riesame. «LA STAMPA NON PUÒ ESSERE SOGGETTA AD AUTORIZZAZIONI O CENSURE»

E i magistrati che, per primi, violano la Costituzione e le leggi d’Italia, offendendo l’art. 54 della Carta, devo essere tenuti lontani dal potere di perseguitare i cittadini che pagano il loro profumato stipendio


Cosa è più importante a Pistoia? Fare giustizia o “giustiziare” chi non obbedisce e scrive perché crede nella democrazia e nell’informazione e non negli scout, nelle sorelle di Luca Turco e nelle Terre Aperte dell’illegalità?


SIAMO “ONTOLOGICAMENTE” ALLA FRUTTA

QUANDO CERTE CARICHE AGISCONO AD PERSONAM


Chiedo chiarezza da quattro anni e nessuno mi risponde. Vogliamo una giustizia (?) di questo tipo, pistoiesi? Non mi sento portato per lo stalinismo di ritorno che calpesta e ancella la verità!

 

 

Buongiorno ai pistoiesi comunque vittime del potere della procura oggi di Coletta.

Ancora il Tribunale del Riesame, presieduto da Alessandro Buzzegoli, non pare si sia deciso a sciogliere la riserva.

Ciò consente, per diritto universale, o forse anche cosmico, di poter esprimere le proprie opinioni liberamente ex art. 21 della Costituzione, tenendo presente anche che «La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure», come ai solerti giganti della difesa della legalità pistoiese tanto piacerebbe.

Per la curiosità di Massimo Donati del Tirreno, prediletto dalla cupola (si vede dai suoi interventi che battono sempre La Nazione 1-0 e palla al centro), in camera di consiglio è stato detto che, aldilà di ogni ragionevole dubbio,

  1. io sono e resto un giornalista (l’esame di stato l’ho superato il 5 novembre 1995);
  2. quello che dicono i presidenti dell’ordine dei giornalieri (Carlo Bartoli e Giampaolo Marchini) sulla mia iscrizione o meno sono delle semplici favole o congetture insensate, perché factum infectum fieri non potest o anche factum infectum fieri nequit (lo sapranno un po’ di latinaccio al Terzo Piano? L’avvocata Elena Giunti no);
  3. la testata Linea Libera è un periodicoe ve l’ho fatto vedere ieri mattina – perché non sarà la Cassazione a poter dire che il quotidiano non è un periodico, dato che «esce periodicamente di giorno in giorno»;
  4. la Cassazione non è l’Accademia della Crusca, pur atteggiandosene spesso in maniera pavònica: e affermare il contrario è come ribadire, in metafora, che una mucca al pascolo alpino non può produrre latte da consumo se il suo vitellino è stato soppresso per uno chef che deve cucinare filetti al pepe verde. Lo so che sembra un paradosso, ma l’analogia è tipica dei cervelli che hanno insegnato logica per quarant’anni e passa, con un dodicennio, anche, nelle università italiche (e per giunta a Perugia)…

Detto questo, è del tutto evidente (per chi non è ottuso e non ragiona con logica e non con la sindrome del tiranno che affligge e turba la procura di Pistoia e altre procure d’Italia), che Linea Libera, testata sempre regolare, sia prima che dopo le norme riguardanti i periodici esentati dall’obbligo di registrazione, che Coletta e Curreli mi odiano e ci odiano, mi seguono, mi perseguono e mi perseguitano, per motivi altri e – a mio parere – tutt’altro sono che nobili e ispirati alla legge e alla legalità di cui si atteggiano a predicatori.

Il primo a non avere alcun diritto di parola nel dar lezioni ad alcuno è proprio lui, Tom Col; tristemente famoso per le vicende dei Turchi Luca e Lucia.

Posso pensare (o è “crimen lesae maiestatis”?) che Curreli farebbe meglio a dare le dimissioni visto come si comporta nel sacro tempio del Terzo Piano?

