ROMA-PISTOIA. Qui bisogna mettersi d’accordo.
Mi è capitato di accompagnare alcune classi delle superiori a visitare i Palazzi del Potere, a Roma.
Va premesso che durante le nostre lezioni sull’Ordinamento della Repubblica, si parla di Stato di diritto, della divisione dei poteri; si cita Montesquieu, si ripercorre l’evoluzione del consenso sociale, dalle grandi rivoluzioni in poi fino alla stesura della Costituzione repubblicana.
Si ribadisce che il Parlamento è, per eccellenza, la sede della democrazia, l’organo legislativo per il quale si predispongono elezioni nazionali a suffragio universale e diretto, con corollario di campagne elettorali milionarie, con il favore di tutti i media che in quelle circostanze arrivano anche a intercettare l’attenzione dei più giovani, tanto martellano a tutte le ore del giorno e della notte.
Insomma i ragazzi a scuola erano stati preparati al valore di ciò che stavamo per andare a visitare, ben oltre la magnificenza degli edifici sede delle due Camere e al di là della maestà della capitale.
Giunti e accolti a Montecitorio, superato il controllo personale, una gentile signora, addetta a quella funzione, ci ha avviato alla visita.
Fin da subito, la signora, ha chiesto il silenzio. Ripetutamente. Da notare che i ragazzi non fiatavano, qualcuno ha bisbigliato qualcosa e la signora ha ripreso a intimare il silenzio aggiungendo che “non capiva come facessimo noi insegnanti a sopportare i ragazzi in classe”. La risposta sarebbe stata semplice: lavoriamo più dei commessi delle Camere, ma prendiamo uno stipendio dieci volte inferiore…
Proseguendo attraverso i corridoi e gli scaloni lustri del palazzo, tutti quanti trattenevamo il fiato, anche ammirati, in verità ma anche intimoriti. Giunti nel “transatlantico” due flebili voci, dei due più scalmanati della compagnia hanno indotto la signora accompagnatrice a dire che “se non ce la fate voi insegnanti a farli stare zitti dovremo rinunciare alla visita”… Onestamente ci apparivano richiami eccessivi, ma tant’è. Eravamo ospiti, ma quando la nostra accompagnatrice ha stizzosamente chiesto ai ragazzi di “farsi da parte perché i Deputati dovevano passare e non trovare intralci”, mi sono imposta la calma pensando che tutto quel rigore potesse essere educativo per i nostri giovani.
Questi ricordi e la riflessione che ne segue derivano dal fatto che ascoltando le dirette da Palazzo Madama sull’esame e la votazione della legge elettorale, ho sentito ripetutamente mandare affanculo tutti da tutti, con i toni più rozzi e sgraziati che, sia uomini che quote rosa, possano esprimere.
Dunque bisogna mettersi d’accordo: se siamo un popolo civile e degno delle istituzioni repubblicane come si presentano nella magnificenza dei Palazzi romani, o se invece ci si deve affermare con il turpiloquio, secondo l’insegnamento dei rappresentanti del popolo.
Che dobbiamo insegnare ai ragazzi, come si fa a farsi credere? Si sta in rispettoso silenzio o si deve mandare affanculo?
Gentile Sig.ra,
mi permetto due osservazioni. La prima è che in quei “sacri palazzi”, meglio e più di quella sguattera che vi ha accompagnato, avrebbe fatto una persona non costretta a saltellare per divani e materassi vari per ottenere il lauto posto.
La seconda osservazione è una domanda: perchè si stupisce dei “vaffa”? Lo ha detto ai suoi ragazzi che in quelle sale, accanto a persone per bene, alberga una moltitudine di grassatori, ladri, faccendieri e prostitute d’alto bordo?
Gentile Alessandro Bonacchi,
non solo non mi stupisco dei vaffa, come sono certa che i ragazzi sappiano (come sanno i ragazzi, epidermicamente) che il mondo è pieno di malaffare e Palazzo Montecitorio non fa eccezione. E’ che io dovrei trasmettere contenuti positivi e propositivi anche se in modo realistico e contemporaneo e vorrei evitare di livellare verso il basso, già troppo a lungo lo abbiamo (lo hanno) fatto.