riflessioni. NONNO, PER ME PUOI CREPARE

ROMA. Anche la migliore iniziativa non avrà buon esito, senza il concorso del fattore umano.

Le idee come le azioni o i progetti camminano con le gambe degli uomini. Nessun cambiamento in positivo interverrà  sul futuro del nostro paese se tutti, cittadini compresi, non faranno la loro parte.

La costante retrocessione verso i gradini più bassi delle classifiche mondiali non è imputabile soltanto alle classi dirigenti che peraltro si ingegnano a far sfoggio del peggio di sé, ma è addebitabile in grandissima parte alla comunità nel suo complesso.

Non brilliamo per senso civico, ma per senso di responsabilità.

Non è che non vi siano giustificazioni a questa carenza. La sfiducia nel funzionamento dell’ordinamento, la convinzione che la furbizia faccia premio sul rispetto delle regole è da tempo immemorabile ben radicata.

Un bambino delle elementari intervistato alla domanda se avesse paura del Covid, rispose: “No, tanto noi bambini non si prende”. Paradigma impeccabile dell’educazione civica impartita fin dall’infanzia.

Che muoia il nonno, quello che perde tutto il suo tempo con lui, al bimbetto non importa granché. L’importante è che il suo culetto sia fuori pericolo.

Se la risposta fosse stata del tipo: “Ho tanta paura per il nonno e così sto attento” la prognosi fausta per il domani sarebbe stata più probabile.

Se siamo diventati in questo modo, non dovrebbe meravigliare né scandalizzare l’esplosione delle movide senza distanze, con tanti abbracci e poche mascherine.

I giovani si credono come quel bimbo esenti dal contagio. Non sono anziani, non sono “affetti da altre patologie”, stereotipo fasullo con il quale l’informazione tentava di attutire i macro numeri dei decessi.

L’egoismo che governa la cultura predatoria comporta questo cinismo. La disgregazione del tessuto solidale trova ulteriore sponda sulle manchevolezze del sistema: politici assembrati intorno alla sequestrata redeunte, folle autorizzate al passaggio delle Frecce Tricolori, risse in Parlamento, (se si cazzottano loro là,  perché non noi nelle strade?) code di anziani negli ospedali, manifestazioni di piazza annunciate, norme inutili, promesse inapplicate.

Non c’é miglior giustificazione per sentirsi autorizzati a fare i cavoli propri.

In questo contesto sfilacciato continua a progredire l’incontenibile passione di questa stagione politica per il controllo dei comportamenti delle persone. Presa a pretesto la movida incontrollata, si opta per un altro giro di vite: 60mila individui, chiamati a controllare, denunciare chi non rispetta le distanze.

Facile osservare che l’idea di sguinzagliare 60mila volontari, senza formazione specifica, senza retribuzione, inoccupati, con l’autorizzazione al controllo, risponde a filosofie da dittatura strisciante e apre la strada a dossier da polizia politica ed è “viatico” per la commissione di reati i più svariati.

A cittadini privi di senso civico fa riscontro una classe dirigente senza senso di responsabilità. Inutile credo porsi l’insoluto quesito se sia nato prima l’uovo o la gallina. L’unico obbiettivo e la principale morale che si traggono da questo spaccato un po’ surreale di vita italiana, è che l’esercizio del senso civico e del senso di responsabilità, sarebbero la miglior riforma.

Rapida e a costo zero.

[Maurizio Bianconi]

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