MILANO. Il rapporto annuale sulle performance delle cento maggiori public utility italiane, presentato il 28 gennaio, dimostra ancora una volta quanto la condizione di monopolio naturale costituisca, per le aziende idriche, un limite oggettivo al raggiungimento di standard d’efficienza, nonostante la tendenza degli utili in costante aumento.
Viceversa, le aziende in regime di concorrenza, come quelle energetiche, oltre a fornire servizi sempre più performanti, portano avanti la ricerca in smart grid e accumuli. Ecco il comunicato inoltrato dal think thank Top Utility:
A pochi giorni dalla presentazione in Consiglio dei Ministri dei decreti attuativi della riforma della pubblica amministrazione, il settore dei servizi di pubblica utilità evidenzia un quadro della situazione in evoluzione che mostra una crescita nei risultati economici finanziari e una tenuta degli investimenti nonostante il calo del fatturato dovuto al crollo dei prezzi e della domanda di energia.
È quanto emerge dalla quarta edizione del rapporto Top Utility Analysis presentato oggi, che ha preso in esame le maggiori 100 utility pubbliche e private italiane attive nei settori gas, luce, acqua e rifiuti.
La migliore azienda in assoluto è Marche Multiservizi, (in finale con Acque, Hera, Publiacque e Smat). Le valutazioni hanno portato, come è tradizione, ad assegnare altri riconoscimenti oltre alla graduatoria assoluta: prima per sostenibilità è la lombarda Cap Holding (finalista con A2a, Acea, Aimag, Edison); prima per comunicazione è la fiorentina Quadrifoglio (con A2a, Contarina, Hera, Iren); prima per il premio Rse (Ricerca sul Sistema Energetico S.p.A. – n.d.r.) ricerca e innovazione è Acea di Roma (con Cap Holding, Edison, Hera, Iren); prima nella sezione Wartsila efficienza energetica è Enel (con A2a, Acea, Acque, Marche Multiservizi); infine il premio Idrotherm 2000 Formazione e risorse umane è stato assegnato a Hera di Bologna (con Cap Holding, Acque, Acque del Chiampo, Publiacqua).
“L’analisi offre un quadro d’insieme che è in continua evoluzione – spiega l’economista Alessandro Marangoni, Ceo (chief executive officer – n.d.r.) di Althesys e coordinatore del gruppo di ricerca Top Utility -. Nonostante un contesto congiunturale e settoriale ancora difficile, non solo si registra una tenuta dei risultati economico-finanziari, ma si affianca anche una crescente attenzione ai temi ambientali, alla trasparenza e alla comunicazione con gli stakeholder”.
La carta d’identità del settore. Il settore dei pubblici servizi continua a svolgere un ruolo rilevante per l’economia italiana. Il volume d’affari delle prime 100 utility italiane, pubbliche e private, si attesta nel 2014 a 120 miliardi di euro, contribuendo per il 7,4% del pil italiano e dando lavoro a oltre 131.000 addetti.
Rappresentano, nel complesso, il 56% dell’energia elettrica generata in Italia (Aeegsi), il 35% dei rifiuti urbani raccolti (Ispra) e il 63% dell’acqua distribuita (Istat). In attesa dei nuovi processi di aggregazione, si registra una presenza ancora prevalente di piccole e medie imprese, seppur in calo rispetto al 2013 (-3%). La metà ha, infatti, un fatturato inferiore a 100 milioni di euro. L’82% rimane sotto i 500 milioni di ricavi, mentre soltanto 18 operatori superano questa soglia.
L’energia fatica, crescono rifiuti e acqua. Dallo studio emerge che i settori idrico e ambientale crescono rispetto agli energetici (gas ed elettricità): i ricavi delle aziende, anche a causa del calo dei ricavi del comparto energetico dovuto alla riduzione dei prezzi e dei volumi di gas ed elettricità, sono diminuiti complessivamente del 9%: dai 132 miliardi del 2013 si è passati a 120 miliardi del 2014.
Mentre le imprese che si occupano esclusivamente della gestione rifiuti e dell’acqua sono cresciute rispettivamente del 7,6% e 6,8%, per le multiutility e le aziende del comparto energetico, maggiormente esposte alle fluttuazioni dei prezzi di mercato, il calo è stato superiore: -9,8%.
