PISTOIA. Tommaso Cardarelli, Servo di scena in questo fine settimana al teatro Manzoni, è un giovane attore romano. Ha un contratto a tempo determinato. Si ritiene fortunato, perché così ha solo sei mesi di lavoro e negli altri può stare accanto al suo bambino, di soli due anni. Però teme che se Franco Branciaroli, regista della rappresentazione, nonché primo attore di uno sconquassato Re Lear, affiancato da un team meraviglioso, non dovesse rinnovargli il contratto, lui potrebbe ritrovarsi, da un giorno all’altro, disoccupato.
Non conosciamo Franco Branciaroli, un po’ Marlon Brando nei panni del comandante Kuntz in Apocalypse Now, ma siamo sicuri e certi che di un talento del genere ne avrà grande cura. Ed è imbarazzante, al termine di Servo di scena, concentrare le lodi, sperticate, ma meritate, su Tommaso Cardarelli perché tutti gli altri non sono stati da meno. Una commedia gradevolissima, maledettamente inglese, con quel gusto sottilissimo, terribilmente britannico, di promuovere sorrisi, buon umore, senso altissimo dell’ironia, senza mai sconfinare, restando puntualmente sospesi su quella sottilissima linea di demarcazione tra il buon gusto e l’impegno, fondendo professionalità cristalline in un vortice di leggeri doppi sensi.
Sul palcoscenico del Manzoni trovano posto, al piano terra, i fatiscenti camerini di questa improbabile compagnia e su quello superiore il palco del teatro dove il cast andrà ad esibirsi. Siamo in Inghilterra: è il 1940, infuria la seconda guerra mondiale; i tedeschi, con i loro bombardamenti, hanno iniziato a radere al suolo intere città. In quel camerino, però, c’è una vita parallela, che si ricorda della catastrofe imminente solo quando suonano le sirene che avvisano l’approssimarsi degli attacchi aerei. Norman il servo, alcolizzato, deve convincere l’intero staff a non annullare la serata in programma nonostante il suo padrone-mattatore, Franco Braciaroli, Re Lear, dia inequivocabili segni di degrado: è scappato dall’ospedale per raggiungere il teatro dove la sera si andrà ad incominciare.
Lisa Galantini, Cordelia, compagna oscura e frustrata, vorrebbe sciogliere la sera stessa quella compagnia ormai allo sbando, così come la comparsa Giorgio Lanza, che vorrebbe affermarsi come autore; Daniele Griggio invece, altro comprimario, è grato al suo funambolico primattore e nonostante ricopra una figura minore si sente omaggiato, inorgoglito. Melania Giglio è la direttrice di sala e nutre, da tempo e in silenzio, la sua passione nei confronti del camaleontico protagonista, che riesce a confidargli solo prima dell’ultima rappresentazione.
Sullo sfondo, Shakespeare, una divinità per il popolo britannico e per Ronald Harwood, autore della commedia, un tributo elegantissimo alla causa dell’immenso drammaturgo anglosassone e della sua patria, l’Inghilterra, che seppur sotto l’incombente martirio dei bombardamenti non cessa e non rimanda la produzione artistica e culturale, mandando comunque in scena, sotto l’incubo degli attacchi aerei, le opere teatrali, applaudite da un pubblico numeroso ed esigente.