SAGGI DI DANZA MAI VISTA

Irene Russolillo [Foto di Andrea Lucherini]
Irene Russolillo [Foto di Andrea Lucherini]
MONTEMURLO. L’avevamo già vista all’opera tempo fa, al Funaro. Ieri sera, memori delle piacevoli impressioni ricevute la prima volta, abbiamo deciso di tornarla a vedere. Irene Russolillo è veramente straordinaria. Perché oltre a danzare, meravigliosamente, soprattutto con le braccia, ha anche una poderosa smorfia teatrale, un’immersione nel ruolo che trasforma uno scricciolo di donna in un portento femminile, un espressionismo imbarazzante, una carica invadente, una naturalezza preoccupante. E poi, vi raccomando, non fatela cantare, perché altrimenti, il cerchio si chiude nell’epilogo migliore e gli elogi, a quel punto, non sanno più a quale santo di aggettivo aggrapparsi.

La cecità della fortuna, tra l’altro, ha voluto anche che ieri sera, oltre e prima di Irene Russolillo, sul palco del Circolo culturale La Gualchiera, splendida masseria alle propaggini di Montemurlo, a due passi dalla Villa Smilea, il Comune e la Fondazione Toscana Spettacolo avessero organizzato una serata in cinque tempi, non a caso chiamata In tutti i sensi e che il primo di questi, il tatto (?), l’udito (?), il gusto, forse, fosse affidato a Claudia Caldarano, che proviene, probabilmente, dalla medesima scuola, di pensiero, prima che di palestra, di Irene.

A lei l’onore di aprire la serata, di Assaggi di danza e…, con Essere … e go!, una elucubrazione fisica e poetica tra l’Amleto di Shakespeare, Carmelo Bene e le attese di Beckett, un mondo sospeso tra essere e essere, apparire e apparire, soffrire e soffrire, sperare e sperare, morire e morire, dove l’alter ego non c’è, perché ci siamo già noi. Un’entrata in scena direttamente dal pubblico, cercando di indossare una maschera sospesa che possa trasformarci da vittime a vittime, perché i carnefici non li conosciamo.

Nel secondo step è il turno di Irene Russolillo e i suoi Strascichi, un poema sull’amore, sul more, ore, re, e… e tutto quello che si possa pensare, visto e considerato che l’esordio è affidato a tre vibratori colorati in funzione, ma appoggiati per terra, dove producono ben altro effetto, prima che piacere. E poi qualcuno deve aver lasciato aperte le finestre, la notte precedente, perché Irene tossisce, quando danza; anzi, la sua è una danza della tosse, così forte che arriva ai conati.

Claudia Caldarano [Foto di
Claudia Caldarano  [Foto di Andrea Lucherini]
Per fortuna muore. Ma poi risorge e il risveglio è un’altra speranza, stavolta spagnola, un desiderio di sesso divertente, una collezione di peni, descritti nell’intervista rilasciata ad un’emittente locale che per un piccolo disguido ha inviato solo l’operatore: il microfono è incorporato nella telecamera, ma la protagonista ha firmato un contratto con una ditta di cosmetici e continua a volteggiare ansiosamente il capo da una parte all’altra. I capelli fanno il resto, una chioma casual, nerissima, che abbinata alla sensualità dello sguardo diventa un irresistibile appiglio erotico.

Il pubblico se n’è andato, per fortuna: Irene, ora, può urlare tutta la propria rabbia. Lo fa cantando sulle musiche scritte da Piero Corso (in sala), ma è un adrenalina terminale: la cattiveria diventa dolore, le grida, poesia.

Dopo ci sono gli altri tre quinti della serata: (Un)Happy hour#2, con Francesco Dendi per la regìa di Nicola Norghesi, R’umorismi, di e con Armando Sanna, Pasquale Scalzi e Aldo Gentileschi e La tana, con Laura belli e Lorenzo Torracchi, diretti da Marco Cappellari.

Noi siamo già sazi, però, preferiamo andarcene: le emozioni sono come l’alcool, vanno dosate.

 

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