Sì, ma che c’entra questa citazione dantesca (Purgatorio, canto III, vv. 37-39) con la foto che sta qua sotto? Niente. Assolutamente niente – rispose il parroco seduto nel confessionale –. Niente come la vita che se ne va di Renato Zero. O come il carrozzone di dementi che il popolo sovrano paga, foraggia e si tira dietro perché gliene facciano di tutti i colori»
Se il Papa te lo disce
puoi star pur sulle strisce
Nell’ottica dell’Uno, nessuno e centomila che attanaglia la coltissima città di Vanni Fucci, appellabile pure Capitale della Cultura o, più appropriatamente, Sarcofago City, tutto sta a tutto come il cavolo sta alla merenda. In termini di formule:
Tutto : Tutto = il Cavolo : alla Merenda.
Quest’inutile preambolo (preambolo inutile come la vita di chi ci governa, ci amministra e ci “sagàgna i maróni” credendo nella superiorità della sua personale razza ariana) è per tutti quegli intellettuali salvifici che tengono la città di Cino sotto il coperchio di una pentola a pressione o meglio il tappo di una autoclave di acque nere.
Alti, solenni, vestiti di nero come la Nonna Lucia del Carducci (o anche gli incappucciati, meglio, della Misericordia, addetti – come diceva mia nonna analfabeta – allo «straporto de’ morti»), son tutti lì che si s-fibrillano (con la s davanti) in attesa che il 30 maggio prossimo io, direttore di un giornale che sta sulle palle a tutti, perché sta sulla testa e sul collo di tutti alla maniera di un Conte Ugolino sulla collottola dell’arcivescovo Ruggieri; in attesa che il 30 maggio prossimo, dicevo, io venga chiappato, ammanettato e ai ferri gettato. Che ridere!
Contentatevi, o dantesche e piagnucolose Pie dei Tolomei, se ogni giorno non ci finite voi in galera. E fate a meno di spettegolare di quella degli altri come me, che in galera ci vanno/non ci vanno – si vedrà –, ma che col loro esporsi ai rischi tremendi, fanno opera di democrazia e di esercizio vero della libertà (alla stregua dei magistrati morti per qualcosa) anche a favore dei magistrati, degli avvocati, dei leccaculo che si s-fibrillano, dei cattolici che pregano senza credere se non al denaro, dei bene (o pène) fattori integrati e integrali, come i biscottini del Mulino Bianco, e vivono perché dotati, nel Dna, del gene lingecùlico del saprofita, il batterio che distrugge e ricicla perfino il legno in umido.
Per chi parlo? Per Uno, nessuno e centomila che stanno lì a spippolar rosari perché, i rompipalle come me, crèpino. E magari strillano – come qualcuno che so ben io – che «la giustizia faccia la sua parte e il suo corso!».
Contentatevi, incece, delle pizze che ingurgitate senza neppure masticare; dei carciofi che siete; dei beoti che dimostrate di essere agendo di male in peggio ogni volta che aprite bocca.
Non bastano, infatti – dice Gesù nel Vangelo dei funghi alla griglia –, un Puffo a trasformarsi in genio; né un asino, pur se a 6 zampe e zoccoli come il cane nero dell’Eni, a spiegarci le nevralgie delle parole che vengono dal latino, dal greco e – soprattutto – da tutti quei blow jobs (= lavori di soffiatura…) che si fanno per viver senza affanno, illudendosi di essere intellettuali infiocchettati, se sanno solo vendere giornali e per giunta male. Né bastano a mondi aprirci delle femmes politiques che portano avanti battaglie epocali lottando senza tregua per l’abbassamento dell’Iva sui Tampax. Questa sì che è vera materia di vita!
Chiudo il saluto con Battisti, più adatto a me e alla mia scontrosa modestia da contadino e orgogliosamente non-professore:
Che non si muore per amore
È una gran bella verità
Perciò dolcissimo mio amore
Ecco quello, quello che da domani
Mi accadràIo vivrò
Senza te
Anche se ancora non so
Come io vivrò
Senza te…
Saluti a tutti quelli che stanno dalla parte bigottona delle «autorità costituite» in forma «de li dèi falsi e bugiardi». Non di sola sinistra vive l’uomo, ma anche di squassi di pugnette a piena mano. Che fra l’altro fanno godere anche di più…
Edoardo Bianchini
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