FIRENZE-PISTOIA. La Corte dei Conti, l’organo costituzionale preposto al controllo in materia fiscale e delle entrate e spese pubbliche, con delibera consultabile al seguente link, ci ha detto che la spesa pubblica regionale è salita
- da 201,2 miliardi di euro del 2011
- ai 208,1 miliardi di euro del 2012
- ai 256,1 miliardi di euro del 2013
con un incremento di 54,9 miliardi, in soli tre anni.
Volendo intercettare l’attenzione anche di chi non è cresciuto con gli euro e non dovesse cogliere immediatamente il senso di queste cifre, ricordiamo che 256 miliardi di euro corrispondono a 500.000 miliardi di lire, le Regioni nel corso del 2013 ci sono costate 500.000 miliardi di vecchie lire, incrementando le loro spese rispetto al 2011 di 110.000 miliardi di vecchie lire.
I numeri in sé fanno paura ma leggendo si vede che l’aumento di spesa non deriva, per esempio dalla sanità – che è un servizio che riguarda tutti, si potrebbe pensare all’invecchiamento della popolazione ciò che renderebbe comprensibile anche un maggiore impegno economico – no: la spesa sanitaria è sostanzialmente invariata. Invece è aumentata di oltre il 60% la spesa per l’acquisto di beni e servizi.
Le uniche voci in cui si segnala una riduzione della spesa regionale sono quelle in cui le Regioni non hanno potuto fare di testa loro, ma hanno dovuto obbedire alle prescrizioni del Governo centrale (costi della politica, studi e consulenze, spese di rappresentanza: in Toscana siamo passati da 65 consiglieri ai 40 del prossimo eligendo parlamento regionale).
Oggi siamo in campagna elettorale, càpita che i candidabili si sfidino a colpi di aggiotaggio morale o si sferrino attacchi multilaterali per accaparrarsi il maggior numero possibile di firmatari, oltre il necessario, pur di impedire la candidatura degli altri; tutto quanto premesso era per dire che chiunque alla fine prevalga e vada a sedersi sulle poltrone di Palazzo Panciatichi dovrà impegnarsi allo spasimo perché i costi dell’ente si riducano anziché aumentare, si dovrà spendere per far sì che quanto inutilmente distribuito alle Regioni fino ad oggi torni ai cittadini, fino a perseguire il bersaglio grosso, l’abolizione delle Regioni, che ad oggi è fin troppo chiaro, hanno prodotto solo sprechi.
Le Regioni sono legge dello Stato, le elezioni sono alle porte, non è pensabile una resipiscenza che riattivi magari le Province (elette) riducendone il numero, anziché dar vita alle città metropolitane (non elette) e smantelli le Regioni: bisogna rassegnarsi a votare a maggio per rinnovare il consiglio regionale – salva ovviamente l’opzione del non voto –; ma i candidati parlino, riconoscano l’insostenibilità dei costi delle Regioni e facciano proposte di interventi concreti per limitarli significativamente. Onde scongiurare quanto più possibile il non voto, che non arricchisce nessuno tantomeno la democrazia.