PISTOIA. Ci risiamo. A intervalli ricorrenti negli ultimi decenni esplode un caso legato a investimenti azionari od obbligazionari. Inizia mister Cragnotti nel 2002 col crac Cirio, un anno dopo seguono Parmalat e Giacomelli.
Nel frattempo sempre nel 2002 l’Argentina va in default. Nel 2008 tocca a Lemahn Brothers, la banca d’affari americana che quel genio di Bush Jr. pensò bene di lasciar fallire: punirne uno per educarne 100 pensò lui… È andata a finire con la più grave crisi economica mondiale dai tempi della Grande Depressione e con la certezza che non si può lasciare fallire una grande banca senza che vi siano gravi conseguenze.
Ma qual è il filo conduttore che unisce questi fatti e che li collega agli odierni avvenimenti italiani? La mancata vigilanza di chi è preposto per mandato? La sprovvedutezza degli investitori? E poi: i casi di Banca Etruria, Banca Marche, Cari Chieti e Cari Ferrara, sono incidenti di percorso, scosse d’assestamento o la punta di un iceberg che ci porta dritti verso la scoperta di un rischio sistemico?
NULLA SI CREA, NULLA SI DISTRUGGE, TUTTO SI TRASFORMA
Mi pare che per capire si debba fare un veloce passo indietro. È un’assolata domenica di settembre 2008 quando salta in aria una delle più grandi banche d’affari americane, la Lemahn Brothers travolta dai mutui subprime (vedi).
Questo fallimento dà il via a una crisi del sistema finanziario che coinvolgerà nel giro di pochi mesi tutto il mondo. Esso è originato dalla facilità con la quale le banche americane concedono mutui per l’acquisto della casa a persone del tutto prive di garanzie.
Il mercato immobiliare tira e, se va male, il valore di mercato delle case garantisce il prestito. Si crea così un circolo vizioso che gonfia una bolla creditizia abbinata a una bolla immobiliare.
Fatto sta che quest’ultima a un certo punto scoppia: i prezzi delle case crollano e contemporaneamente (siamo attorno al 2006) i tassi si alzano tanto da rendere insolventi moltissimi titolari di mutuo (2 milioni di famiglie americane).
A questo punto per le banche si fa grigia e il rimedio scelto si rivela essere molto, ma molto peggiore del male. Le banche hanno cominciato a “cartolizzare”, ovvero a trasformare i mutui immobiliari in titoli negoziabili, inscatolandoli in altri prodotti, portando a una speculazione azzardata che presto ha coinvolto anche il resto del mondo.
In Europa ci ritroviamo così con la Spagna che salva se stessa e le sue banche grazie al cosiddetto Fondo Salva Stati, le banche tedesche sono piene di questi titoli tossici (in particolare Deutsche Bank) e la Germania è costretta a intervenire con garanzie per 240 miliardi di euro (attenzione… questo fatto è importante, perché, contrariamente a quanto detto da Renzi, lo Stato Tedesco, oltre ad aver agito quando le regole in merito non erano quelle attuali, non ha materialmente tirato fuori un euro… le garanzie non sono soldi!). E via a seguire con le banche portoghesi, irlandesi, austriache, olandesi… e l’Italia?E l’Italia è splendida splendente. Il nostro sistema bancario è “il migliore del mondo”. Punto. O almeno questo è quello che sbandierano politici, Abi, Bankitalia, da Prodi in poi.
In effetti le nostre banche hanno pochi titoli tossici in pancia ma, sono parte di un sistema che fa capo ad una nazione con 2mila miliardi di euro di debito pubblico, con uno spread che si amplia in modo drammatico negli ultimi mesi del governo Berlusconi.
La crisi ci investe e i crediti bancari vanno in sofferenza, 500mila famiglie italiane fanno fatica ad onorare gli impegni. Ad oggi, i crediti deteriorati o inesigibili in pancia alle banche ammontano a circa 300 miliardi di euro.
