
PISTOIA. Domani conferenza dei Sindaci con l’Assessore Marroni – l’uomo che parlava ai trattori – a Pistoia, ore 9.
Il brillante braccio destro di Enrico Rossi (che si appresta a chiedere ai toscani di essere rieletto in virtù della sua arte di prestigiatore della sanità regionale migliore del mondo) viene nella città di Cino a parlare di quanti milioni ci saranno tagliati stavolta. Se preferite, castrati.
Non è uno scherzo: è una tragedia. E ce lo hanno detto stamattina alla Cgil dove, da Andrea Brachi in giù (Fabrizio Baldi, Corrado Catalani dei Medici Cgil, Massimo Ciuti, Paolo Tosi, Mina Barbato dello Spi e Luisella Brotini della Filcams), ci hanno intrattenuti sulla geremiade del «muro del pianto» nato con – ovviamente – la creazione della piramide di Cheope fatta innalzare dal rieleggendo (ci scommetterete che ce la farà con estrema soddisfazione delle sinistre toscane?) Enrico, per altri cinque anni nostro beneamato monarca asburgo-lo[gor]rena.
Scherzi a parte – ma non troppi – ci fosse mai qualcosa che va nella sanità pistoiese! Tutto va bene solo (le liste di attesa si sfoltiscono, i letti a disposizione raddoppiano, i pazienti, anche quelli con le gambe rotte, si alzano dal letto e fanno i 100 metri in meno di 10 secondi: sopra c’è solo Lourdes), tutto va bene, si diceva, solo quando la santa direzione aziendale emana editti dall’ufficio velineria, magari mettendo in ridicolo la credibilità dei comunicatori che ci raccontano che gli asini volano, quando l’unica verità che persiste è il galleggiamento (almeno per ora) del San Jacopo: finché l’Ombrone – come fa ogni 200 anni circa – un bel giorno esonderà e, se non altro, farà fuori, almeno per qualche anno, blatte, topi e scarafoni che assediano la struttura ospedaliera più bella e più costosa del mondo.
Ma ora smettiamola o, altrimenti, secondo il costume del regime imperante, finiremo sotto inchiesta per reati di opinione o per aver osato descrivere una situazione paradossale e vergognosa attraverso l’arma della satira: vietata a chi disturba il manovratore politico, indiscutibile come i dogmi di Santa Romana Chiesa.
Eppure ieri, 10 febbraio – teste Andrea Brachi Cgil, non noi malevoli detrattori del potere – una vecchia signora (94 anni) trasportata al pronto soccorso del San Jacopo, è stata respinta e rimandata gentilmente a casa. Motivo: non c’era un letto per lei. Tornasse – avrebbe detto D’Alema con il suo ineccepibile uso del congiuntivo – in un altro momento. La speranza era – ci è stato detto – che la prendessero, con un atto di estrema carità, stamattina stessa a Pescia. 50 km più in là, per intenderci.
Non sono storie queste. E checché ne dica Abati, pur con tutta la sua sociologica fede, la sanità di Pistoia e provincia fa pena per non dire peggio. Qualcuno ha detto, durante la conferenza stampa, che nascere a Pistoia oggi è una disgrazia: ma noi, che siamo radicali sotto più aspetti, lo andiamo ripetendo da trent’anni.

D’altronde se l’intersindacale medica ripete che i medici pistoiesi sono i peggio pagati in Toscana, ciò dà ragione a noi, perché gli stipendi del personale medico non sono stati rifatti a misura sui parametri della spending review di quel genio di Monti (voluto, si ricordi, da quel grand’uomo di Napolitano) e della sua fida compagna Fornero, i cui danni integrali si vedranno solo nel prossimo secolo.
Liste d’attesa infinite e mai terminabili; carenza sistematica di personale che, con gli esuberi, diventerà sempre numericamente più rosicato; fibrillazione atrioventricolare e stress del medesimo personale per un regime di lavoro che neppure sarebbe andato di moda sulle navi negriere dall’Africa agli States del Sud: è questo l’oro di Bologna (quello che a guardarlo si vergogna) della sanità pistoiese.
Eppure, secondo il dottor Catalani, c’è ancora margine per potercela fare: solo che i politici la smettano di fare i medici e lascino ai medici il ridisegno ingegneristico del modello di sanità che è stato impiantato a secco sul tessuto toscano. È stato calato dall’alto un meccanismo che ha preteso di soppiantare una situazione in cui il personale era nato e si era sviluppato su binari di specializzazione e non di intervento mirato a meri parametri di intensità di cura secondo il capriccio filosofico-motoristico di Rossi-Marroni.
Fiat, si direbbe, a condizione che… Se Pistoia non funziona – è stato sottolineato – non dipende certo dal modello adottato/imposto, ma da come si è inteso realizzare tale modello: occorrevano investimenti in organizzazione e personale, ma sono mancate risorse economiche, investimenti e personale e – per fare un esempio – la tanto decantata sanità sul territorio, è fallita perché, in varie occasioni, non c’era chi potesse “esportarla” a domicilio.
