Una minaccia come quella contro la redazione del Tirreno, che definirei non altro che una fantozziana “cagata pazzesca” – chi vuole il sangue, infatti, sa come farlo spiscellare dalle vene della gente: lascia un pacco di esplosivo come alla stazione di Bologna –, non viene pubblicizzata in chiaro, caro ordine dei giornalisti di Vicolo dei Malespini, su un social: per essere davvero pericolosa e concreta, essa viene messa in atto senza rulli di tamburo né squilli di tromba
CI PENSA LA MORALE CHIESAIUOLA
AD ARROSTIRE OGNI SAVONAROLA!
LE MINACCE alla redazione del Tirreno di Pistoia mi permettono di spiegare ai lettori il motivo per cui ho preferito dire addio a un “ordine” che dà più pensieri che certezze, più problemi che aiuti a chi, davvero, intende informare e non narcotizzare la zucca dei lettori.
I peggiori nemici dei giornalisti, per chi non lo sapesse, sono proprio i giornalisti. Ve lo dice chi, dal novembre del 1967, c’sempre stato in mezzo, ma ora, finalmente, naviga senza l’obbligo della “partente nautica”, perché di ideologia trasformata in morale pelosa e politically correct ne ha fin sopra i capelli.
Gli ordini, in questo paese corrotto e senza direzione, vanno cancellati. Tutti gli ordini. Ma in prima fila vanno messi due ordini difformi fra loro, ma identici nelle sostanze: quello dei giornalisti – sempre pronti a raccontare balle o, quantomeno, a tacere la verità –; e quel coso che si chiama Csm, consiglio superiore della magistratura, che ha trasformato legge e giustizia in un puzzolente mercato delle vacche (espressione tanto cara a Di Maio), dove si smerciano e commerciano indulgenze alla maniera di quelle che provocarono la ribellione di Lutero in Germania.
Non ne avete coscienza, cari lettori ma, tra magistratura e consiglio di disciplina dell’ordine dei giornalisti, ci sono impressionantissime affinità elettive e analogie: non di rado, in entrambi quei “campi dei miracoli”, dove dovrebbero nascere piante di soldi come nel Pinocchio di Collodi, le regole del gioco si sfanno e si disfanno a seconda di chi sta dinanzi al bancone su cui si affettano le braciole: buone per gli amici e tagliate di traverso e male per i nemici.
L’Italia è fatta di luminari dell’Università che – non dimenticatelo – allo scoccare delle leggi razziali, si allinearono con Mussolini senza battere ciglio, prendendo a calci nel sedere gli ebrei, pur se oggi non pochi di loro sostengono, come la Segre, i governi illeciti della repubblica di Napolitano e Mattarella – non del popolo italiano.
Una minaccia come quella contro la redazione del Tirreno, che definirei non altro che una fantozziana “cagata pazzesca” – chi vuole il sangue, infatti, sa come farlo spiscellare dalle vene della gente: lascia un pacco di esplosivo come alla stazione di Bologna –, non viene pubblicizzata in chiaro, caro ordine dei giornalisti di Vicolo dei Malespini, su un social: per essere davvero pericolosa e concreta, essa viene messa in atto senza rulli di tamburo né squilli di tromba.
Se si urla, è perché chi urla è incazzato quanto vuoi, ma vuole solo far capire che è stufo di qualcosa.
Certo: nel tuo modo molto politicamente corretto di fare le cose, caro ordine dei giornalisti, è più facile alzare la voce contro chi, di male, sarà difficile che ne combini, piuttosto che contro chi, di male, ne può fare quanto vuole e anche di più, magari protetto da una bella toga del tutto simile al mantello dell’invisibilità di Harry Potter.
Finché non è stato massacrato, avete – cari ordini dei giornalisti d’Italia – leccato i piedi a Palamara. Oggi invocate e leccate i piedi alla signora Lamorgese, che ha speso mezzo milione di euro dei nostri quattrini per le poltrone e i tappeti del suo ufficio al ministero.
Va bene così: non c’è problema. Basta conoscervi e sapere come funziona il vostro primordiale “cervello rettiliano”, sede dell’aggressività, ma rivolta solo contro gli animali/animati inferiori e poco pericolosi.
Sui miei arresti domiciliari da oltre due mesi – che sono un’anomalia da manuale –, caro ordine dei giornalisti, caro presidente Bartoli, cara commissione di disciplina (ma solo per chi non si allinea alla sinistra ben-pensante),cara associazione stampa toscana (aggiungo) avete persino trattenuto il respiro per non alienarvi la carezza sul capo che ogni padrone prima o poi fa al suo cane.