Ecco allora che scatta la stretta creditizia che ancora blocca i prestiti e strangola la ripresa. Uno dei pilastri con i quali le banche italiane si finanziano si blocca. Ma si preferisce mettere la polvere sotto il tappeto: noi non abbiamo bisogno di aiuti… e non vogliamo che la Bce e l’Ue vengano a ficcare il naso nei nostri affari (a perdere).
Le “banche migliori del mondo” scelgono allora scientemente di spingere sul pedale dell’altro grande canale di finanziamento: le obbligazioni, in particolare quelle subordinate (vedi 1 e vedi 2), ovvero investimenti a rischio, che, se proposti ad investitori istituzionali, avrebbero un costo elevato, ma che proposte a piccoli clienti a digiuno della materia, possono essere un grande affare a costi contenuti.
In Europa la quantità in circolo è trascurabile perché non sono prodotti adatti all’uomo della strada, ma non in Italia, dove ad oggi si stima ne siano presenti circa 300 miliardi di euro in controvalore. A questo punto capite bene che, se ci sono in giro crediti inesigibili per 300 miliardi di euro (vedi) e obbligazioni subordinate per altri 300 miliardi di euro (ovvero in tutto 600 miliardi, cioè un quarto del nostro debito pubblico), è chiaro che qualche dubbio sulla “bontà” del nostro sistema bancario ci viene per forza, con buona pace di Renzi, di Consob e Bankitalia. Inoltre se i casi Parmalat e Cirio erano i primi due indizi, ecco che quanto accade in questi giorni ci induce a pensare che abbiamo ormai la prova che chi deve vigilare in Italia non vigila o interviene quando i buoi sono fuggiti dalla stalla.
Quindi ricapitolando:
- crisi subprime in Usa
- contagio in Europa
- stretta del credito in Italia
- necessità per le banche di vendere quante più obbligazioni possibili per far fronte a problemi di liquidità
- vendita di obbligazioni derivate a piccoli risparmiatori
Questo il quadro
LA NAZIONE DEGLI AMICI E DEI PARENTI
In tutto ciò s’innesta il “sistema Italia”, un sistema fermo all’età dei Comuni, un sistema fondamentalmente chiuso, chiuso al merito. Dove ai vertici dei più svariati settori pubblici e spesso anche privati, in un perverso intreccio di mutua assistenza, si arriva per cooptazione di tipo amicale, parentale e politica.
L’incapacità (vedi), e a volte la disonestà, diventano così un detonatore esplosivo che s’innesta in un sistema fragile, reso ancora più vulnerabile da questa lunghissima crisi economica.
Le nostre banche sono sotto capitalizzate ma… quando entra in vigore la sorveglianza bancaria europea voluta da Draghi, sono costrette a forti e ripetuti aumenti di capitale, senza che questo le abbia salvate, in alcuni casi, da bocciature agli Stress Test (vedi Mps) condotti dalla Bce per verificare la loro capacità di assorbire crisi come quella in atto. In tale contesto gli aumenti di capitale hanno significato diluire le quote degli azionisti e quindi il valore stesso delle azioni. Ciò significa che sono proprio gli azionisti, i piccoli azionisti che hanno pagato il conto.
Ecco allora i casi Mps e quello attuale: 13 banche commissariate dal 2013 e 4, “salvate” con un pasticcio degno dei nostri politici. Il re è nudo: a poco valgono le ridicole affermazioni circa la bontà delle nostre banche. Ci tocca sorbirci queste e altre bugie: le responsabilità sono chiare. La Consob sapeva da tempo e non è intervenuta, l’Abi idem e Bankitalia idem (vedi). Ma naturalmente in Italia siamo ormai abituati a negare l’evidenza… abbiamo divorziato dalla realtà, dall’ammissione di responsabilità, dalle dimissioni e un’ineffabile Mattarella (se pensavate che Napolitano fosse il peggio, ora siete serviti) decide che no, su Bankitalia non si deve indagare.
