san[t]ità. PIOMBINO. E SE FOSSE SUCCESSO ALTROVE?

Piombino [da www.ilpost.it]
Piombino [da www.ilpost.it]
PISTOIA. Quello che è successo a Piombino con la sua infermiera killer, ancora da dimostrare però, è di evidenza pubblica ma induce ad alcune semplici riflessioni.

Parliamo naturalmente sempre e comunque per ipotesi, perché l’accaduto merita la massima cautela.

Il tempo intercorrente fra il sospetto e il trasferimento ad altro reparto della presunta colpevole, ha prodotto altre due o tre morti, e già qualcuno ha parlato di colpevole lentezza dell’azienda sanitaria e di ipotetiche e future rivalse.

Mentre “questo” caso è venuto alla luce, si continua bellamente ad accorpare servizi, a chiudere presidi ospedalieri convogliando il tutto in strutture sempre più incontrollabili sia sotto l’aspetto dei servizi, sia sotto quello della giusta e doverosa vigilanza.

Torna prepotentemente in evidenza il comunicato Cgil dove si parla di morti evitabili da valutare attentamente sotto l’aspetto della ineluttabilità clinica (vedi qui e qui), anche in relazione alla super attività del personale e al conseguente stress quotidiano ai quali sono sottoposti i dipendenti medici e paramedici della sanità toscana: quella delle distruzioni Rossi-Marroni-Saccardi.

Ci domandiamo, e lo domandiamo soprattutto ai compagni new age che governano la nostra salute, se il principio e il traguardo del risparmio a ogni costo non sia colpevolmente alla base delle malefatte, conosciute o meno, che la sanità quotidianamente ci costringe a subire.

L’ospedale di Piombino è definito, anche dai media, “piccolo” con un tono dispregiativo e un subliminale messaggio ai fessi per cui “piccolo” è brutto mentre “grande” è bello.

Domandina provocatoria: se un caso simile fosse accaduto nelle megalattiche strutture che l’azienda sanitaria toscana persegue pervicacemente, sarebbe mai venuto alla luce?

Poniamo questa domanda perché sappiamo benissimo che i referenti di alto livello “accasati” nelle Asl toscane sono solo servitorelli sciocchi colà collocati per tessera partitica e non per incontestabili competenze.

Ovviamente, il tutto con le dovute eccezioni che però non fanno regola.

Se questo evento non fosse accaduto a Piombino, dove già l’azienda sanitaria è sotto accusa per il troppo tempo trascorso nell’accertamento dei fatti, ma fosse accaduto nelle mega strutture odierne dell’Asl, “il caso” sarebbe ugualmente scoppiato o addirittura ipotizzato o addirittura reso pubblico?

O molto più semplicemente non sarebbe neppure “comparso” stante l’impossibilità di poter seriamente controllare pazienti, medici, infermieri e dirigenti (inutili)?

Ci rendiamo conto che questa è una domanda semplice, ma sappiamo anche che le cose semplici sono quelle più comprensibili e vere: se la baracca sanitaria toscana avesse questo requisito della semplicità, Rossi, i suoi ruffiani e le sue velinerie, probabilmente, sarebbero o tornerebbero a spazzare qualche corsia. E sarebbe un guadagno (o una salvezza?) per tutti.

O forse nemmeno quello, la spazzatura, perché ogni lavoro, dal più umile al più alto, ha la propria dignità.

Parlare di dignità a certi personaggi è come volerli convincere che gli asini non volano.

[Felice De Matteis]

Vedi anche: ipasvi: «solidarietà per la vicenda piombino»

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2 thoughts on “san[t]ità. PIOMBINO. E SE FOSSE SUCCESSO ALTROVE?

  1. Buon giorno Felice, poste le cautele del caso, la mia esperienza come istruttore e insegnante di persone cieche o ipovedenti, mi ha portato spesso a “bazzicare” nei dintorni della cosa pubblica e della sanità pubblica (con un misto di sgomento e rabbia, spesso….). Tale esperienza mi porta a spostare l’attenzione dai temi da Lei posti per andare terra- terra, a due considerazioni:
    1- la mancanza riscontraa più volte sul campo, di un’adeguata preparazione e professionalità di una parte non secondaria del personale
    2- l’assoluta mancanza di un controllo reale (commissioni ce n’è a bizzeffe ma di solito si riuniscono e parlano di cose che non praticano di persona…in definitifa cose di cui non sanno….) sull’operato del personale, che mai o quasi mai viene davvero monitorato, cui quasi mai si chiede conto dei risultati, perchè tali risultati, spesso sono solo verificati sulla carta e mai nel concreto.
    3- l’assoluta mancanza di controlli mirati sulle condizioni psicologiche dell’operatore, che specie se non preparato adeguatamente sia dal punto di vista della conoscenza della materia, che psicologico può andare incontro al cosidetto barnout (in parole povere l’insofferenza verso il proprio lavoro e le persone che gli sono affidate). Eppure assicuro che per un superiore attento non ci vuole molto a capire se un operatore è in barnout.
    In definitiva l’insieme si può riassumere nel solito pressapochismo italiano, nella mancanza di selezione che porta ad avere cani e porci negli ospedali come nelle scuole come in tutto ciò che è pubblico, che, al netto delle dichiarazioni vergini marie santissime delle acque pubbliche, continua ad essere quasi solo un gigantesco ufficio di collocamento.
    Naturalmente non dobbiamo mai scordare che le responsabilità di certi crimini sono assolutamente personali. Non c’entra lo stress, non c’entra l’organizzazione, ne la società, se tu sei un pazzo assassino. Se le accuse dovessero essere provate proviamo a gettare via la chiave. Magari.
    Alla prossima!
    Massimo Scalas

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