sarcofaghi & bilance. BRANA RIVER ANTHOLOGY: «IN NOME DEL COMPROMESSO AI DANNI DEL POPOLO ITALIANO»

Sotto il profilo dell’analisi storica, è fin troppo facile capire che la gestione della giustizia in Italia è affidata, pariteticamente, a due gruppi solo nominalmente avversari: magistrati e avvocati


La procura di Pistoia non di rado non garantisce i diritti del cittadino


VOLLERO LEGGI SCRITTE I SAGGI ANTICHI

MA OGGI S’HA SOLO FOGLIE E NIENTE FICHI


Revised March 04, 2023 • 9:22:05 AM

E il pubblico ministero rispose: «Non mi hai detto analiticamente perché vuoi vedere quello che vuoi vedere». Ecco la famosa friendly administration dei professori comunisti luminari di diritto pubblico e costituzionale (Mattarella compreso)

 

Ieri nell’articolo caro coletta… lei non lavora per la “gente comune”: lei la “gente comune” la lavora. e la fa anche lavorare da altri, scrivevo: «negazione – sempre con le ragioni della circolare n. 574/2 del 14 marzo 2022 – di documenti da parte di Lei, Pm, a persona rinviata a giudizio, impossibilitata a difendersi in maniera appropriata» etc..

Oggi, com’è uso fare questo giornale/non-giornale, mostro ai lettori che, contrariamente a quanto si dice nel tribunale di Pistoia, Linea Libera fa perfettamente il suo dovere di cronaca, critica e sàtira nel mostrare che le cose locali non vanno affatto bene come quelle famose della madama la marchesa.

FATTO

Un cittadino pistoiese viene colpito da un decreto penale. Lo ha richiesto il pm Tommaso Coletta perché ha ritenuto che quel cittadino abbia offeso una «autorità costituita» con un commento indegno su Facebook. Coletta ha anche quantificato la pena: 900,00 €. Magari in séguito vi pubblico anche la richiesta del procuratore capo.

Il decreto penale è un attrezzo che, a tutto concedere, sembra fatto apposta per servire a due precisi fini antitetici: 1. crea sconforto immediato e disorientamento nel cittadino che, convinto di non aver fatto niente di male, si vede raggiunto da una sassata inattesa nella testa; 2. dall’altra parte può esimere un grosso colpevole da grossi problemi giudiziari, perché gli lancia un salvagente grazie al quale il delinquente si toglie di dosso un processo che potrebbe anche finire male. Paga semplicemente una cifra tot, curva la schiena e va avanti, aspettando che tutto svanisca come la sfumatura di un bicchiere di vino bianco in una casseruola sul fornello.

Un esempio lo abbiamo in un provvedimento a suo tempo emesso per un presidente della contestatissima discarica del Cassero: quella che non si sa cosa contiene e che – va detto per l’interesse e il bene collettivo, anche se la procura finge di non saperlo – sgocciola cloruro di vinile nei pozzi della piana. Ma tanto non sta a cuore a chi di dovere.

Il Cassero è, però, come l’inceneritore di Montale: una creatura rossa e tutti sanno che le creature rosse, anche se non provengono da Marte, hanno il diritto di non essere toccate: l’inviolabilità (sacer esto) dei tribuni della plebe romani.

A questo proposito vedi Usl; vedi Concorsopoli; vedi Lucia Turco; vedi gli infortuni sul lavoro da oltre 40 giorni di referto. Chi mai oserebbe turbare i sonni di sì nobili schiatte di fede che hanno perfino permesso agli industriali dell’area del cuoio di risparmiare 45 milioni di euro (salvo errori), evitando smaltimenti di legge e mettendo, però, a rischio la salute e la vita della gente?

STEPS

La Gip Patrizia Martucci – su richiesta (liceat: a nostro modesto avviso, assurda) del pm capo Tommaso Coletta, di bastonare il cittadino reo di un commento perfettamente veritiero, continente e pertinente – in ossequio alla sua fideistica convinzione che le «autorità costituite» sono sante-sante-sante per diritto divino, conferma il decreto. È, oltretutto, opera di un pm capo: non può discutersi. Deve essere necessariamente vero e confermato oltre ogni ragionevole dubbio.