Visco non si dimette, il vertice Consob nemmeno. Amen e così sia. Ma perché non abbiamo seguito la strada presa da Germania e Spagna quando ciò era possibile? In primis perché, come detto, non volevamo intromissioni esterne, perché un conto è se ti controlla un amico, un altro è se a farlo è un funzionario belga o olandese… Poi perché non volevamo aggravare l’immagine già compromessa del nostro Sistema Paese e poi, come al solito, per superficialità: pensavamo infatti al dunque di potercela cavare come la Germania (ammesso che fossimo in grado di fornire le garanzie).
Ecco che lasciamo passare inutilmente tempo prezioso. Le banche in questione sono commissariate dal 2013, ma il governo Renzi resta inerte fino a due settimane fa, poi emana un decreto che completa la frittata. Insieme a Bankitalia, recepisce in fretta e furia il cosidetto Bail-in, sottoscritto e firmato a Bruxelles da tutti i nostri europarlamentari (gli stessi che ora additano la cattiva Europa all’attenzione della gente… tipico caso di uso dell’arma di distrazione di massa…), che avevano poi inutilmente tentato di ignorare fino all’ultimo e, prendono un provvedimento pasticciato che, ancora una volta, fa pagare il conto ai piccoli investitori.
Infatti dopo aver sbattuto il muso sul salvataggio di Tercas (Cassa di Risparmio di Teramo – vedi), quando cercarono di utilizzare in modo improprio il Fondo di Garanzia Interbancario, nato per tutelare i depositi dei correntisti, ci hanno riprovato con Banca Etruria, Banca Marche, Cari Chieti e Cari Ferrara.
Da maggio hanno mandato avanti un’inutile trattativa per utilizzare il fondo con queste 4 banche e come per Tercas, l’Ue ha ben spiegato che appropriarsi di un fondo costituito da banche private equivaleva ad un aiuto di Stato e che quindi come tale andava trattato (qui trovate la spiegazione su cosa è il Fondo Interbancario).
Contrariamente a quello che ci racconta uno scomposto e imbufalito Renzi, che come Berlusca è molto attento ai sondaggi, l’Ue non ci ha vietato di usare il Fondo, piuttosto che altre vie… Ci ha solo fatto presente che cosa significava, in punta di diritto europeo, l’uso di tale fondo e comunque ha lasciato aperte tutte le porte per una trattativa che fosse cosa seria… In particolare il carteggio tra Ue e Italia sulle 4 banche dice che, testuale “Se uno stato membro opta per lo schema di garanzia dei depositi per ricapitalizzare una banca” allora “è soggetto alle regole Ue sugli aiuti di Stato”.
Quindi “se la valutazione porta a concludere che l’uso di questo schema è aiuto di Stato, scatterà la risoluzione della direttiva Brrd”, ovvero il famigerato Bail-in. Al contrario se è “un puro intervento privato e cioè volontario” non scatta la risoluzione.
Come vedete la Ue non dice voi non potete, ci mette solo di fronte alla realtà di un uso distorto del Fondo di Garanzia (d’altro canto, come sappiamo bene, l’Italia è la patria dell’utilizzo delle tasse di scopo per… altri scopi… vedi ora Riforma del canone Rai) di un fondo a tutela dei correntisti per salvare le banche.
Cosa prevede il Bail-in? Prevede che saranno gli stessi azionisti, obbligazionisti e correntisti a contribuire al salvataggio della propria banca, ad eccezione di coloro che detengono un deposito inferiore a 100mila euro e che continuerà ad essere integralmente protetto dal Fondo di Garanzia dei depositi.Obiettivo del nuovo codice di risanamento è quello di risolvere appunto il problema “dal di dentro”, senza ricorrere agli aiuti di Stato.
Non tutti i correntisti contribuiranno al salvataggio della banca con lo stesso grado di rischio. Secondo la gerarchia del Bail-in è previsto prima il contributo dei soggetti creditori più rischiosi e poi, nel caso in cui le loro risorse risultassero insufficienti, si passa a quelle delle categorie successive. Ad esempio, in caso di Bail-in, chi possiede un’obbligazione bancaria potrebbe veder convertito in azioni e/o ridotto il proprio credito solo se le risorse degli azionisti e di coloro che hanno titoli di debito subordinati (le categorie più rischiose) si sono rivelate insufficienti a coprire le perdite e ricapitalizzare la banca.
