scuola. UNA “ZONA GRIGIA” CON TROPPI SOSTENITORI DEL SISTEMA

In mezzo c’è appunto la zona grigia, quella di coloro che in vario modo e a vario titolo e responsabilità collaborano al funzionamento della macchina di potere. Levi voleva far capire che questa zona possiede «una struttura interna incredibilmente complicata, ed alberga in sé quanto basta per confondere» la nostra capacità di giudicare. Valutare il concorso di colpa dei singoli collaboratori, grandi o piccoli che siano, è sempre difficile, aggiungeva Levi, senza con questo voler assolvere nessuno.
Marco Belpoliti (La Stampa.it, 27/9/2006)

 

Elisabetta Pastacaldi

PISTOIA. Giustamente (?) vengono chiamati “dirigenti scolastici”. Quando la Scuola era una cosa seria, venivano chiamati “Presidi”.

Preside, colui che sta davanti e, in senso non solo figurativo, dirige e sorveglia.

Tutto il contrario di quello che è accaduto in Cattedrale alle ex Breda durante l’assemblea degli studenti della Scuola d’Arte in Pistoia.

La dirigente scolastica afferma sul giornale che gli autori sono “primini”, cioè sconosciuti e quindi non riferibili alla sua Scuola. È un ragionamento castrante ma anche illuminante.

La scuola odierna “partorisce” – niente a che fare con Verona, eh! – dirigenti immensamente capaci.

Capaci, capacissimi, capaci di tutto; anche di affidare alle indubbie capacità manageriali di una bella donna non solo i mille e passa alunni della Scuola d’Arte – che suona meglio così che non Liceo Artistico –, ma anche quelli di un altro Istituto Scolastico, come l’Istituto (o Liceo?) Einaudi dove altre svariate centinaia di studenti frequentano quotidianamente le lezioni.

Ma questa signora Pastacaldi è una dirigente scolastica o un generale di corpo d’armata?

Nel primo caso i suoi sottoposti gerarchicamente, in virtù di norme sindacali, come lei stessa ha affermato, non sono tenuti alla vigilanza durante le assemblee quindi se uno/a si sbornia a quindici anni, nelle forme e nei modi riportati dalla stampa, dove è il problema? Il problema nasce solo perché qualcuno ha ripreso la scena? E se questa grullarella non si fosse ubriacata al punto da scatenare istinti niente affatto goliardici dei suoi amici, tutto sarebbe passato sotto traccia?

E i suoi colleghi dirigenti scolastici che affermano che in simili circostanze emanano un “ordine di servizio” ai propri dipendenti, bidelli e insegnanti affinché garantiscano la loro presenza per un corretto svolgimento di queste assemblee perditempo, hanno ragione o hanno torto?

Tralasciamo volutamente il perbenismo idiota di chi si attacca alle famiglie e financo ai ragazzi che hanno messo in atto questi comportamenti.

Non è colpa dei ragazzi e neppure delle famiglie; è colpa della scuola, quella minuscola, quella chiacchierona e permissiva che quando poi si trova a dovere fare i conti con se stessa, riscopre il sette in condotta, la bocciatura conseguente, l’obbligo di servizi sociali e l’autoassoluzione.

Badoglio docet.

Diciamocelo francamente: sono vigliaccate per nascondere che la scuola sessantottina ha generato insegnanti post sessantottini – e coloro che non sono tali si guardino alle spalle – e alunni sessantottardi, cioè tardi.

Dimenticavo: il 68 ha generato anche dirigenti scolastici sessantottini e tuttofacenti pur di fare carriera. Anche quello di accettare la conduzione di due istituti che sommati fanno quasi duemila alunni e centinaia di insegnanti, ops! docenti.

Arles Santoro, giovane professore, in una foto del 1946

I Presidi, che vi assicuro erano dei rompicoglioni, conoscevano uno per uno i loro ragazzi a partire dalla prima classe.

Il mio preside, che si chiamava Arles Santoro, dopo due mesi disse a mio padre che ero un vagabondo e che sarei bocciato. Aveva ragione lui, il prof. Santoro. Ma quello era un Preside.

Ho iniziato ponendo la domanda se questa dirigente scolastica, non preside, fosse tale o generale di corpo d’armata.

Anche i generali di corpo d’armata non se la passano troppo bene; scoprono che i loro “uomini”, in realtà sono donne e si sposano fra loro. Un esercito per ora a basso tasso lesbico, degna scorta della Cirinnà.

Scusatemi, ma io ricordo che al giuramento al quale non partecipai per motivi sanitari, ma in effetti perché non volevo giurare per questa repubblica, finito il discorso formale del colonnello comandante della scuola (che si chiamava scuola e non liceo), risuonò la rituale e fatidica domanda: “Lo giurate voi?”. All’unisono – ed anch’io mi associai in spirito – rispondemmo quasi tutti, invece che “Lo giuro”, “L’ho duro!”.

Dirigenti scolastici, lo giurate voi…?

[Felice De Matteis]

Vedi anche La legano con lo scotch e le scrivono sul volto, ragazzina bullizzata dai compagni [da Il Tirreno]


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