PISTOIA. La san[t]ità costa agli italiani 111 miliardi di euro l’anno ovvero circa 1.900 euro a persona.
Scartabellando un po’ su internet ci si può fare, avendo un’età media di 50 anni e un lavoro “normale”, una buona assicurazione sanitaria (comprensiva di interventi chirurgici importanti) con circa 120 euro al mese, pari a 1440 euro l’anno.
Ciononostante resto convinto che il sistema sanitario nazionale, uno dei pochissimi sistemi sanitari universali, che cioè garantisce l’assistenza sanitaria a tutti, andrebbe difeso.
Ma non in toto e non a prescindere.
A inizio agosto ho fatto richiesta al Cup di Pistoia per una visita in pediatria contrassegnata come urgente dalla pediatra. L’appuntamento mi è stato fissato per il 20 di settembre.
Naturalmente ho provato a insistere, ma mi hanno spiegato che, trattandosi di endocrinologia pediatrica non era poi così urgente e che in ogni caso per questa branca specifica l’urgenza non esiste.
Tra l’altro vado sul sito dell’Asl per scaricare il modulo di indennità (30 euro) per gli appuntamenti che superano i 30 giorni dalla richiesta al Cup, e scopro che tale rimborso non è previsto per questa fattispecie medica.
Ho aspettato e il 19 settembre magicamente mi telefonano dall’ospedale per comunicarmi che la visita era saltata, per non meglio specificati motivi. Mi viene detto che sarò messo in lista e che mi faranno sapere.
A questo punto chiamo il Meyer e chiedo un appuntamento a pagamento: detto fatto, vado il giorno dopo (105 euro, grazie!).
Al Meyer trovo uno specialista competente e che mi spiega ogni cosa, ma questo, in fondo, è dovuto, visto che pago di tasca mia (e sarebbe dovuto sempre visto che tra ticket e tasse pago comunque di tasca mia).
Ed ecco che viene il bello, almeno per le abitudini pistoiesi: prenoto un’ecografia per mia figlia e mi danno un appuntamento da lì a 7 giorni. Stavolta non in privato, ma con regolare ricetta rossa dello specialista e ticket pubblico.
Dopo 7 giorni mi ripresento e, come già alla prima visita a pagamento, arrivo all’accettazione, dove personale cortesissimo e abbondante, evita il formarsi di code.
Sbrigo l’accettazione e il pagamento del ticket in 5 minuti, vado a prendermi un caffè e, sorpresa ulteriore, non trovo un’affollata sala d’aspetto, ma poiché gli orari fissati sono realistici (la visita preliminare della settimana prima era scaglionata di 45 minuti da una all’altra) siamo solo io e mia figlia e il tutto si svolge in pochi minuti con una cortesissima dottoressa.
Al termine la dottoressa decide che sarà sufficiente, per ora, ripetere l’ecografia tra tre mesi: io chiedo alla dottoressa quanto prima è necessario prenotare, abituato come sono ai “ritmi” pistoiesi; e, sorpresa, mi dice che bastano 5 giorni prima dell’ecografia.
A questo punto chiedo quale sia il segreto di tale rapidità. La risposta è disarmante: nessun segreto, siamo in due e facciamo orario continuato da mattina a sera.
Il segreto in pratica è lavorare. Lavorare per lo Stato, per i cittadini e non per se stessi. Il segreto è non abusare dell’intramoenia (tutto legale per carità… e tutto molto avvilente, o che lo dovrebbe essere, se solo ci si ricordasse perché si sono fatti certi studi e con quali ideali…), per la quale lavori 10 ore la settimana per il pubblico e 30 per te stesso.
In un Paese normale non ci sarebbe stato nemmeno motivo di stupirsi, ma questo non è un Paese normale e quindi, al colmo della commozione, stavo per abbracciare la dottoressa.
In ogni caso, finalmente ho visto un ospedale degno di questo nome, accogliente, organizzato, con gente che ti risponde con garbo: certo ci sono cose che anche lì continuano ad essere assurde, ne cito una su tutte:
- nell’epoca della Pec ancora tutto fatto su cartaceo, ancora esami inviati a casa per posta. Ma al Ministero nessuno pensa mai a quanto si potrebbe risparmiare facendo tutto per via telematica? Io penso che per un ospedale come il Meyer siano centinaia di migliaia di euro (facciamo 200.000 l’anno?).
[Massimo Scalas]
P.S. – Naturalmente ho inviato un reclamo scritto all’Asl di Pistoia… Mi hanno chiamato dall’ufficio relazioni con il pubblico dopo 10 giorni spiegandomi, con tono da cosa che cade solennemente dall’alto, che il dottor Agostiniani stava vedendo se – e sottolineo se – era possibile trovare uno spazio a Pescia… Non la ho fatta nemmeno finire (era una signora): dopo averle premesso che questo Paese andrebbe ribaltato a 360°, le ho comunicato che avevo già fatto, a spese mie, ma il giorno dopo la mia richiesta al Mayer!