Ma il cittadino non ci sta e ricorre. Nel frattempo la “vittima del decreto” viene a sapere che, sulla stessa materia che riguarda anche lui, ci sono stati altri procedimenti penali e, per meglio difendere la sua posizione, chiede al tribunale e al pm Coletta di prendere visione ed estrarre copia delle carte dei procedimenti che gli interessano.

RIFLESSIONE

Su Facebook è Tom Col

Perfino io, Edoardo Bianchini, dichiarato e perseguitato come straccione di stalker del ragionier non-dottor Romolo Perrozzi favorito dal Comune di Quarrata; e come diffamatore seriale di un mai-comandante dei vigili di Agliana, tenuto in Comune per 15 anni, al caldo, su un posto che non gli apparteneva (anch’egli evidentissimamente protetto dalla stessa procura); perfino io so che una delle leggi italiane (la 241/90) prevede (art. 24, comma 7) che non si possano segretare o rifiutare documenti che possono servire a curare o a difendere gli interessi giuridici di un cittadino.

Ma il pm capo di Pistoia lo ignora? E respinge la richiesta? Leggete la risposta “olografa”. La motivazione – parlo, qui, in termini di critica, con la garanzia dell’art. 21 della Costituzione – è quantomeno penosa: il richiedente non ha esplicitato analiticamente i motivi della richiesta. Non basta, alla legge, l’evidenza dei fatti: ma quando la legge viola le sue stesse norme (vedi il duo De Gaudio-Serranti che impongono a Lara Turelli un interrogatorio poi dichiarato illecito dal collegio giudicante Billet-Cerrone-Gaspari), ecco che la “forma conformistica del conforme” che caratterizza Tommaso Coletta, dorme: e nella quiete del riposo, scorda quella vergogna che viene disinvoltamente chiusa con una perfetta opera di copia-incolla capace di saltare in lungo, immemore che non solo anche, ma soprattutto i magistrati devono dare per primi il buon esempio ai cittadini, da loro di solito condannati in anteprima.

CHE PENA!

Hanno poco da ridere i pistoiesi della “capitale della cultura”, con in giro magistrati che ragionano in questi termini. Hanno tutto da piangere i signori politici (dai rappresentanti romani: La Pietra, Masini, Vescovi, Bini, Carrara; ai sindaci, sotto-sindaci, partigiani di partito etc.) e i giornalisti attovagliati che, nell’arco degli ultimi quasi 5 anni di “legislatura Mattarella” di nome e di fatto, non hanno saputo neppure annusare la tragica gestione della giustizia a Pistoia. Non hanno percepito l’afrore dell’aria di Brana River. Non hanno fatto una parola una, tradendo tutti i princìpi per i quali erano lì a osservare cosa stava succedendo sotto i loro occhi.

Forse l’Ordine degli avvocati e la Camera penale dovrebbero essere più attenti e attivi se vogliono fungere da baluardo contro l’ingiustizia, secondo il punto di vista della presidente Cecilia Turco

Non solo. Coletta, con una circolare imperativa che cancella i più elementari diritti del cittadino, nega a priori l’estrazione di copia dai fascicoli di cui un suo qualsiasi subalterno chiede l’archiviazione.

Le ragioni le sa solo lui. Ma non sarebbe male che, proprio per questo lato in ombra, la stessa presidente dell’ordine degli avvocati, la signora Cecilia Turco, insieme al presidente della Camera Penale, si facesse coraggio e gliene chiedesse ragione.

Anche se, sotto il profilo dell’analisi storica, è fin troppo facile capire che la gestione della giustizia in Italia è affidata, pariteticamente, a due gruppi solo nominalmente avversari: magistrati e avvocati.

I quali, se andiamo a vedere, tengono strani rapporti circa il rispetto dei reciproci ruoli: schemi che sembrano più portarli a confrontarsi-incontrarsi, miscelarsi-contemperare e bilanciare (magari con piattini truccati) le instabili-precarie realtà affidate al “prudente apprezzamento” dei giudici.

È una operazione che, sotto il profilo lessicografico, può essere definita solo come “compromesso”: una definizione non solo più che trasparente, ma fin troppo in voga da sempre. E causa certa di tutti i mali per il popolo delle “pecore da tosa”…

Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]



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