PISTOIA. Il capogruppo del Pd Giovanni Sarteschi puntualizza in merito alla recente votazione che ha visto la maggioranza di palazzo Giano respingere la mozione proposta dal consigliere Sforzi (Sel) circa l’inserimento della gestione pubblica del servizio idrico nello statuto comunale. Ecco la nota:
Leggo un articolo su La Nazione in cui si scrive che i democratici in consiglio comunale sarebbero andati in ordine sparso su una proposta di modifica dello Statuto che “garantiva” la gestione pubblica del servizio idrico.
È utile precisare che è stato il segretario generale dell’amministrazione ad alzare paletta rossa e a rilasciare formale parere tecnico contrario, sostenendo che non lo Statuto di un Comune ma soltanto la legge può “garantire” le forme della gestione dei servizi pubblici.
Di conseguenza il gruppo del Pd ha espresso voto contrario. Il consigliere Stefano Franceschi, a titolo personale, come galanteria nei confronti del proponente, si è astenuto (ma l’astensione, si sa, equivale a voto contrario ai fini della approvazione) e Carla Breschi, dissentendo dal parere del segretario (suppongo, perché non ha motivato) ha espresso voto favorevole. Quindi il gruppo è stato compatto nel respingere la proposta in quanto contraria alla legge con l’eccezione della consigliera Breschi.
Mi preme, inoltre, precisare che ho cercato un accordo con il proponente che sostituisse l’espressione “il Comune garantisce la gestione pubblica” con l’espressione “il Comune favorisce la gestione pubblica”, o simili, che avrebbe conservato intatta la finalità della proposta e probabilmente superato la contrarietà del segretario. Tuttavia il tentativo è stato vano non avendo, il proponente, consentito ad una simile mediazione. E, per rispetto nei suoi confronti, né io né altri del gruppo Pd abbiamo presentato emendamenti.
Infine la pubblicità della gestione del servizio idrico era e rimane un obiettivo di questa amministrazione, scritto a chiare lettere nel programma elettorale. Il problema è che non basta la volontà di Pistoia. Il suo raggiungimento richiede ampi accordi fra tutti i comuni compresi nell’ambito territoriale toscano. Oppure una legge. Su questi aspetti dovrà continuare a concentrarsi e certo si concentrerà l’impegno del Comune.
Anche il comitato Acqua Bene comune Pistoia e Valdinievole aveva espresso il proprio disappunto sulla vicenda, vedi qui.
Ci pare tuttavia di capire che in effetti una simile mozione, se approvata, sarebbe stata solo una colossale contraddizione della realtà. Infatti la ripubblicizzazione del servizio idrico può partire solo dall’iniziativa del Parlamento (ci sono proposte di legge trasversali in tal senso arenate non si sa da quanto a Montecitorio) o del Governo, che già da qualche anno si è letteralmente sostituito, esautorandolo, all’organo legislativo e marcia a colpi di decreti legge sfornandone a quantità industriale e contraddicendo la democrazia del Pd che se la rifaceva – su questo – con i governi del Berlusca.
In alternativa i sindaci toscani dovrebbero tornare protagonisti della gestione dei servizi pubblici essenziali e cercare di attuare un complesso percorso di ripubblicizzazione che dal governo del Bomba difficilmente potrà partire.
Ma anche questa via pare preclusa: il presidente di Ait, il sindaco di Grosseto Emilio Bonifazi, con cui abbiamo parlato a margine della conferenza stampa sull’amianto lo scorso lunedì a Firenze (vedi), ha sottolineato l’opportunità di una rapida soluzione del conflitto d’interesse in cui si trovano i sindaci toscani, quasi tutti piddini, di essere cioè controllori e controllati (peggio del Berlusca, alla fine…), nella loro qualità di soci di maggioranza delle spa del servizio idrico.
Publiacqua, ad esempio, ha una maggioranza pubblica del 60%, che però è frazionata in una miriade di comuni: solo il comune di Firenze e Consiag (una grande holding-carrozzone pubblica dei servizi a rete – gas, telecomunicazioni, elettricità – che contribuisce a fare dell’Italia uno dei paesi con minore concorrenza in assoluto con tariffe da capogiro) hanno una percentuale maggiore del 20%, situazione ottimale per impedire una concorde strategia della parte pubblica.
