PISTOIA. Finiamola, una buona volta, di dire fesserie. Il San Jacopo è uno zircone e la “velineria” dell’Azienda Asl 3 ce lo vuole propinare come diamante. Il personale medico e paramedico è stressato e gli errori umani e comprensibili, ma comunque non accettabili, sono sempre in agguato.
Le impegnative per visite ed esami sono in illo tempore, anche per patologie gravi. Se nel frattempo arriva l’esenzione dal ticket, si fa pagare ugualmente, come già scritto: appare evidente che il clima di tensione e di sfiducia, che l’intersindacale medica nel suo ultimo comunicato ribadisce con forza, si stempera in un meccanismo di evidente compressione aziendale per cui tutto “deve” andare bene per forza.
Rispondere all’articolo di questo quotidiano (vedi) con una velina a dir poco stupefacente (vedi), significa – perdonate la rozzezza – confondere l’urina con l’Acqua Santa. Da appena un anno “il gommone” San Jacopo è stato aperto e quotidianamente problemi più o meno rilevanti vengono a galla sistematicamente “stoppati” con spiegazioni ufficiali stupefacenti.
È da prima che il “gommone” cominciasse la sua attività che il modello a intensità di cura, già sperimentato in altre località, dimostrava di essere fallimentare e confacente solamente alla spending review.
Non con i vertici aziendali desideriamo interloquire, essendo questi l’espressione minimale e politicamente targata di un disastro annunciato: vogliamo interloquire con il personale medico e paramedico che è il terminale delle lamentele e delle, talvolta, “non cure” correttamente prestate.
Un medico costretto a “rincorrere” i propri pazienti nei cosiddetti setting, mescolati con altri pazienti di altre patologie, secondo l’intensità di cura, è una pagliacciata che espone il personale sanitario, ai vari livelli, alle lamentele dei pazienti e dei familiari, questi ultimi, poi, costretti al “cragnoso” balzello del parcheggio.
Volete un piccolo (!) esempio? Un minore, portato al “gommone” viene rimandato a casa. I genitori, davanti al bimbo dolorante, salgono in macchina e lo portano al Meyer dove i medici, papali papali, dicono ai genitori che sono fortunati: trattandosi di un bambino con cartilagini da bambino, il danno non è stato fortunatamente definitivo.
Intervengono nella maniera appropriata, dimettono il bambino ma sul certificato di dimissioni scrivono che il piccolo è stato “dimesso dall’Ospedale di Pistoia senza risoluzione del problema” (questo il senso).
Dunque, colpa dei medici? No, colpa di un sistema che ha ridotto la professionalità sanitaria a “terno al lotto”; il Pronto Soccorso, o come cavolo si chiama adesso, in una bolgia dove le attese di cinque/sei ore sono all’ordine del giorno. E ci fermiamo qui. Con un sommesso invito al personale sanitario affinché cominci a fare un po’ di casino nei confronti di amministratori che evidentemente non sono all’altezza di gestire un comparto, quale quello sanitario, con la dovuta competenza.
Signori Medici, volete continuare a rappresentare la vostra professione e svolgerla secondo canoni di professionalità come accadeva una volta o arriveremo, e prima o poi ci arriveremo, a chiamarvi non più con il vostro titolo e nome, ma semplicemente con un numero? Dott. 1, Dott. 2 e via dicendo?
Sappiamo benissimo che ciascuno di voi paga una bella messe di denari per eventuali errori commessi durante il lavoro: pagano anche Abati, Turco & soci?
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