Segue a ruota un sostituto nefando per i suoi precedenti con Padre Fedele Bisceglia; e che oggi opera in palese incompatibilità ambientale dato che va contro le leggi dello stato guidando e proteggendo i clandestini sul suolo d’Italia; e perché milita, affetto da sindrome di cittadinanza attiva, in associazioni evidentemente politiche quali gli scout-Agesci, di cui si professa, orgogliosamente, addetto stampa. Lui che di stampa sa solo quanto ne stampa di illogico e forzato nelle sue inventive elucubrazioni (tipo lo stalking giornalistico o dei giornalisti).

Devo e voglio ricordare al Tribunale del Riesame che sta penZando, che questi nostri “persecutori” ci portarono in aula su quattro salti in padella Findus prodotti dai cuochi Bartoli e Marchini, ossequiosi all’etica del politicamente corrOtto di sinistra e persecutori nei confronti di chi non riconosce, e ossequia, il loro malgoverno dell’Ordine dei Giornalisti.

Lo fecero senza nessun accertamento né indagine da parte di Tom Col e di Curreli. Tantomeno della sostituta Contesini, a questo giro esclusa dall’aula del Riesame. Lo fecero – lo posso pensare o offendo la tirannide? – solo cedendo a una sorta di vis persecutionis che, sì, contiene sia il fumus, che il periculum in mora ontologicamente, come piace ripetere a Tom Col.

Onestamente, se penso che proprio costui ammette che a Pistoia il 26% delle indagini della procura viene smentito in aula, ove io fossi il capo del Terzo Piano mi sentirei in grave difficoltà per il danno economico arrecato alle tasche dei cittadini rapinati degli stipendi di tanti difensori della legge: 7 + 1 capo, per l’esattezza. Se i le procure non fossero responsabilità-esenti, a quest’ora a Curreli non basterebbero tutti i milioni di euro esecutati da sua moglie per pagare i danni arrecati alle sue vittime! Sto parlando in maniera incontinente o sto solo satiricamente delineando una situazione accertata e accertabile?

Quando Coletta-Contesini-Curreli se ne accorsero in aula, dinanzi al collegio Billet-Magi-Cerrone, fischiarono a corsa, senza indugio frapporre, dal presidente Barbarisi a chiedere la cancellazione di Linea Libera.

Non occorre commento. La legge ha sempre ragione: ma certi magistrati no, perbacco!

E Barbarisi il placido, evidentemente schiacciato dalle pressioni (che condizionano da sempre il tribunale di Pistoia) agì, anch’egli, d’imperio – com’è stato sottolineato in aula ieri l’altro. Ma soprattutto violando ogni norma di diritto amministrativo in proposito.

E che il tutto sia una questione di puro diritto amministrativo, non v’è dubbio: lo ha rimarcato – lo sottolineo per Massimo Donati e per il Riesame – perfino Tom Col: quindi non è Cicerone-Bianchini, al momento, a parlare pro domo sua (rectius: “de domo sua”).

Ma la giustizia penale in Italia (e Pistoia è in Italia) è fatta così. Io, procuratore, fo quello che mi pare; io, sostituto, gioco a tutto campo anche contro lo stato: ma il cittadino – specie se conscio dei suoi diritti e capace di leggere scrivere e fare di conto e che può dire «civis romanus sum» – quello deve solo morire sotto il peso dell’ignominia che si intende cucirgli addosso, se non fa il gesto di sottomissione camminando a piedi nudi nella neve come a Canossa dinanzi alla Matilde marchesa di Toscana.

Provate un po’ a riflettere, se ne siete capaci

Volete una riprova del 9? Leggete cosa si scrive proprio stamattina su La Verità, altra testata odiata quanto chissà dai politicamente corrOtti.

A Pistoia io, giornalista dal 1967 e con tanto di patente di guida dell’Ordine dei Giornalisti, sono uno violatore clandestino delle leggi. Ma a Perugia, centrale masso-mafioso-giudiziaria del nodo ferroviario palamarico Toscana-Lazio, a giustificazione delle trappole della sinistra al potere senza avere mai vinto e con l’aiuto delle santificate toghe rosse, quattro emeriti stronzi (un investigatore privato, un fisioterapista, un amministratore di condominio e un finanziere) vengono riconosciuti e definiti come giornalisti. Di cosa? Del PD?

