PESCIA. Il medico, nella sua attività quotidiana, si prende cura del singolo, si dedica alla persona, a lei rende conto. È una relazione uno a uno, che coinvolge ciascuno con la propria umanità.
Il politico e l’amministratore si dedicano, o almeno dovrebbero, all’interesse collettivo e spesso, ormai, il cittadino-individuo rimane sullo sfondo.
Le scelte politiche degli ultimi anni in materia di sanità pubblica sono andate nella direzione di tutelare la popolazione nei suoi grandi numeri e l’azione politica si è piegata verso una visione utilitarista-ragionieristica: è giusta la scelta che dà benessere al maggior numero di persone.
Se qualcuno resta indietro perché i pronto soccorso nelle zone marginali diventano punti di primo soccorso, se su un’isola non c’è la terapia intensiva, se il pediatra è a un’ora di distanza, se i punti nascita vengono chiusi e al loro posto resta il nulla, se chi non può permettersi una visita privata deve aspettare mesi e mesi per operarsi o curarsi, se il posto letto non c’è, se insomma qualcuno resta fuori dal sistema, si tratta di una minima percentuale, vale la pena sostenere il rischio di piccoli numeri (quanto piccoli in realtà?) per mantenere in piedi tutto l’apparato.
Diventa inevitabile, in questo quadro, che fra politico e cittadino la relazione umana si svuoti, schiacciata dalla freddezza delle statistiche. Il cittadino non ha più identità, perde la sua specificità e diventa semplicemente un numero, una casistica.
Non è bello né conveniente elettoralmente a dirsi apertamente, quindi siamo assaliti giornalmente dalla propaganda di Asl, presidenti di regione, assessori, consiglieri regionali, sindaci… con l’intento di far percepire ai cittadini che il processo in atto di “razionalizzazione” in sanità è giusto, utile, ragionevole e soprattutto l’unico possibile.
Finché un giorno compare sulle cronache il caso di una neonata che muore in ambulanza perché non c’è un posto nella terapia intensiva della sua città e deve affrontare un viaggio di quasi due ore per salvarsi. Non fa in tempo. A “restar fuori”, nella logica dei numeri e dei tagli dei posti letto, è stata una bambina.
Ecco allora che il cittadino-numero prende un volto ed è quello più toccante e doloroso perché è quello delicato di una neonata. L’opinione pubblica si indigna.
I politici che ci amministrano sono pronti ad indignarsi a loro volta come se non fossero responsabili ogni volta che scelgono da che parte stare con il loro voto (o non voto o astensione). Cavalcano l’onda dell’emozione per qualche giorno, finché la notizia scompare e nulla cambia, complice la rassegnazione della gente.
Non siamo stati in grado di proteggere una bambina appena nata. Il sistema si è mostrato per quello che è ed ha abbandonato una bambina, la sua famiglia e i medici che hanno assistito impotenti a questa tragedia. Per la prima volta si parla di malapolitica e non di malasanità ma sarà una breve parentesi. Calerà presto il silenzio. I medici che sbagliano pagano a caro prezzo gli errori.
I politici che scelgono voltando le spalle ai cittadini invece no.
Servirà questo dramma a far decidere chi ci governa che l’etica utilitarista in sanità non è accettabile? Che l’etica della salute pubblica dovrebbe essere un’altra ed avere al centro l’interesse dell’individuo, qualsiasi sia la sua condizione socio-economica e ovunque nasca e viva (città, periferia, isole o montagna), per poter garantire davvero e concretamente il diritto alla salute a ciascuno e quindi a tutti?
Quando la politica sceglierà di tornare a mettere al centro i bisogni delle persone e non i numeri, allora, solo allora, sarà in grado di garantire equità ed universalità di accesso alle cure.
Per far questo, però, ci vuole una rivoluzione culturale, che nessuno sembra aver voglia di intraprendere in Italia, tantomeno nella Toscana dei prossimi tre super direttori delle aree vaste che, dall’alto dell’Olimpo, da bravi burocrati ubbidienti alla politica, seguiranno il percorso tracciato dei tagli: i cittadini comuni mortali resteranno solo minuscoli puntini in lontananza, mentre i medici di corsia, spinti fuori dalla stanza dei bottoni, continueranno a fare il loro dovere giorno dopo giorno, mandando avanti il sistema, guardando in perfetta solitudine in faccia persone, non numeri.
[*] – Ospite
Dopo un intervento così, credo che si possa aggiungere poco. Si sente che viene dal cuore, prima di tutto, da chi ha già provato direttamente cosa significhi una sanità ridotta così. La situazione sembra inamovibile e senza ritorno. I politici ed i megadirettori continueranno o a far finta di nulla o a rispondere in politichese o burocratese. Ma guai a demordere. Verrà, una volta, anche il momento in cui i politicanti, o almeno alcuni, pagheranno. Ed oltre alla sanità, mi viene in mente, certamente in ambito più ridotto, la defunta Comunità Montana, dove le responsabilità politiche sono enormi, da parte di chi la ha amministrata.
Grazie Eva.
Piero Giovannelli
Assistiamo purtroppo ad un mondo basato sull’ ingiustizia. Ingiustizia di chi ci governa solo con l’ intento di mantenere il potere e arricchirsi a spese del popolo. Gente che impone dicktat e non ascolta il grido di dolore del popolo. Faziosi che governano grazie al sudditalismo di Sindaci camerieri, succubi della gerarchia di potere e servono nel piatto ciò che che il potente di turno scodella. Servi e lacchè che,; quando vedono vacillare la loro posizione prendono le distanze da chi li comanda con articoli scandalistici ed appena c’è l’ accomodamento personale che di solito avviene prima delle elezioni, rientrano all’ovile. un mondo dove non c’è più posto per lealtà, onestà e giustizia ma solo per chi sa insinuarsi strisciando verso le stanze del potere.
Governanti indegni non solo di governarci ma anche solo di rappresentarci perchè nulla c’è nel loro modo di agire che ci possa rappresentare.
Vassalli che in un momento di crisi particolarmente profonda e forse irreversibile, (Generato proprio da questi Politici) dove la gente si suicida per la perdita del lavoro o muore di freddo perchè non ha più casa o di stenti per mancanza d’ alimenti hanno il coraggio di scrivere: “Renzi resisti” come se il problema di oggi fosse quello di salvare la poltrona a Renzi e non il futuro ai nostri figli.
Governanti che pensano e sperano di governare 1000 giorni o di campare mille anni, a loro auguro che un giorno ci sia una giustizia divina dove il magistrato non è corruttibile, influenzabile ed emetta il giudizio di colpevolezza facendo sentire sulla loro pelle il dolore che hanno riversato sulla povera gente.
Che paghino per i misfatti compiuti, per aver determinato la mancanza di soccorso e per i decessi che non sono più casuali ma provocati da scelte ingiuste ed indegne di esseri umani che di umano non hanno più nemmeno le sembianze.
E’ notizia sulla cronaca di oggi che un signore di Gavinana colpito da ischemia sia stato stabilizzato a San Marcello e poi rimandato a casa perché in tutta la provincia di Pistoia non c’è un posto letto. “Forse in Versilia” gli è stato risposto.
Dopo le chirurgie della provincia “chiuse per influenza”, si può continuare così?
I Sindaci, a parte essere soddisfatti del taglio di risorse alla ASL3 di “solo” 8/9 milioni di euro, vogliono prendere una posizione forte in merito?
Deve accadere una tragedia come in Sicilia perché qualcuno si muova?
Eva Giuliani