ROMA. Il grande pubblico la conosce soprattutto al fianco del giornalista Bruno Vespa nelle puntate televisive di “Porta a porta” su RaiUno, è Roberta Bruzzone bionda criminologa e psicologa forense che con i suoi tacchi 12 accompagna il pubblico nella mente oscura del killer.
Un’attività che l’ha portata a scrivere anche un libro, “Chi è l’assassino. Diario di una criminologa” edito da Mondadori, raccontando i metodi di lavoro di chi svolge questo tipo d’inchieste, come vengono analizzate le scene del delitto, i moventi ed i profili degli assassini, le dinamiche investigative più sofisticate, aspetti inediti dei casi dei quali Bruzzone si è occupata, le caratteristiche del lavoro che svolge con un nuovo modo di fare criminologia sulla scena del crimine attraverso un approccio multidisciplinare.
La nota criminologa ammette che essere un personaggio mediatico la aiuta permettendole di impegnarsi nelle cause in cui crede come la violenza alle donne, ma le provoca anche molte invidie e una feroce competizione sul lavoro.
L’essere conosciuta poi si sa, lo dichiara lei stessa, attira attenzioni anche da parte delle persone mentalmente fragili, così è stata presa di mira più volte «ma anche questo va messo nel conto quando raggiungi tante persone» aggiunge. A Roberta non piace l’imitazione che le fa Virginia Raffaele, ritenendola «profondamente volgare e decisamente fuori luogo, anche per rispetto al tipo di professione che svolgo, ma è il pegno che si paga ad essere un personaggio noto» dichiara.
In passato coinvolta in più di una polemica, quella che l’ha fatta più arrabbiare è la «campagna diffamatoria e calunniosa con cui si è arrivati a negare titoli che possiedo e esperienze che ho fatto – dice – anche perché è stata alimentata da persone che conoscono bene i miei titoli e le mie esperienze. La calunnia è un’arma ignobile, comunque tutto è stato ricostruito nei dettagli e la vicenda è oggetto di attività giudiziaria».
Il sogno di essere una criminologa Bruzzone l’ha coltivato fin da bambina, «ero curiosa e determinata – racconta, ricordando la sua infanzia –. Non ho fatto altro che mettere a frutto le mie capacità», confermando quello che già pensano gli spettatori ovvero che Roberta abbia una vita lavorativa avventurosa come quella degli investigatori del celebre telefilm statunitense “Csi. Scene del crimine”: «Lo è anche più di quello che mostra la televisione – afferma –. Ogni giorno il mio lavoro mi porta a viaggiare e ad operare in situazioni disparate tutte drammatiche, una vita piena con pochissimo spazio per altre cose, per fortuna ho un marito molto comprensivo. Negli ultimi cinque anni ho avuto un aumento esponenziale della mia attività investigativo-giudiziaria e non ho fatto un giorno di vacanza».
La nota criminologa osserva di essersi imbattuta in tante situazioni a rischio pur non avendo mai paura, «minacce, lettere minatorie, storie pesanti per le quali ho ricevuto pressioni – dice –. Ma le pressioni con me sortiscono l’effetto contrario. In certe situazioni poi so come muovermi, ho fatto per molti anni arti marziali. Non giro armata, ma so bene come difendermi», confermando che nella società odierna esistono i cosiddetti mostri «e nella stragrande maggioranza dei casi non lo sembrano – avverte – sono indistinguibili dagli altri. Sono le stesse persone innocue, sorridenti, gentili che la mattina prendono il caffè accanto a noi al bar sotto casa».
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