Caro Tribunale del Riesame di Pistoia, orientato da un relatore di Cassazione che a Pistoia aveva nido e culla (De Marzo), quindi un domesticus interpres… Attenzione a cosa farai! Io posso ben dubitare sulle lauree della gente della procura pistoiese, visto il tasso di errori al 26% delle indagini (?) sconfessate, teste Coletta. Ma né Coletta né voi potete dubitare sull’evidenza dei fatti. E precisamente che:

  1. io sono e resto giornalista, vi vada o no;
  2. io ho 56 anni, 4 mesi e 12 giorni di giornalismo (e senza peli sulla lingua), di cui ben 52 di iscrizione alla cupola albigiana-albigese-alboina;
  3. io non ho mai raccontato una – dico una sola – balla come chi erra al 26% e vene riconosciuto ed elogiato dal capo;
  4. io non intendo farmi piegare per forza, solo perché disturbo il malaffare pistoiese dei manovratori della legge.

Io dico e scrivo questo perché non devo difendere la Turcheria né il circolo degli amici (Maic e chissà chi altro – in aula sono stati fatti nomi noti: Romolo Perrozzi, Andrea Alessandro Nesti e gentile consorte, notai et ceteri da “lettere scarlatte”).

E come noce di burro finale: si faccia capire a Tom Col che il suo siniscalco Curreli non può confezionare il solito “pacco napoletano” con dentro il famoso mattone, mandando poi in aula sparuti Vpo che chinano il capo dinanzi a certe vergogne del sostituto fuori-legge.

Claudio, infatti, oltretutto ha anche il vizio seriale di impartire ordini perentori, ai giudici, di difendere “notai di lettere scarlatte”.

E lo fa neppure parlandone discretamente e a quattr’occhi con i suoi “liberti di famiglia”, ma dandone annunci strombazzanti su chat WhatsApp (lo scout non ha Telegram, lo scrive lui stesso) di cui la procura sa bene che chi scrive (il clandestino) ha pubblicato screenshot significativi e certificatamente offensivi dell’onore e del decoro del cittadino.

Oppure manda in aula l’avvocato Tesi che sbrocca e dichiara, senza pudore, esplicitamente, le opinioni claudiane circa le querele a Genova contro la gente del Terzo Piano, definiti «tentativi di svicolare dalle sgrinfie del giudice naturale».

Coletta dica pure, al suo siniscalco Curreli, che le denunce inviate (e sempre respinte dai genovesi perché “cane non morde cane”) non sono “espedienti di cacca”. Per quella materia lì, bastano le ridicole non-indagini della procura del 26% di errori.

Quelle denunce servono solo a far vedere a che livello di sostanziale corruzione, in certa magistratura penale, è giunta questa “repubblica democratica fondata sul lavoro”, in nome del cui popolo sovrano è amministrata una giustizia falsata, iniqua e ingiusta.

Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]


Su Curreli e diffamazioni via chat, vivamente consigliato rileggere: https://www.linealibera.it/everything-i-see-franchi-longobardi-sul-suolo-ditalia-ovvero-procure-e-cancrene/
Consigliato anche: https://www.studiocataldi.it/articoli/33807-sentenza.asp


 

C(L)AN-DESTINO

Al ridicolo non c’è mai fine. È come la famosa favola del lupo e dell’agnello…

 

Quanto ci vuole a capire che, se la procura non mi trascina in giudizio per diffamazione nei confronti dei suoi magistrati, ciò significa che tutto quello che vedo e che scrivo da quattro anni è imbarazzantemente vero e prova certa di malaffare?

L’unico mio “disegno criminoso” è quello di essermi nascosto e di avere agito da “anonimo pistoiese” pubblicando una testata clandestina che però ha nome, cognome, indirizzo, proprietà e registrazione in Camera di Commercio e nessun obbligo di registrazione al registro del tribunale di Barbarisi?

Dubito fortemente che in procura certi magistrati abbiano superato l’esame di laurea in legge, pur avendo poi passato un concorso pubblico… Posso?


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