PISTOIA. Stamattina mi sono recato allo sportello di Pistoia Informa di piazza del Duomo e ho firmato per alcuni dei quesiti referendari promossi dalla base del movimento politico Possibile, il movimento fondato dall’ex Pd Pippo Civati.
Venerdì i promotori locali ne avevano dato pubblico annuncio in conferenza stampa: vedi “Possibile”, contiamoci per tornare a contare.
I referendum in generale, che siano consultivi o abrogativi, rappresentano uno strumento evoluto di democrazia rappresentativa: permettono al cosiddetto popolo di esercitare la sovranità e prendere le decisioni. Presuppongono tuttavia un considerevole livello di consapevolezza e informazione da parte dei cittadini e si dovrebbero basare sull’irrevocabilità del verdetto delle urne.
Non è così in Italia: lo dimostrano in primis il referendum sui rimborsi elettorali e in secondo luogo quello sulla ripubblicizzazione dell’acqua.
Nel primo caso l’esito del referendum del 1993 venne raggirato e la casta continuò a rubare in mille modi, dilapidando i soldi in attività estranee al funzionamento dei partiti, centinaia di milioni di euro: basta ricordare l’ex tesoriere del Pd Lusi e quello della Lega Nord Belsito, con relativi scandali contabili.
Per l’acqua pubblica invece, mentre in tutto il mondo tornano le società pubbliche per le reti idriche, dove cioè gli obiettivi societari sono efficienza del servizio e pareggio di bilancio, il Pd delle banche (nonché di Mafia Capitale, Expo & Co.), riesce, ex lege, a mantenere i profitti delle maxiutility monopoliste del settore, aumentando le tariffe e indirizzando utili di gestione fuori dagli investimenti infrastrutturali.
Non a caso a Pistoia paghiamo le tariffe più alte d’Italia ma a Candeglia d’estate manca l’acqua (vedi Eleonora Ferri su Il Tirreno) e la Toscana è sotto infrazione europea perché Publiacqua, da quanto ha preso in carico il servizio, non ha realizzato i depuratori pur arrivando anche a 30 e 40 milioni di € annui di utili. Ottimo esempio di efficienza del privato (se pure al 40%)!
Così, senza la benché minima illusione che un eventuale risultato referendario possa servire a qualcosa, ho aderito all’apprezzabile iniziativa che chiunque dovrebbe sfruttare per far sentire la propria voce. Quando le iniziative sono valide, infatti, come la campagna Referendum Possibile dell’associazione “civiatiana”, andrebbero sostenute senza steccati ideologici o pregiudiziali sul soggetto promotore che, come si dice in gergo, ci ha messo il cappello.
Ho firmato per il quesito numero 1, che elimina i capilista bloccati e le candidature plurime della nuova legge elettorale detta Italicum, che entrerà in vigore a partire dal primo luglio 2016.
Non ho però firmato per il quesito numero 2, che prevede il completo superamento dell’Italicum: infatti questa nuova legge elettorale permetterà, almeno spero, al Movimento 5 Stelle di andare al governo e provare finalmente a ridare aria a questo Paese soffocante e in putrefazione che costringe non si sa quanti giovani a emigrare per trovare un lavoro.
L’Italicum è infatti concepito in modo che, in caso che nessuno schieramento superi il 37% degli elettori, i primi due candidati vadano al ballottaggio. Inutile nasconderlo: i pentastellati sono gli unici, ad oggi, ad avere le mani libere, e lo hanno dimostrato con atti simbolici e concretamente.
In un eventuale ballottaggio tra Andrea Diprè Renzi e Luigi Di Maio, pur ammettendo che molti conserveranno ancora (specialmente per opportunismo) le proprie perversioni tristemente hard, i totali fallimenti riportati dal Conte Mascetti di Rignano (cit. da F. Geri), indurranno la maggioranza degli italiani a voltar pagina con una classe politica caricaturale (renziani, verdiniani, montiani, ma forse tutta la fuffa degli ultimi 20 anni) che è stata capace addirittura di acuire i disagi causati dalla crisi economica dell’eurozona (pensate che curioso: in ebraico zona significa prostituta…).
Insomma, le prossime elezioni sono davvero l’ultimo treno, lo spartiacque tra la catastrofe irreversibile e qualche possibilità anche solo per sperare, la prova del nove per tutti coloro che si lamentano e affermano instancabilmente di avere le scatole piene: hic Rhodus, hic salta, si sarebbe detto una volta.
Un atto dovuto i quesiti numero 3, 4, e 5, sulla riconversione ecologica dell’economia, così come il numero 8 sulla scuola del preside-manager. Si badi bene però, non per difendere lo status quo: la scuola, così com’è non regge e va cambiata totalmente. Istruzione e formazione devono essere programmate in base alle esigenze del sistema economico, della produzione e dell’idea di società; servono inoltre dei criteri di valutazione dei docenti, spesso veri e propri vagabondi o non sufficientemente prpeparati: anche al liceo classico Forteguerri ce ne sono stati… e chi ci è passato sa benissimo a chi mi riferisco. Ma siamo certi che i Presidi sappiano salvare la situazione? O non sono, proprio loro, i caporali ligi del potere della Buona Scuola della Giannini oggi (ma solo oggi) renziana?
Non ho ritirato i quesiti 6 e 7, esclusione del demansionamento e tutela dal licenziamento illegittimo: sono consapevole che in molti casi si potranno verificare abusi ed ingiustizie, ma l’Italia è bloccata anche a causa di una classe di dipendenti pubblici arrogante e incompetente, dagli uffici comunali ai ministeri, fino al Demanio e a certe società miste pubblico-private dei servizi a rete.
Dirigenti, funzionari e dipendenti (sto generalizzando, ci sono anche persone valide, ma in minoranza) che quasi mai non rispondono del loro operato e pensano che un progetto, un obiettivo, un target sia impossibile solo perché non lo sanno raggiungere…
Bravo Lorenzo: anche io la vedo come te. Penso che come sempre se avrà successo, sarà disatteso. Ma comunque non bisogna mollare. Ringrazio il jobs act che ha fatto sì che mia moglie sia stata assunta a tempo indeterminato (glielo hanno proprio detto) e sulla scuola va tutto cambiato, mettendo per una volta lo studente al centro…ad oggi, con buona pace della Camusso, al centro ci sono solo gli insegnanti…e i dirigenti. (un gorno se il Direttore me lo consente pubblico la riforma della scuola in Finlandia: la migliore scuola al mondo dove solo il 10% dei candidati viene ammesso ai corsi di laurea necessari…)
oops…era “un giorno” (…la Finlandia…e le renne…)