questa scelta sia ragionevole o che avrebbe potuto essere evitata?

Saranno senatori “costituenti”, come si è visto. È piuttosto logico che siano loro riservate le stesse guarentigie riconosciute ai deputati. Ma la questione è un’altra: quelle tutele dovrebbero essere abolite sia per gli uni che per gli altri. Che senso ha rendere pubblica una richiesta di intercettazione o di arresto?

È una contraddizione in termini. Intercettazioni e arresti sono per loro natura strumenti, rispettivamente mezzi di ricerca della prova e misure cautelari, il cui procedimento autorizzativo richiede la massima segretezza.

È chiaro che perdono efficacia nel momento stesso in cui la loro richiesta diventa pubblica. Il destinatario, a quel punto, potrà inquinare le prove e starà bene attento a quel che dice al telefono, a meno che non sia un totale sprovveduto.

– I senatori scelti dal Presidente della Repubblica per meriti resteranno in carica sette anni; era l’ora? Si poteva evitare del tutto la figura del senatore scelto dal Presidente?

Si poteva evitare. Ma, ribadisco, prima di tutto avremmo dovuto chiederci: qual è la ragion d’essere del Senato? Di fronte a una Camera dei deputati espressione di un maggioritario spinto, ispirato dai valori dell’efficienza e della governabilità, il Senato sarà un valido contrappeso ispirato dai valori della misura e della ponderazione oppure una camera federale, voce delle autonomie territoriali, luogo di cerniera del regionalismo e del municipalismo?

Dalla risposta a questa domanda dovevano discendere le altre scelte. Anche quella sul mantenimento dei senatori di nomina presidenziale. C’è poi un tema di proporzioni. Un conto è 5 senatori di nomina presidenziale rispetto a 315 elettivi, altro conto è 5 su 95.

– Che pensa della possibilità di ricorso preventivo alla Corte Costituzionale sulle leggi elettorali (da parte di 1/4 dei componenti della Camera), quindi della possibilità di ricorso anche sull’Italicum?

L'assemblea costituente
L’assemblea costituente

Mi sembra un’ottima scelta. Le leggi elettorali sono costituzionalmente necessarie perché indispensabili per assicurare il funzionamento e la continuità degli organi costituzionali. Un Parlamento eletto con una legge giudicata incostituzionale, salvato dal principio fondamentale della continuità dello Stato, che riforma quella stessa legge e persino la Costituzione è qualcosa che sarà pure legittimo, come statuito dalla Consulta, ma è senza precedenti.

Era comunque essenziale scongiurare il rischio che la situazione gravissima in cui siamo andati a infilarci potesse ripetersi in futuro. Di qui l’introduzione del ricorso preventivo alla Corte costituzionale. Non è ben chiaro, però, se il Giudice delle leggi dovrà limitarsi ad esaminare soltanto i profili di illegittimità censurati dai ricorrenti con richiesta motivata o se eserciterà un sindacato generale. Propenderei per la seconda soluzione.

Sono davvero cancellate le Province, con la materiale cancellazione dal testo della Costituzione? Conseguenze?

La rubrica dell’articolo 29 della legge di revisione enuncia l’abolizione delle Province. In realtà la disposizione si limita ad escludere le Province dalla elencazione degli enti costitutivi della Repubblica dettata dall’articolo 114 della Costituzione. Le Province non saranno più enti costituzionalmente necessari dotati di funzioni proprie.

Si noti che questa esclusione è indispensabile alla definitiva soppressione delle Province con legge ordinaria. Cosa che, a Costituzione invariata, non era possibile fare. E infatti – è bene ricordarlo – la legge Delrio non ha eliminato l’ente Provincia, ha eliminato il potere dei cittadini di eleggere i suoi organi istituzionali.

– Che pensa del nuovo marchingegno relativo al quorum per la validità del referendum?

Ne penso un gran bene. Il congegno è questo: qualora siano raccolte almeno 800mila firme il quorum viene abbassato dalla metà più uno degli aventi diritto alla metà più uno dei votanti alle ultime elezioni politiche. Il quorum, invece, è confermato nella metà degli aventi diritto qualora le firme raccolte siano tra le 500mila e le 800mila. Sommare al non voto degli indifferenti (gli astenuti veri) il non voto dei contrari (astenuti per convenienza) è stata la furbizia, anche se lecita, con cui spesso i referendum sono stati boicottati dal fronte del no. Con questa riforma i furbetti del non voto avranno la vita più dura.

L’introduzione del referendum propositivo può essere salutata come una vera opportunità?

Sì, è una grande opportunità. Piuttosto mi sembra abbastanza laboriosa la sua concretizzazione. Infatti dovranno essere approvate, nell’ordine, una legge costituzionale per stabilire condizioni ed effetti dei referendum propositivi e una legge ordinaria (bicamerale) per disciplinarne le modalità di attuazione. Tutto sta nel vedere i contenuti di queste due leggi, se e quando saranno approvate.

– Quindi quale sarà il suo voto (se ritiene opportuno dircelo)? In alternativa, se votasse negli Usa voterebbe Clinton o Trump?

Un Parlamento dichiarato illegale dalla Corte Costituzionale
Un Parlamento dichiarato illegale dalla Corte Costituzionale

Rispondo volentieri ad entrambe le domande. Non ho mai condiviso la retorica della difesa della Costituzione dipinta come una specie di testo sacro, un corpo mistico intangibile. Sono contrario in generale all’uso nello spazio pubblico di argomenti religiosi o talmente retorici da divenire quasi religiosi. Mi sembra persino diseducativo.

Nulla è assoluto in un regime democratico. Tutto può e deve essere messo in discussione, purché lo si faccia in modo serio e rigoroso.

Le riforme perfette, espressione di una teoria pura del diritto, non si danno in democrazia, forma di Stato che procede per tentativi ed errori.

Da molto tempo attendiamo la riforma del Senato, ma l’esigenza è diventata ancor più pressante dopo la riforma del Titolo V del 2001, come sa chiunque abbia studiato anche soltanto le istituzioni del diritto costituzionale. Sono passati tre lustri da allora.

L’alternativa non può essere non fare nulla. Pertanto, con spirito pragmatico, voterò sì al referendum confermativo di ottobre perché, in un ideale bilancio tra gli aspetti positivi e quelli critici, ritengo prevalgano quelli positivi.

Infine: se fossi cittadino americano voterei Hillary Clinton, anche se Bernie Sanders mi avrebbe convinto di più. Trump è un guitto da avanspettacolo, un plurimiliardario che gioca a fare il cavernicolo, un’autentica calamità per gli Stati Uniti e il mondo intero.

[Paola Fortunati]

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One thought on “referendum 2. GIOVANNI SARTESCHI: «IO VOTERÒ SÌ»

  1. Ecco…qui direi che Sarteschi da bravo piddino, conclude un interessante intervento piuttosto malamente, dando del guitto (cioè insultando a livello personale una persona che non conosce) ad uno che in Usa possiede un patrimonio personale tale che qualche cautela nel valutarne le capacità dovrebbe essere esercitata. Se non altro un minimo di rispetto per uno che non vive di sola politica, ma anche di capacità proprie, andrebbe esercitata. Tra l’altro quello che i politici di professione continuano, nonostante la storia insegni, a non capire, è che più loro si esprimono in toni sprezzanti verso queste figure “anomale” (anche qui se dovessimo ragionare su chi è anomalo veramente ci sarebbe tanto da dire…), più la gente comune tende istintivamente a votarle. Occhio alle sorprese a novembre: gli Usa hanno avuto un ottimo presidente che aveva fatto l’attore….
    Massimo Scalas

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