PISTOIA-SAMMOMMÈ. Frequentava la casa della coppia ormai da diverso tempo. Pranzava con loro, condivideva con loro lo stesso credo religioso e, alle volte, sottraeva un po’ di cibo dall’albergo Arcobaleno, dove viveva con gli altri profughi, per portarlo sulla tavola dei suoi amici.
Invece lui, Hussain Afzal, 29enne pakistano, profugo richiedente asilo, quei suoi amici li ha traditi. Così Lamiae Chriqi è morta due volte.
Afzal è stato, tra l’altro, uno dei primi soccorritori giunti sul luogo ed è stato proprio lui ad avvertire immediatamente il marito della donna della disgrazia.
Da un tragico incidente domestico a un femminicidio. Ed è stato Afzal a confessarlo ieri sera, 7 ottobre, intorno alle 20, durante un crollo psicologico sfociato in un pianto ininterrotto.
Il pakistano si sarebbe invaghito di Lamiae e le avrebbe mosso delle avances. Lei, respingendolo, avrebbe appena fatto in tempo ad afferrare un telefono e a chiudersi a chiave nel bagno di casa, chiamando aiuto. Ma Afzail ha preso una bombola del gas dalla cucina posizionandola proprio davanti alla porta del bagno. Ha poi dato fuoco ad un foglio di giornale, ha stappato la bombola, ed è fuggito.
Non solo: prima di tornare in albergo si è affacciato da una scala per vedere cosa stesse facendo la donna e ha visto che stava chiamando i Carabinieri.
Secondo le ricostruzioni della Squadra Mobile della Questura di Pistoia, i primi dubbi sulla dinamica della tragedia sarebbero emersi dalle telefonate di richiesta di aiuto che Lamiae aveva fatto ai Carabinieri.
La vittima aveva pronunciato frasi, in modo concitato e in un italiano poco comprensibile, che potevano prestarsi a diverse interpretazioni e dalle quali poteva emergere la presenza di un’altra persona nell’abitazione della donna. Le telefonate sono state poi acquisite dalla Polizia che ha la competenza territoriale su Sammommè.
Una giornata e una nottata. Questo il tempo-lampo impiegato dalla Polizia per capire che qualcosa non tornava.
“Numerose pattuglie autonome hanno sentito tutti gli abitanti del paesino, compresa la trentina di profughi dell’albergo – ha spiegato il capo della Mobile, Antonio Fusco, alla stampa – ognuno ha fornito un pezzo necessario per ricomporre il puzzle, soprattutto grazie all’importante collaborazione di una donna italiana che ha visto uscire un cittadino straniero dalla casa della vittima poco prima del rogo”.
Tra i vari abitanti ascoltati come persone informate dei fatti anche Hussain Afzal. I suoi racconti su cosa avesse fatto quel tragico pomeriggio non hanno convinto gli inquirenti. Poi, la confessione, accompagnato dal legale d’ufficio, Sara Tordazzi.
“Sono andato a trovare l’amica intrattenendomi a bere qualcosa di analcolico. Poi è nata una lite” ha detto in un primo momento, appigliandosi al fatto che la donna gli avrebbe sottratto documenti e passaporto senza alcuna intenzione di restituirglieli. Documenti, però, mai trovati dalla Polizia all’interno della casa.
Sembra invece che l’uomo avesse avuto un qualche interesse per Lamiae, circostanza confermata anche dalle persone informate dei fatti, e che, quel pomeriggio, giovedì 6 ottobre, molto probabilmente, le avrebbe mosso delle avances.
Lei, però, lo avrebbe respinto. Così sarebbe nata una lite e una colluttazione con un coltello, prima di chiudersi in bagno a chiave. Sul corpo di Lamiae è stata trovata una profonda ferita all’anulare della mano sinistra. Da lì, poi, il tragico epilogo.
Adesso, Hussain Hafzal si trova in carcere.
Il marito della donna, sconvolto, è ospite di alcuni parenti in attesa che questo incubo finisca presto per poter riportare la salma di Lamiae in Marocco.
[Alessandra Tuci]