Ma non sarebbe più semplice obbligare i grandi azionisti, che compongono i Cda delle banche, a cacciare i soldi e ricapitalizzare? Evidentemente no. La storia c’insegna che sono sempre i piccoli risparmiatori a pagare. E questo caso non fa eccezione: il Governo decide di fare uno strano compromesso… un po’ Bail-in e un po’ no, mandando sul lastrico gli obbligazionisti, ma salvando le banche e obbligando le grandi banche italiane, ristrutturatesi a lacrime e sangue tra il 2013 e il 2014, a metterci gran parte dei soldi necessari, dando l’addio a gran parte degli utili 2015.
Vi sembra giusto? Vi sembra normale? A me no e nemmeno a queste banche (Ubi, Unicredit, Intesa…) che infatti si fanno sentire… Sono infatti costrette a versare 2 miliardi di euro, mentre il resto – 1,6 miliardi – viene preso dal nuovo Fondo di Risoluzione delle crisi bancarie che è costituito da un deposito di 400 milioni di euro l’anno ed è parte delle nuove regole che da gennaio prevedono il Bail-in.
Questo significa che sono già impegnati i prossimi 4 anni del fondo per salvare queste 4 banche e questo significa che, non ci sono soldi per le altre 9 banche commissariate e a rischio fallimento (vedi 1 e vedi 2).
Insomma, come avete capito una storia molto italiana, dove pressapochismo, leggerezza, abitudine a sottoscrivere le regole tentando poi di non applicarle, l’ha fatta da padrone… E i risparmiatori?
NON CI SONO INNOCENTI E L’IGNORANZA NON È AMMESSA
Ma passiamo a noi gente comune: quanti avevano sentito parlare del Bail-in prima di un mese fa? Quanti ancora oggi vanno in banca a comprare obbligazioni o prodotti finanziari della banca che danno rendimenti del 5-6-7% senza porsi domande?
C’è qualcuno che delle 4 banche fallite e salvate, che quando comprava questi prodotti, si chiedeva come potessero loro e solo loro dare rendimenti così alti per prodotti presentati come a bassissimo rischio? Nessuno di quelli che ci hanno rimesso soldi immagino. E poi… quanti hanno continuato a comprare obbligazioni da queste banche dal commissariamento ad oggi?
E qui emerge drammaticamente l’analfabetismo finanziario degli italiani che non conoscono nemmeno la regola n° 1 del mercato finanziario:
- Non esiste un prodotto sicuro al 100%
E nemmeno quella successiva:
- Più alto il rendimento, più alto il rischio
Quindi, in un momento in cui gli investimenti rendono mediamente l’1%, cosa pensare quando te ne propongono uno che ti dà il 4-5-6%? E badate bene, questo è un fatto non secondario, che si ripropone ciclicamente in catastrofi di questo tipo.
Non si può pensare che certi rendimenti corrispondano a investimenti “tranquilli”. E poi: ma è possibile che la gente faccia fatica a dare 1 euro alla propria madre e poi davanti a perfetti sconosciuti firmino investimenti per migliaia di euro senza nemmeno leggere il prospetto informativo MIB2 (vedi)?
Certo è lungo e l’Italia non ha volutamente (?) recepito tutte le parti relative alla trasparenza e alla semplicità raccomandate dalla Bce e dall’Ue (io lavoro sul Forex, il mercato delle valute e, ogni volta che apro un’operazione, devo leggere una semplice frasetta e accettare: “l’operazione che si va ad aprire può comportare la perdita parziale o totale del capitale presente sul conto di negoziazione”… Cosa ci vuole a scrivere queste 4 righe anche sui prospetti informativi dati ai clienti investitori in banca?… Come? Se la si scrivesse così semplice la gente capirebbe e se la darebbe a gambe?
