san marcello. LA MONTAGNA NEL SECONDO CONVEGNO DEI LIONS

Un momento del convegno nella sala Baccarini di San Marcello

SAN MARCELLO. Far conoscere il Lions Club alla montagna, ma anche e soprattutto parlare della montagna, della sua storia, del suo sviluppo e dei suoi attuali e irrisolti problemi sociali, economici e demografici.

È questa l’estrema sintesi del dibattito, organizzato dal Lions Club Abetone Montagna Pistoiese che si è svolto ieri 4 marzo, nella sala Baccarini di San Marcello, dal titolo “Riflessioni sulla storia delle comunità della Montagna Pistoiese”.

Al convegno, diretta prosecuzione dell’incontro “I grandi temi della Montagna” tenutosi a Cutigliano il 18 novembre scorso, hanno partecipato in qualità di relatori, le professoresse Gabriella Aschieri e Elena Vannucci, la dottoressa Manuela Geri e l’architetto Roberto Prioreschi. (vedi: San Marcello. La Montagna e la sua storia)

Dopo la proiezione del breve video Humanitarian Service Around the World, con cui sono stati ricordati i 100 anni di attività dei Lions Club, il Presidente ha dato la parola ai relatori, presentandoli con una coincisa e documentata bibliografia delle loro pubblicazioni.

GABRIELLA ASCHIERI

Un attento e folto pubblico ha seguito le quasi tre ore di “riflessioni” sulla montagna, iniziate con quelle della professoressa Gabriella Aschieri, che ha messo in evidenza le strette relazioni tra lo sviluppo economico e quello demografico.

Corsi e ricorsi storici e cicli economici che per vari motivi hanno portato la Montagna Pistoiese a repentini “boom” e ad altrettante rapide contrazioni, quasi la montagna fosse un cuore che pompa a se energia che poi rilascia, divenendo terra d’immigrazione e di successiva emigrazione.

Acqua e legno in abbondanza hanno permesso lo sviluppo dei primi insediamenti produttivi già prima del ’500, con l’industria del ferro, della cartire e quella particolare del ghiaccio, sviluppatasi nella valle del Reno.

Condizioni che hanno portato alla nascita di una delle più grandi industrie del secolo scorso che impiegò fino a 6 mila addetti, caratterizzando e portando nel XX secolo la Montagna Pistoiese.

Quest’industria è ovviamente la la Smi, la Società Metallurgica Italiana, cui la professoressa ha dedicato parte del suo intervento, parlandone quasi fosse un “familiare” e condensando il suo pensiero nel espressione “non posso parlarne male”.

Una frase di questi tempi non scontata in cui c’è tutta la consapevolezza di chi ha vissuto in quel periodo e la riconoscenza, per chi ha costruito e dato una possibilità di sviluppo a questo territorio, non limitandosi a dare lavoro, ma costruendo anche un tessuto sociale con la realizzazione di un villaggio per i lavoratori e una scuola, rilevatasi determinante, nel secondo periodo di emigrazione, quello verso la Svizzera, in cui le maestranze sono state agevolate proprio nel lavoro trovato in terra straniera, per le conoscenze acquisite.

Antonio Marrese, Roberto Prioreschi, Elena Vannucci, Gabriella Aschieri e Manuela Geri

ELENA VANNUCCI

La professoressa Elena Vannucci ha parlato della relazione tra città e montagna, con quest’ultima che pur avendo da sempre una sua identità ben definita e precisa è stata vista e considerata spesso come un annesso della città, un territorio di passaggio se non di conquista da “depredare” a favore della piana.

Una montagna che però ha sempre cercato di “resistere” e mantenere una propria indipendenza e con essa la sua identità.

Riflessione, ampiamente documentata con esempi e fatti storici, da ricondurre a nostro avviso anche alla situazione attuale che vede la montagna impropriamente collocata in un’area metropolitana insieme a Firenze, Prato e Pistoia, senza tenere conto delle particolarità e delle esigenze totalmente e diametralmente opposte.

MANUAELA GERI

Il Presidente dell’Associazione Ecomuseo della Montagna Pistoiese, con l’ausilio di slide ha suggellato gli interventi fatti tra storia, economia e sociale, svolti dalle professoresse, presentando i sei itinerari: del ghiaccio, del ferro, dell’arte sacra, della vita quotidiana, della pietra e di quello naturalistico, cui il complesso museale si articola.

Ha esortato tutti a rimboccarsi le maniche e smettere di piangersi a dosso: obbiettivo molto vicino dato che i pochi rimasti a presidiare un territorio vastissimo non hanno da tempo più le maniche e tra un po’ non avranno neanche le lacrime per piangere.

ROBERTO PRIORESCHI

L’architetto di Campo Tizzoro ha argomentato le sue tesi con filmati, foto e documenti, puntando l’attenzione, o mancata attenzione sulle, vie di comunicazione, vero volano dello sviluppo e sulla scarsa se non inesistente manutenzione.

Le vie di comunicazioni, ferrovia e strada, fatte nei secoli scorsi hanno permesso alla montagna di svilupparsi, ma ormai, non più adeguate, sono una zavorra che hanno condannato la montagna al periodo di crisi che stiamo attraversando.

La strada fu pensata nel ’700 dal Granduca Leopoldo per i barrocci trainati dai cavalli e non certo per il passaggio di migliaia di camion, come quelli che negli passati hanno portato ghiaia per la costruzione della diga del Bilancino.

Ha evidenziato anche “la riserva aurea” contrapponendola alla nuova “babele”, fatta da uan concentrazione innaturale nei grandi centri urbani a discapito delle aree deboli.

Un mondo da riequilibrare, seguendo il consiglio di Publio Virgilio Marone che nel 36 a.C. diceva: “cura la montagna se vuoi salvare il piano”, senza dare la colpa al clima.

Tanti motivi e gli spunti di riflessione emersi nella giornata e che siano anche di stimolo e confronto per le prossime amministrative.

[Marco Ferrari]

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