In altre parole il discorso di Bonifazi, partito – ribadiamo – dall’assunto di superare il modello in cui ai sindaci compete il ruolo di proprietario, gestore, indirizzatore e controllore delle aziende del servizio idrico, ha alluso alla prospettiva del modello della multiutility quotata in borsa, magari a maggioranza privata.
Il modello Hera insomma: date qui un’occhiata e stupitevi. O Iren (del compagno Delrio), in cui ai comuni spetta semplicemente di incamerare gli “utili drogati” che piovono da un sistema legato a logiche finanziarie e comunque non di democrazia o efficienza gestionale.
Peccato davvero, perché il sistema della società di diritto pubblico richiamato dalla ripubblicizzazione, dove gli obiettivi sono il pareggio di bilancio e gli investimenti per la qualità del servizio, garantirebbe gli utenti e l’economia reale. Oltre al ruolo dei comuni.
Non a caso lo hanno capito e attuato anche a Parigi (rivedere qui).
Lorenzo Cristofani
MAIS PISTOIA N’EST PAS PARIS!
ANCHE SE i pistoiesi sono così provinciali che, per sfoggiare il loro ambìto cosmopolitismo, sono stati tutti a Parigi più di una volta, e di Parigi parlano come di una loro seconda patria ideale che sanno attraversare a piedi al pari di piazza della Sala e di via degli Orafi.
In effetti Parigi potrebbe far loro un miracolo se solo sapessero (ma, anche se sono cattedratici, i pistoiesi studiano poco…) cosa Parigi ha significato per il mondo a partire dal 14 luglio 1789: ma vi pare che il bigottismo pistoiese di sinistra (70 anni di Rue de Merde, cioè di monoblocco sovietico, tanto per citare un famoso film di Mel Brooks) sia disponibile a rinunciare a un piatto di lenticchie per mangiare un bel cappone arrosto? Nemmeno a sognarselo. Dovrebbero parlare e assumere posizioni di protesta e i pistoiesi, da almeno mille anni, sono abituati alla reticenza.
È così che questa città – che, a parte rare eccezioni, si è sempre sorretta su omuncoli della politica (e negli ultimi decenni ancor più che mai) – non sarà capace di organizzare alcuna azione efficace a ripristinare dei valori che hanno sempre fatto parte del bagaglio di un’idea socialista del mondo, e non di quella di un “pagliaio da pelare” da cui, dagli Agnelli ai sinistresi Debenedetti etc., hanno sempre portato via a danno finale dei lavoratori. E l’ultimo evento – vedrete – sarà la Breda: è questione di tempo. Forse nemmen troppo.
Ed è così che il capogruppo Sarteschi (pòeri clienti!, esclamò una volta Paolo Cappellini, a Giurisprudenza, dopo aver esaminato un giovane aspirante leguleio…), impomatato e azzimato come un cavalier servente del 700, quasi da commedia goldoniana; e che cammina per Palazzo di Giano ma non sa (o finge?) nemmen riconoscere quelli in cui si imbatte (ripenso – e non solo – al caso Fortunati… ), naviga raso-costa sul filo della legalità per respingere la proposta Sforzi.
Sforzi è illegale – vero, avvocato Sarteschi? – ma non lo è il suo “datore di lavoro” Bertinelli quando dice di voler trascrivere le nozze gay, perché lì la cosa è diversa e il discorso è un altro. Lì ne va del conformismo pseudo-demo-piddino. E basta.
È sempre la solita storia, che i comunisti (un tempo) e questa melassa di Bombardini (oggi) vogliono una cosa sola: mantenere privilegi e potere. Che siano di pochi euro al mese in un Comune, come di migliaia di euro in Parlamento e altrove, non fa differenza. E il mezzo è sempre il solito: le saint embrasse du cul, omologo del “bacio della pantofola”.
Allora, come si potrà pagare un giusto prezzo per l’acqua, senza angherie come quelle della truffa-depurazione o dell’igienico amianto, finché una zampa sopra alla Publi ce la terrà anche quel Renzi-Bombardino che va al mare col suo lacchè Vannoni?
E se il popolo sta male – sempre per citare dal solito, famoso film di Mel Brooks – «fancùlo i poveri!», vero Sarteschi?
Buon fine anno, pistoiesi di Parigi!
Edoardo Bianchini