IL BAIL-IN
Vediamo allora cosa ci aspetta da gennaio. Questo è il Bail-in.
1 – Sono esclusi dal bail-in i risparmiatori che hanno depositi fino a 100 mila euro cioè quelli protetti dal Fondo di garanzia dei depositi. In particolare questa protezione riguarda:
- le somme detenute sul conto corrente
- le somme detenute in un libretto di deposito
- i certificati di deposito coperti dal fondo di garanzia
Sono inoltre esclusi dal Bail-in:
- le passività garantite: i covered bond e altri strumenti garantiti
- i contenuti delle cassette di sicurezza o i titoli detenuti in un conto apposito
- i debiti verso i dipendenti, i debiti commerciali e quelli fiscali
È utile sapere che la copertura del fondo di garanzia opera per singolo correntista e per istituto. Questo significa che nel caso di un conto cointestato a due persone il fondo copre fino a 200 mila euro. Chi possiede una pluralità di conti presso la stessa banca il totale garantito rimane sempre 100mila euro. Se invece un correntista ha più conti ma in banche diverse, è chiamato a contribuire solo per la somma eccedente i 100 mila euro presso la banca in difficoltà.
CRITERI DI SCELTA DI UNA BANCA
Queste sono le banche commissariate nel 2013. È chiaro a questo punto che non solo dobbiamo essere molto accorti nei nostri investimenti, ma che anche la scelta della banca dove depositare semplicemente i nostri soldi è importante.
Dobbiamo informarci: noi perdiamo moltissimo tempo a informarci su cose in fondo secondarie nella nostra vita, ma di fronte alle banche ci fermiamo spesso davanti al muro della nostra ignoranza. Un muro eretto in decenni di indifferenza verso le materie scientifiche, matematiche ed economiche nelle scuole…
Se pensiamo che ancora nei licei nelle ore di diritto si insegnano le cambiali… mi viene da piangere… Siamo fermi agli anni 50 del secolo scorso. Bene, questa ignoranza, in un mondo inondato di derivati tossici, è pericolosissima. Dobbiamo fare la fatica di capire.
Ecco qualche buona prassi da osservare nello scegliere una banca:
Passo 1. Il Controllo del Patrimonio di Vigilanza
Il criterio comunemente accettato che definisce il rischio bancario inteso come quantità di investimenti fatti da una banca rispetto al suo patrimonio è il Core Tier 1 Ratio, ovvero il rapporto fra investimenti bancari ponderati per il loro rischio e il capitale proprio della banca. Recentemente il Core Tier 1 Ratio è stato sostituito da un nuovo coefficiente redatto secondo i criteri di Basilea 3, ovvero il Cet1 Ratio ovvero il Core Equity Tier 1 Ratio.
Le norme di Europee prevedono come “minimo” (sindacale) un Cet1 Ratio del 8%, il che significa che una banca “regolamentare” può effettuare investimenti ponderati per il rischio superiori a 12,5 volte il suo capitale proprio. Il che non pare una garanzia di sicurezza “estrema”. Dunque un primo criterio per scegliere la nostra banca italiana è quella di controllare il suo Cet1 Ratio.
Passo 2. Il Confronto delle Performance Relative in Borsa
Ma se confrontiamo il prezzo di una banca con il valore di una media dei prezzi dell’intero settore bancario di una nazione, scopriamo cosa pensi il mercato, e in particolare gli investitori istituzionali, che spesso hanno informazioni privilegiate, su quella singola banca.
E in pratica nel 100% dei casi un fallimento bancario è stato sempre preceduto da un crollo dei valori azionari rispetto all’indice di riferimento, mesi se non anni prima dell’evento infausto.
In Italia esiste un indice chiamato FTSE Banche, facilmente confrontabile in termini percentuali con l’andamento dei prezzi dei singoli titoli delle banche quotate.
