‘RI-EVOLUTION’, LA SPERANZA DELLE DONNE

Le tre attrici alla fine dello spettacolo
Le tre attrici alla fine dello spettacolo

AGLIANA. Psichedelico fino allo psichiatrico, ossessivo capace di tracimare nello psicopatico. Ma pieno di poesia. E di speranze. È il mare emotivo che ci si è rovesciato addosso ieri sera, dal palcoscenico del teatro Moderno di Agliana dove fuori cartellone, ma dentro un progetto che non si può, né si deve fermare qui, è andato in scena Ri-Evolution, scritto da Paolo Di Maio e trasformato in scena, luce e disegno dal fratello Roberto che ha a sua volta deciso di declinare oneri e onori a Martina Cavazzana, Beatrice Fedi e Roberta Mattei.

È una storia che non si deve raccontare, ma che succede puntualmente; è uno spettacolo che evita di trovare giustificazioni e di fatto non ne trova. Bisogna vederlo, possibilmente in apnea, se ci riuscite, seguendo il percorso tracciato sul palcoscenico, dove Beatrice e Roberta sono al sicuro, al riparo, ognuna rispettivamente protetta dalla scrivania e dalla poltrona a rotelle sotto ed attorno alle quali vivono di luce riflessa. Sono le case di potere degli uomini, quelle, degli uomini che contano, quelle che assicurano tranquillità, agiatezza e una vita tutto sommato piacevole; certo, occorre stare sistematicamente sulle ginocchia, perché i padroni di casa, quando sono stanchi, annoiati o hanno solo voglia di divertirsi, bisogna che li si esaudisca con i crismi del caso e Beatrice e Roberta lo sanno bene. Roberta un po’ meglio, ma solo perché è meno giovane; Beatrice è sulla buona strada, imparerà presto, certo che imparerà.

Roberto Di Maio
Paolo Di Maio

È Martina Cavazzana, Eva, con una mela nella mano sinistra e una sigaretta nell’altra, che introduce la catastrofe epocale, quella del delitto originario ed è sempre Eva che prima che il sipario si chiuda esorta la specie femminile ad osare: provare a salvare il mondo, iniziando da chi al mondo irrora la luce, le donne e il loro grembo, affinché smetta di essere, attraverso l’uso chirurgico delle labbra e delle loro incantevoli prestazioni sopra e sotto, solo e soltanto fonte di ristoro, pace e assicurazione.

Certo, c’è la Chiesa, quella con la C maiuscola, quella che ha assegnato le parti della comedie humaine, che alle donne ha chiesto di sopportare e aspettare, a generare quel filtro purificatore che giustifica ogni irragionevolezza. Ma ci sono le donne, le più abili complici del proprio imbarbarimento, a trasformare, da secoli, questo codice non scritto, anzi, scritto sui Dieci Comandamenti, in realtà quotidiana, consueta, rodata, vincente. Sotto la scrivania e in ginocchio al cospetto delle rotelle della poltrona, il tempo non scorre, non può, non deve; fuori, come cagne latranti, in calore, ci sono tutte le altre che ambiscono a sostituirle, che non vedono l’ora di sottomettersi, per liberarsi.

Interessante che questo manifesto di auto-denuncia venga portato in scena l’8 marzo e che a trasformarlo da querelle in spettacolo ci pensino tre giovani, ma non giovanissime, attrici. Ad incoronare questo lavoro non siamo i primi, per fortuna: ci ha già pensato il Fringe Festival di Roma, che alla rappresentazione ha già assegnato il premio come miglior regìa e il Teatro Studio Uno, che ha riservato a questa Ri-Evoluzione, il Premio Residenza Temporanea.

Beatrice Fedi, Martina Cavazzana e Roberta Mattei
Beatrice Fedi, Martina Cavazzana e Roberta Mattei

Uno spettacolo dai tempi fondamentali, che nasce da una video proiezione (di Federico Spaziani) ambientata in uno spazio cosmico futuribile, ma ahinoi attuale (costumi, Fabiana Di Vito) e con una sovrapposizione e una ancor più nobile sovra esposizione che regala alla rappresentazione ritmi dub, che diventano armonici grazie soprattutto all’interscambio umorale che intercorre tra Beatrice Fedi e Roberta Mattei, la giovane carne umana ancora illusa dal tempo dei tempi e la ormai navigata meretrice, che in più di una circostanza la invita a ripassare le regole, non a caso dieci: tirare indietro i capelli, avere le mani ben curate, non usare i denti e altri suggerimenti tecnici e tattici che fanno di un rapporto orale la tacita sottoscrizione di un futuro assicurato.

La speranza c’è ancora? Non lo sappiamo, ma non lo sanno nemmeno Beatrice, Roberta, Martina e tutte le altre attrici in cerca di giusta e corretta valutazione artistica, così come tutte le donne del mondo, ognuna alla ricerca di se stessa, e perché ognuna possa ancora avere il diritto di sognare e di farlo ad occhi aperti, urlandolo, in modo che lo possano sentire tutti, anche le rispettive madri, che si sono raccomandate sempre del contrario. Gli uomini di potere, gli uomini tutti, nel frattempo, possono anche iniziare a scendere dai loro scranni e cedere il posto alle loro compagne o anche ad altre donne che hanno dimostrato di possedere attributi non solo per ristorarli e garantire loro la riproduzione, ma anche per manifeste capacità. E senza ginocchiere, possibilmente.

luigiscardigli@linealibera.it

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