ROMA. Ieri, sabato 7 marzo, a Roma, in un’aula della Camera dei Deputati, il convegno “Stati Generali della Salute: Art. 32 D(i)ritti alla salute”, organizzato dall’Associazione Culturale Onlus “Giuseppe Dossetti: I valori”. Una serie di tavole rotonde nate dalla consapevolezza che la causa principale dei problemi del sistema sanitario è da ricercarsi nell’eccessiva frammentazione del sistema, trasformatosi da nazionale in regionale. Oggi siamo in presenza di 20 staterelli, ognuno con una propria legislazione, spesso contraddittoria, ma sostanzialmente – alla fine – nociva.
Troppi sono i poteri gestiti dalle regioni e troppe le prerogative tolte al Parlamento. A dispetto del dettame sancito dall’art. 32 della Costituzione (“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo”), nessuno fa “salute”, ma tutti, Regioni in primis, fanno prevalentemente sanità.
Si parla infatti di aziende sanitarie preoccupate ed affaccendate in altre cose. C’è anche chi, come il professor Ivan Cavicchi dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, ha estremizzato, andando controcorrente, il concetto, proponendo che le questioni inerenti alla salute primaria devono essere tolte alle aziende per passarle ai Comuni: il Sindaco, ha affermato, deve giocare un ruolo determinante per i suoi cittadini.
Tutto giusto e condivisibile, ma forse il professor Cavicchi, che parla per iperbole, non conosce la cogente realtà della Montagna Pistoiese e delle altre zone, considerate a torto, periferiche dell’Italia.
Un sistema sanitario malato in cui tutti legiferano ma nessuno amministra, nonostante l’appartato burocratico amministrativo italiano sia il triplo rispetto
alle risorse umane della vicina Francia.
La salute è ormai ridotta a mero concetto economico e siamo purtroppo alla vigilia, drammatica, della sparizione del servizio sanitario, come già avvenuto di fatto in alcuni paesi europei, come Grecia e Spagna, dove si sono registrati casi di malaria autoctona o si assiste all’aumento dell’Aids, segni evidenti di una prevenzione, cardine della salute, sempre più labile. Tornare a investire in salute è una necessità utile e improrogabile per far tornare a crescere il Paese, fondamentale sarà tornare alla centralizzazione della politiche della salute.
I cittadini vanno ascoltati e possono essere d’aiuto, perché, come dice Dossetti, “esiste il diritto alla resistenza contro i pubblici poteri che violano le libertà fondamentali.”
Peccato che all’ultima tavola rotonda intitolata la “La parola alle associazioni”, composte proprio da quei cittadini che non fanno la salute, ma più frequentemente la subiscono, fosse desolatamente vuota.
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