Passo 3. La lettura della cronaca giudiziaria (anche attraverso internet)
Paradossalmente questo terzo metodo, per quanto richieda un minimo di attenzione da parte del correntista, è allo stesso tempo il più sicuro e il più semplice. Il fatto è che non è mai esistito un singolo fallimento bancario che non sia stato preceduto da mesi se non da anni di articoli polemici e allarmanti in cronaca economica e giudiziaria (Fonte Rischio calcolato.it).
E LE BANCHE PISTOIESI?
Passiamo infine a vedere la situazione, aggiornata all’ultimo bilancio, della principale banca pistoiese: la Cassa di Risparmio di Pistoia e Lucchesia e Mps.
CARIPIT
Sito istituzionale | www.caript.it |
Fondazione | 1971 |
Nazione | Italia |
Gruppo bancario | Gruppo Intesa Sanpaolo |
Dipendenti | 679 circa |
Sede principale | Via Roma, 3 – Pistoia |
Capillarità | 1 regione 3 province 87 sportelli |
Persone chiave | Alessio Colomeiciuc (Presidente) Ginevra Cerrina Feroni (Vice Presidente) Stefano Visone (Dir. Generale) |
I NUMERI DI CASSA DI RISPARMIO DI PISTOIA E LUCCHESIA
Fatturato | 129,6 mln di € |
Utile netto 2014 | -1,6 mln di € |
Maggiori azionisti | Banca Cr Firenze (74,883%) Fondazione Cr di Pistoia e Pescia (16,525%) Intesa Sanpaolo S.p.A. (8,105%) Altri azionisti (0,487%) |
Bilancio | 2014 |
Titolo | Azioni ordinarie: ISP Azioni di risparmio: ISP.RSP |
INDICI DI SOLIDITÀ DI CASSA DI RISPARMIO DI PISTOIA E LUCCHESIA
Di seguito i rating di Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia assegnati dalle principali agenzie di valutazione a Intesa Sanpaolo, banca capogruppo del gruppo di riferimento: | |||
RATING DI CASSA DI RISPARMIO – GRUPPO INTESA | |||
Moody’s | Standard&Poor’s | Fitch Ratings | |
Data di rilevazione | 29/10/2015 | 12/07/2013 | 19/05/2015 |
Lungo Termine | Baa1 | BBB | BBB+ |
Breve Termine | P-2 | A-2 | F2 |
Solidità Finanziaria | n.d. | n.d. | n.d. |
Outlook | Ratings in revisione | Negativo | Stabile |
n.d. = il rating della banca non è disponibile per questa banca |
Di seguito, il capitale di Cassa di Risparmio di Pistoia e Lucchesia ponderato per diverse categorie di rischio: | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
TIER CAPITAL RATIO DI CASSA DI RISPARMIO – GRUPPO INTESA | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Core Tier I | Tier I | Tier II | Total Capital Ratio | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
2014 | n.d. | 18,67% | n.d. | 18,67% | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
n.d. = il capitale ponderato non è disponibile per questa banca.MPS. INFORMAZIONI UTILI
I NUMERI di Banca Monte dei Paschi di Siena
CONTATTA Banca Monte dei Paschi di Siena
Per chiudere completo con la tabella del rating in modo che sia chiaro cosa significa avere un rating Baa1, bbb, bbb+
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- Qui potete trovare le informazioni relative ad altre 50 banche: vedi http://mutuionline.24oreborsaonline.ilsole24ore.com/banche-mutui/banche-convenzionate-mutui-online.asp
- e le spiegazioni sul rating https://it.wikipedia.org/wiki/Rating
Lascio a voi giudicare. Per chiudere vi posto i link di due trasmissioni radiofoniche fondamentali per capire… Ascoltatele con attenzione:
- http://www.radio24.ilsole24ore.com/programma/conti-belva/scontro-banche-182414-gSLAAGSmSB
- http://www.radio24.ilsole24ore.com/programma/conti-belva/risparmiatori-abbandonati-nuova-185423-gSLApmVHTB
Vi raccomando di aprire e leggere i link presenti nella pagina: aggiungono e chiariscono molte cose.
Saluti a tutti, buon anno e… uomo avvisato mezzo salvato!
[*] – Ospite