Le monoutility idriche, per esempio, si distinguono per una maggior incidenza dell’ebitda sui ricavi rispetto alla media (28,5%). Le aziende di waste management nel 2014 hanno segnato un significativo aumento del roi (8,8% vs. 6,7% dell’anno precedente) e del roe (5,7% vs. 4,7%).
Gli investimenti tengono (e a volte crescono). Gli investimenti, pur diminuendo in termini assoluti, sono rimasti pressoché costanti in proporzione sui ricavi (da 3,5% a 3,4%), scendono in termini assoluti, essendo passati a 4,1 miliardi di euro nel 2014 dai 4,6 del 2013. I maggiori investimenti sono stati fatti dalle imprese del comparto energetico per quasi 2,3 miliardi. Queste aziende sono le uniche ad averli aumentati rispetto all’anno precedente (sia in termini assoluti che relativi).
Gli interventi hanno riguardato prevalentemente la manutenzione, l’estensione e il potenziamento delle reti di distribuzione elettrica e gas, e in misura minore la realizzazione di nuova capacità di generazione elettrica da fonte rinnovabile, soprattutto di piccola taglia.
Nonostante il forte calo dei ricavi, il 2014 ha fatto segnare un lieve miglioramento degli indici della gestione caratteristica: aumentano il rapporto ebitda/ricavi (dal 17,4% del 2013 al 17,7%) e il roi (dal 7,7% al 7,9%), mentre roe e ros risultano in leggera flessione. Permane l’elevato rapporto di indebitamento delle aziende idriche, dovuto alla sottopatrimonializzazione delle stesse.
Alla ricerca dell’efficienza. Tutte le principali utility italiane hanno realizzato importanti progetti di ricerca, spesso in collaborazione con le università. Un’area che ha accomunato le attività di ricerca & sviluppo delle utility in tutti i comparti analizzati è il risparmio e il recupero energetico dai processi. Nel settore elettrico, la ricerca e l’innovazione hanno riguardato lo sviluppo delle smart grid, della generazione distribuita e dei sistemi di accumulo.
Nella gestione rifiuti si è puntato all’incremento dei livelli di raccolta e recupero di quelle frazioni di rifiuti che non riescono ad essere pienamente intercettate dai sistemi tradizionali. Nel settore idrico la ricerca si è concentrata, tra gli altri, sulla potabilizzazione dell’acqua e sui sistemi di monitoraggio degli inquinanti.
Bene l’economia circolare e la responsabilità ambientale. Cresce la consapevolezza sui temi ambientali e sociali delle utility: il 33% delle aziende pubblica il bilancio di sostenibilità e l’82% di queste lo fa seguendo le linee guida del Gri. In aumento anche le certificazioni di qualità, tra le quali crescono soprattutto l’Iso 18001 e la Sa 8000 (+3%).
L’attenzione alla Corporate Social Responsibility (Csr) traspare anche dall’alta diffusione del codice etico, adottato dall’89% delle Top 100. Migliorano le performance in materia di economia circolare con la raccolta differenziata cresciuta del 6% rispetto al 2013 e con il 27% dei player che supera il 65%.
Le aziende idriche nelle Top 100 presentano perdite medie inferiori al dato nazionale (34% contro il 36%), anche se il settore nel suo complesso evidenzia ancora la necessità di ingenti investimenti, soprattutto nella fase di depurazione e collettamento.
Utility a portata di click, clienti più soddisfatti. Sempre più vicini al cliente e sempre più tecnologici: potrebbe essere questa l’evoluzione dell’offerta di customer care per le utility. Aumenta l’uso di social network e delle applicazioni per smartphone e tablet, mentre l’utilizzo dello sportello on-line è il principale mezzo di interazione col cliente per più di 7 utility su 10.
Pur permanendo ancora ampi margini di miglioramento, si registra una maggiore trasparenza da parte delle aziende pubbliche: in aumento la quantità e la qualità delle informazioni fornite e il livello di adesione ai requisiti di legge. A questo trend positivo si accompagna, inoltre, un sensibile incremento degli investimenti in comunicazione e marketing, più che raddoppiati
[top utility – althesys]