PISTOIA. Roberto Bartoli scrive:
Ho avuto modo di esprimere il mio pensiero sulla situazione di Breda ormai due anni fa quando, di fronte allo slogan che rimbalzava da una parte all’altra della città, soprattutto negli ambienti politici e sindacali, affermai pubblicamente che occorreva “superare visoni localistiche, aprendosi a tutte le possibilità, compresa anche a quella di una vendita a una realtà imprenditoriale, alla condizione che sia uno dei player mondiali nel settore. Pensare in grande e con respiro non solo non fa mai male, ma oggi è anche necessario”.
La mia posizione di allora fu considerata o “strumentale” oppure (cosa ancora più grave) “nemica dei lavoratori”.
In questi ultimi tempi noto che lo slogan “la Breda non si tocca” è oramai superato e allo stesso se ne è sostituito un altro “no alla svendita della Breda”: assimilando perciò la possibilità, che pare secondo la stampa locale praticabile, della vendita di Breda a un grande player mondiale alla “svendita” della stessa.
Mi riesce difficile capire in che cosa consisterebbe la svendita. Ma soprattutto mi resta difficile capire quale sia l’interesse di Pistoia in ordine al prezzo con il quale viene venduta. Che forse il no alla svendita nasconde in realtà il solito pensiero del no alla vendita?
La Breda da anni presenta bilanci in perdita per centinaia di milioni di euro e i tentativi più volte annunciati dal management di una sua ristrutturazione, che avrebbero dovuto avere come obiettivo quantomeno bilanci in pareggio, sono miseramente falliti.
Questa è la cruda realtà e sarebbe miope pensare che lo stato italiano, o direttamente o attraverso Cassa Depositi e Prestiti (più volte evocata), possa farsi carico delle perdite dell’azienda. È quindi seppur doloroso, perfettamente logico, che l’azionista Finmeccanica persegua la strada di una sua possibile cessione.
La città dovrebbe chiedere al governo non che la Breda non sia venduta, o non sia svenduta, ma che l’acquirente sia un un’azienda del settore a livello mondiale, disponibile a fare investimenti tecnologici di avanguardia, convinta che il marchio Breda debba essere rilanciato nel mondo, attenta ai costi aziendali e agli sprechi eventualmente esistenti e che, soprattutto, lasci la produzione a Pistoia garantendo posti di lavoro.
Tra l’altro, dire no alla vendita o occuparsi della “svendita” rischia di essere oltretutto un atteggiamento irresponsabile, perché dà l’immagine di una città ostile. E mi domando: già sarà difficile vendere, ma chi sarà disposto a comprare quando si renderà conto che le istituzioni, la politica e una parte consistente della città manifestano nella sostanza contrarietà a possibili futuri imprenditori?
In sostanza, occorre cambiare logica, assecondare questo nuovo processo al fine di poterlo governare, altrimenti lo subiremo o addirittura, ironia della sorte, perderemo anche “l’ultimo treno”. E in questa prospettiva il tema diviene le condizioni della vendita, al fine di non veder morire il più importante presidio industriale del nostro territorio e con esso centinaia di posti di lavoro.
Roberto Bartoli