I giornalisti, specie quegli italiani, specie quegli dell’ordine, specie quegli delle commissioni di disciplina o del sindacato, non sono «vergin di servo encomio e di codardo oltraggio». Sono, al contrario, ben allineati all’azione del verbo leccare e a salvare chi è di sinistra o chi conta, bastonando chi – da gente e s-colleghi sistemati da partito e politica – definisce con orgoglio me, Edoardo Bianchini l’eretico, un “nuovo Savonarola” degno di essere arrostito in piazza della Signoria proprio a pochi metri dal Vicolo dei Malespini, il nome più appropriato a ciò che v’accade dentro.
Certo ora non potrete, caro ordine e cara commissione di disciplina, rinviarmi a giudizio per vendicarvi, lavandola col sangue, della mia fellonìa e mancanza di riguardo e ossequio nei vostri regali e autoritari confronti. Ma non ci sono problemi.
Anche voi, come il ragioniere di Pistoia che ha ottenuto di farmi chiudere in gabbia (così mi ha scritto un democratico assessore fascista di un Comune del Pistoiese…), potrete sempre querelarmi: salvo che in aula, sia chiaro, io farò non come Palamara, ma peggio.
Porterò fascicoli e documenti, ma anche registrazioni ufficiali, in cui vedrete e udrete, con i vostri occhi e le vostre orecchie, quanta sporcizia avete sparso su chi chiedeva ordine vero e morale, mentre salvavate, in maniera vergognosa e indegna, chi avrebbe dovuto avere legnate opportune e saltuari fra capo e collo per comportamenti immondi per dei famosi “cani della democrazia” che non siete in alcun modo.
Perché il modus operandi dell’ordine dei giornalisti di Vicolo dei Malespini, e il comportamento di non pochi dei suoi iscritti, sta in piedi, come una ballerina monogamba di quelle inventate dagli Squallor, sul piccolo potere delle briciole che il Pd e la sinistra lasciano cadere dalle loro mense riccamente imbandite coi soldi sottratti alle masse popolari che, alla Marchese del Grillo, non contano un cazzo.
Quello che càpita oggi, è solo la logica conseguenza della gestione, priva di qualsiasi riferimento morale e legale, attuata da mezzo secolo di menzogne ammantate di albagìa, giustizia falsificata e in-verità.
Dagli arresti domiciliari, Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]
Tra coglionate e nausea
AVERE SCRITTO quello che è stato scritto è una vera e propria coglionata. Ma pensate che se il Ricotti lo volesse fare davvero, lo scriverebbe ai quattro venti? E credete anche che, se io fossi un vero stalker che merita i domiciliari, avrei mandato in procura a Pistoia tutti i miei articoli, fondati su verità fattuali e documentali, chiedendo che la procura indagasse?
Allora credete che io sia pazzo. Ma, se lo sono davvero, sono sùbito scriminato in quanto imbecille, demente, scemo, cretino, stupido o quel che vi pare.
Dico, sostengo e ribadisco che la procura non ha indagato in nessuna direzione; e che continua a non indagare come, a mio avviso, dovrebbe nel verso giusto. Ma per questo ci sarà tempo, cari politicamente corretti del sistema-Toscana che mi definite un “novello Savonarola” da abbrustolire in piazza.
Agli ex-colleghi del Tirreno dico: vi capisco, ma a mio avviso è una cazzata. E voglio aggiungere altro.
Fra gli ex-colleghi del Tirreno io ricordo e voglio ricordarne solo due, a cui è andata e va tuttora la mia stima: Giuliano Fontani, un Pci intelligente e aperto; e Alessandro Gasperini, un amico di giorni e giorni di lavoro in redazione.
Perché questa stima? Perché quando venne il tempo di testimoniare il falso o dire la verità al pretore del lavoro Fabrizio Amato, non ebbero tremori a dire il vero e, con Donatella Guastatori, capo-poligrafica, fecero vedere al giudice quello che era: che di fatto ero da anni (10 giugno 1990) un redattore a tempo pieno. Per questo passai l’esame di stato a Roma, mentre il famoso ordine, presidente il montevarchese Matteini, tentarono di sbarrarmi la via.
Altri, che avevano tenuto foto di Togliatti sulla scrivania per anni, mentirono spudoratamente al dottor Amato. E non rompetemi i coglioni, perché, dal momento che tengo anche le cartine delle caramelle, ho tutto pronto per la pubblicazione.
Il mio avvocato, Fabio Rusconi, un prìncipe vero, esternò sulla testimonianza con queste poche parole: «Scusi, dottore… Ma io dovrei fidarmi di energumeni di questo tipo che mi informano con le loro notizie?».
Sono stato abbastanza chiaro, gente? Buon appetito!
2 thoughts on “rosari & ipocrisie. “VERGIN DI SERVO ENCOMIO E DI CODARDO OLTRAGGIO” OVVERO IL LIBERO PENSIERO AMMAZZATO DALL’AUTOCENSURA ORDINISTICA DI MATRICE IDEOLOGICA”
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