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DIRETTORE, mi è preso l’insano desiderio di essere ignorante.
Nel senso non di non sapere, di ignorare, ma in quello ben più prosaico della cattiveria per quanto benevola, verso il mio prossimo.
Mi è accaduto stamani, transitando davanti alla Basilica della Madonna, dove sono esposti i resti mortali di Santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo.
A te, che dici di non credere, la cosa non interesserà minimamente se non fosse per il famoso detto di Chesterton: «Quando uno cessa di credere in Dio, non è che non creda più niente; invece crede a tutto».
Torniamo a noi. Non mi sono fermato e non sono entrato forse perché non sum dignus o forse perché avevo paura di trovare troppe degnissime persone a fare mostra di sé e della loro indiscutibile e immarcescibile Fede.
Anche quelle persone, e qui comincia la mia ignoranza, che ai tempi nostri, con spirito goliardico, chiamavamo “tegami”.
Erano di “genere femminile” e praticavano (zitte zitte) il libero amore, si battevano per l’emancipazione e andavano in Chiesa: proprio come oggi.
Molte di queste signorine si sono poi sposate in abito bianco e hanno giurato fedeltà e amore al coniuge, nella buona e cattiva sorte “finché morte non ci separi”.
Così diceva la formula di rito, prima che il Concilio Ecumenico Vaticano II e i suoi preti d’assalto, a cominciare da Don Milani che amava teneramente i bambini, non hanno introdotto il civile strumento del divorzio.

Però, se uno/a in costanza ancora di matrimonio, prima del civile verdetto finale di scioglimento, frequenta il talamo di altri, allora è un “tegame” – e questo pensavamo allora e pensiamo adesso.
Ancor di più lo è quando avanza la pretesa di poter accedere ai Sacramenti, espressamente vietati al concubino o alla concubina e facendosi beffa di tale categorica disposizione, ma anzi sbeffeggiandola, “si pappa” un’ostia (da non confondere con Sacra Particula) attraverso l’accondiscendenza di preti che disattendono questa disposizione o mezzi preti, i cosiddetti diaconi, che si prestano all’uopo.
Così l’immagine pubblica alla quale tanto “si tiene” è salva: i bigotti sono quelli come me che in Chiesa, per motivi personali, ben poco vanno in giro e l’immagine del “tegame” assume quelle celestiali forme che solo asceti e pensatori modernisti possono comprendere.
Io nella Basilica dell’Umiltà non ci entrerò perché mi disturberebbero certi incontri, soprattutto pensando – pensiero peccaminoso – a qualche “occasione” perduta.
Forse andrò in processione, in fondo e ben riparato: tanto è buio.
Le luci della ribalta le lascio volentieri a qualche “tegame”.
Prosit.
[*] – In veste di ignorante beffardo
[Foto di Celine Martin (Sor Genoveva de la Santa Faz) – Archivos del Carmelo de Lisieux, CC0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=35129680]