PISTOIA. Dice la vulgata popolare che i fregi attribuiti alla famiglia Della Robbia, al vecchio Ospedale del Ceppo, coperti precauzionalmente durante i bombardamenti (alleati!) su Pistoia, abbiano fatto esclamare a Remo Cerini: “O statuine, quando rivedrete la luce, non ci sarà più il re e neppure il duce”.
Anche oggi le statuine sono coperte per manutenzione. Quand’è che le statuine rivedranno la luce? Speriamo quando quell’ammasso ferroso posizionato davanti, fortunatamente a pianoterra, chiamato non so come (ma di solito il melone arrugginito, la banana di ferro o altro, perché certo sa poco di luna nel pozzo…!), verrà rimosso e trasportato in piazza Signoria, a Firenze, davanti al David. Perché l’arte è arte e, come con la Fontana di Buren di Quarrata, non si scherza.
L’arte non ha prezzo e i seicentomila € spesi dalla Fondazione Caripit di Papa/Papà Ivano per la goduria dei quarratini (dopo che i montecatinesi avevano detto no, grazie!) ha solo il prezzo di un manufatto “artistico” pieno di colibattèri ed è temporaneamente dismesso. Come se, sempre restando al David di Michelangelo, allo stesso fosse stato tolto un braccio in inverno per non sottoporlo a dolori artritici o remataci. Fortunatamente l’originale è ben custodito, speriamo.
Un altro sito che diventerà storico , mercé la “benevolentia” di Papa/Papà Ivano, è il giardino di Villa Capecchi, già denominato “il giardino volante”, interamente finanziato – dato il periodo di vacche grasse – dalla Fondazione Caripit per circa settecentomila €, su terreno comunale e quindi pubblico, ma con disposizioni tassative della Fondazione che così si riassumono: io metto i miei (nostri dei pistoiesi) soldi, presento il progetto, chiamo i miei tecnici, voi lo mantenete.
In tempi di ricatti sociali con giovani con contratto a un mese, forse rinnovabile, alla faccia del programmare la propria esistenza e i connessi obiettivi, famiglia e figli, la Fornero e l’art. 18 non fanno ridere, fanno incazzare!
Se poi questi tecnici, figli d’arte, sono quelli che ricalcheranno le orme dei padri, allora c’è da stare molto attenti. Si veda in merito il nome di alcuni progettisti imposti dalla Fondazione e si comprenderà il motivo di questa angoscia. La Fondazione può anche spadroneggiare, avendo i “lilleri”, ma non pensare di continuare a dettare le regole della amicalità e quant’altro solo perché il Comune – già precedentemente in dissesto per le evoluzioni “motoristiche” del sig. Berti – non riesce a programmarsi e dettare, lui sì, il Comune dell’azzoppato Bertinelli Samuele, le regole. Anche ai benefattori come la Fondazione Caripit che sovraintende a una Banca, la Cari non più pit, che di pistoiese ha solo… l’Imi San Paolo, devono essere posti limiti.
Per gli aspetti tecnici rimandiamo a una analisi e ai relativi dubbi espressi in precedenti articoli (vedi1, vedi 2) dal consigliere comunale Alessandro Tomasi.
Per gli aspetti più propriamente civici – ma se ci consentite, anche etici – vorremmo conoscere il nome dei collezionisti di questi “artisti”. Noi di Buren o della “ruggine (o luna) nel pozzo” siamo arcistufi: portatevela nei vostri giardini, nelle vostre stalle o nei vostri salotti, assieme al vostro parentado che, guarda caso, perpetua le vostre “opere”; uno scivolo per bambini è e resta uno scivolo. Senza colate di cemento.
E, se volete fare i signori (vero Papa/Papà Ivano?) fatelo con i vostri soldi e non con i nostri perché, altrimenti, aveva ragione Remo Cerini quando all’inaugurazione del monumento ai caduti in piazza San Francesco (dove c’è anche il bowling del Centro Donati ), dinnanzi ai soliti gerarchetti di allora, che si sono rigenerati oggi, richiesto di un parere, ebbe a dire:
Quando mi vidi
codesta gente in faccia
chinai la testa
e mi cascò le braccia.
Ma tanto, Pistoia è la città del silenzio…