MI SCRIVE un carissimo amico, collega professionista, dopo aver letto miracoli. Dalle Nozze di Cana a quelle di Agliana: quando il pane si trasforma in rose. 1.
Dice:
Di te, alla fine, ma proprio alla fine, diranno che eri uno dei pochi giornalisti veri, molesti, di Pistoia e dintorni.
Ma solo alla fine, cioè fra una quarantina di anni.
Quando, da lassù, magari trovando Franco Zeffirelli, ti divertirai come un matto.
Lo voglio ringraziare per la sua estrema bontà nei miei confronti. E spero di campare ancora per qualche anno, almeno per rompere i corbelli ancora a tre o quattro persone che m’intendo io.
Il titolo, qui sopra, scimmiotta una famosa frase di Cicerone: Orator fit, poeta nascitur. Per diventare avvocati si va a studiare da Giuseppe Conte, ma per fare i poeti non si può andare da Dante o da Montale: o nasci o ciccia.
Così per fare il giornalista – che fa, come diceva Montanelli, il giornalismo per il giornalismo, anche se a volte è un mestiere pericoloso – bisogna nascere con l’estro del «voler dare noia». E questo non è dato a tutti – anche Dio è ingiusto.
Poi ci sono, certamente, anche i colleghi che noia non ne danno, e che hanno imparato a fare il giornalismo come quelli che studiano per avvocato.
Ma loro sono quelli dànno ragione alla famosa battuta: «Quelli che non hanno voglia di lavorare fanno i giornalisti!».
Buona giornata a tutti i veri rompiballe!
E.B.
[direttore@linealibera.it]
Diritto di fare l’Orazio sàtiro