Emblematici i consistenti ritardi, in vari casi, di interventi a casa degli ammalati, per carenze di organico. Definitivi – quanto a giudizio negativo – i ritardi, anche all’interno dell’ospedale, nello svolgimento dei servizi indispensabili alla persona: altra cosa è, infatti, cambiare un pannolone a un degente alle 8 del mattino, altro mutarglielo a mezzogiorno perché il personale infermieristico è quello che è, sempre a corsa dietro i medici, e non ha 8 braccia come un polpo. Checché ne dica Abati, l’uomo che parla per edificanti comunicati stampa.
A fronte di tutto questo ne risente il cittadino in ospedale, ne risente il cittadino sul territorio. Uomini, donne, bambini: vecchi e giovani. E, sul territorio, ne risente il cittadino più debole e meno protetto, quello più bisognoso di attenzione, come ha sottolineato la Barbato dello Spi.

Ma non migliore – secondo la Brotini – la situazione dell’indotto (distribuzione pasti e pulizie dell’ospedale) con operatori costretti a turni stressanti: scope sempre in mano e piatti in corsa. Un indotto che trema anche fra i fornitori di servizi (Apr/Maic Maria Assunta in Cielo, Fondazione Turati, Misericordie etc.), associazioni ed enti che teoricamente servirebbero a sfoltire concretamente le liste di attesa, ma che, con il loro budget complessivo di 10-12 milioni di € all’anno, rischiano, con la cura antiadiposa Rossi-Marroni, di vedersi tagliare altre fette del già rosicato/risicato portafoglio. Insomma: terrore liposuzione.
Ecco dunque la nostra domanda finale – di noi che siamo stupidi e ignoranti e non possiamo competere con la luce intellettuale de’ filosofi come Rossi e di tanti altri politici ispirati sia da Marx che da Dio –: perché aver costruito un megaospedale, un’astronave da guerre stellari (dove si può fare la spesa e andare a prendere il caffè la domenica pomeriggio dopo il vespro, come ai Gigli) che però va in tilt ogni settimana e che naviga sulle acque come un’arca, fra blatte e topi del campo di volo, ma che si pone come un investimento da 600 milioni e passa di € in vent’anni? Perché aver buttato via tutti quei soldi, quando, con quelle stesse risorse sprecate e gettate nella spazzatura (ché il Campo di volo una discarica era…), al vecchio Ceppo saremmo andati avanti per almeno 50 anni senza rompere i cabbasisi a nessuno e senza rimandare a casa nessuna vecchietta 94enne con gamba rotta?
Ne valeva la pena? E tenete presente, anche, che – nel frattempo – in queste giornate invernali, al vecchio Ceppo (così ci dicono) i termosifoni vanno a tutto fuoco come i reattori di un Airbus.
La bolletta del gas, alla fine, la pagheranno Rossi-Marroni-Abati, o ricadrà, come al solito, sulla gamba rotta di ogni 94enne sfortunatamente nato a Pistoia?
La CGIL sta rivedendo, quindi, il suo appoggio alla riorganizzazione del sistema sanitario effettuata negli ultimi due anni in Toscana che in provincia di Pistoia ha ridotto al nulla l’ospedale di San Marcello e sta svuotando l’ospedale di Pescia per mantenere il San Jacopo, l’ospedale senza posti letto?
E cosa ne pensa il sindacato dell’ennesima riforma dall’alto con la riduzione delle Asl a tre e la definitiva consegna della sanità pubblica alla politica?
La CGIL comincerà a fare battaglie per i diritti dei lavoratori e dei cittadini, si opporrà alla politica centralista di Rossi e si libererà finalmente della “sudditanza psicologica” al PD, dopo una lunga “pausa di genuflessione”?
Certo che ci vuole un bel coraggio per tirare fuori il capino ora e protestare dopo che la CGIL (insieme al resto della triade) hanno sottoscritto, approvato, osannato tutte le riforme e controriforme sfornate dalla Regione fin dal 2005, dal “modello per intensità di cure” già abbandonato dal resto dell’Europa, propedeutico ai 4 nuovi ospedali in project financing, regalo “chiavi in mano” al privato, allo smaltimento delle liste di attesa mediante convenzioni con privati e associazioni di volontariato, alla DGRT1235/12, delibera “taglia servizi” e “taglia personale”; non un “singulto” per il buco di Massa, zitti e mosca mentre il san Jacopo veniva costruito come la casetta della Barbie con i mattoncini Lego, a immagine e somiglianza degli altri 3, di proprietà di Astaldi e Pizzarotti per 20 anni, ASL in affitto alla modica cifra di 20 milioni l’anno e con posti letto inferiori anche al Decreto Balduzzi. Ma davvero pensano che i cittadini e i lavoratori “siano scesi con la piena”?